di Ester Corvi

Nella campagna elettorale in corso se ne è parlato molto poco. Eppure la questione previdenziale è una bomba che rischia di esplodere se non si prendono provvedimenti a breve. È un problema che per certi versi ricorda il Fiscal cliff americano, cioè il pericolo di una stretta fiscale in grado di affossare qualsiasi speranza di ripresa.

Un pericolo simile aleggia sul futuro previdenziale di tanti italiani, a causa di una pensione pubblica indicizzata alla crescita del pil (come prevede il sistema contributivo), e quindi falcidiata dalla recessione, che si traduce in minori aumenti salariali e dalla più alta disoccupazione, soprattutto giovanile. Chi oggi è senza lavoro non solo non versa i contributi, ma danneggia involontariamente anche il sistema, perché in assenza di nuovi flussi ci sarà bisogno di ulteriori interventi. Una questione da affrontare con urgenza, in presenza di un gap informativo notevole, che deve essere colmato. Basta un numero a far capire l’entità del problema. Daniele Presutti, managing director di Accenture, società che ha condotto nel 2012 una ricerca sul tema, fa notare che «il 61% degli italiani ritiene di non avere informazioni adeguate sulle diverse opzioni pensionistiche offerte dal mercato». Anche per questo solo il 24% degli italiani, secondo i dati Accenture, ha investito in prodotti previdenziali.

Certo, Dario Focarelli, direttore generale dell’Ania, mette in evidenza che nel 2012 la nuova produzione, quindi le nuove risorse investite nella previdenza integrativa, ha superato 1 miliardo, con un incremento del 25% rispetto al 2011, che non è poco. Ma è un importo ancora limitato. In più il comparto necessita di importanti innovazioni. A parere di Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza. «La previdenza integrativa deve essere vissuta in maniera differente da quella pubblica, ma le persone non hanno un’idea precisa di cosa succederà se perdono il lavoro. Il problema ha due facce, da un lato le assicurazioni devono dare informazioni e aggiornamenti. Dall’altro, i lavoratori dovrebbero affrontare il tema il maniera continuativa». Cosa che avviene raramente, soprattutto a causa delle mancanza di informazioni. «Il gap informativo», ha commentato l’amministratore delegato di Alleanza Toro Andrea Mencattini, «è difficile da colmare, perché ci sono due grandi incertezze. Da un lato c’è la questione finanziaria, perché le pensioni pubbliche dipendono dal pil. Dall’altro c’è quello dell’età, visto che non posso sapere oggi quale sarà la conversione, posso solo ipotizzarlo». L’informazione e la comprensione dei meccanismi che regolano il sistema sono un aspetto centrale anche per Giacomo Campora, direttore generale di Allianz che ritiene «ci sia bisogno di semplificare la struttura dell’offerta.

Bisogna creare una forma di pensione integrativa, volontaria e minima, evitando gli eccessivi tecnicismi». Il punto di partenza è sempre l’analisi della situazione attuale, sulla quale pesa come un macigno l’aumento dei senza lavoro. «Non solo la propensione al risparmio si è dimezzata rispetto al 2008, ma la disoccupazione giovanile è oltre il 35% e l’area che comprende soggetti in stato di bisogno e precari supera 4 milioni di persone» invita a riflettere Emanuele Marsiglia, direttore generale di BancAssurance popolari. E se solo una piccola parte della popolazione ha i mezzi per la previdenza integrativa, secondo Giuliano Cazzola, vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera, «occorrerà porsi il problema di un sistema solidaristico, che non era previsto nella riforma Dini». Inoltre il sistema, secondo Pietro Ichino, docente ordinario di Diritto del lavoro, «deve superare un doppio handicap, l’irresponsabilità previdenziale e l’incertezza. Al loro posto ci vuole stabilità, fiducia e simmetria informativa».

L’unico modo è promuovere l’investimento a lungo termine, come insegna l’esperienza francese, anticipando il più possibile l’età in cui si cominciano a versare i contributi. A questo proposito Alberto Brambilla, coordinatore della Giornata Nazionale della Previdenza, vede bene la proposta di una sorta di «prestito d’onore» in cui un ente finanziario anticipa per un certo periodo i versamenti al fondo pensione, con promessa di restituzione una volta ottenuto un lavoro. Finora a queste urgenze la politica ha dato poche risposte. Tanto che nell’agenda Monti ci sono solo due righe dedicate al tema: «Va dato nuovo impulso alla previdenza complementare, favorendone la crescita dimensionale con incentivi ai processi di fusione fra i fondi». Qualche indicazione in più è nel programma Fare di Oscar Giannino, che propone di introdurre la portabilità di tutte le posizioni individuali, compresi i contributi del datore, con la riduzione a sei mesi della permanenza minima in uno speciale fondo, oltre alla possibilità di revocare annualmente il conferimento del tfr alla previdenza complementare. (riproduzione riservata)