Preso atto dell’informativa dell’ad Alberto Nagel, il cda di Mediobanca temporeggia prima di decidere sulle sorti sia dello stesso manager quarantasettenne (qualcuno mormora di una sua uscita) sia del gruppo (ormai da un po’ in predicato di riorganizzarsi). Ieri, al termine dell’atteso appuntamento in cui Nagel era chiamato a informare il cda sulla spinosa vicenda Fonsai, nell’ambito della quale è indagato dalla Procura milanese per ostacolo all’attività di vigilanza, da Piazzetta Cuccia è giunta una nota ufficiale che sanciva una posizione «attendista». Il cda di Mediobanca ha «preso atto dell’informativa dell’ad in ordine alla vicenda di cui all’inchiesta presso la Procura di Milano. Il consiglio unanime, sulla base delle informazioni a sua disposizione, attende con piena fiducia l’esito delle indagini». «Piena fiducia», dunque, ma nessun particolare entusiasmo, né alcuna precisa presa di posizione in difesa dell’ad. A destare perplessità tra i soci di Mediobanca, il cui 42% delle azioni è blindato da un patto di sindacato «capitanato» da Unicredit con il suo 8,71%, sembra essere stato il fatto che in un primo tempo Nagel ha negato categoricamente di avere firmato il «papello» contenente i desiderata della famiglia Ligresti per lasciare il boccone Fonsai in mano a Unipol, salvo poi, in un secondo momento, davanti alle prove raccolte dai Pm, fare parzialmente marcia indietro, affermando di essersi limitato a siglare il documento «per presa di conoscenza». Non solo: qualche azionista di Piazzetta Cuccia – qualcuno ipotizza, ad esempio, l’ex premier Silvio Berlusconi e il capofila dei soci esteri Vincent Bolloré – non sembra avere digerito le recenti interviste rilasciate da Nagel. In una, in particolare, l’ad avrebbe dichiarato che con il sostegno esplicito di Berlusconi, allora premier, Geronzi e Bolloré avrebbero cercato di entrare da padroni nella galassia Mediobanca-Generali-Rcs attraverso la testa di ponte della famiglia Ligresti. Una posizione che Nagel, almeno in base alle ultime indiscrezioni, sembra avere mantenuto anche durante l’interrogatorio dinanzi al Pm Luigi Orsi (aggiungendo tra l’altro il nome di Alessandro Profumo schierato al fianco di Geronzi e Bolloré). «È fin troppo evidente – ha replicato ieri Geronzi, ex presidente prima di Mediobanca e poi di Generali in una nota – che le dichiarazioni del dottor Nagel tendono, più che a descrivere la realtà dei fatti, a trovare una giustificazione al suo operato. Insomma, una scoperta ricerca di diversivi». Fonti vicine a Mediobanca, ieri, proprio in relazione alle presunte dichiarazioni di Nagel sul peso esercitato da Profumo, Bolloré e Geronzi, hanno precisato che «l’operatività caratteristica dell’istituto è sempre stata svolta sotto l’esclusiva responsabilità del management nel rispetto, ben inteso, delle vigenti regole di corporate governance». Il cda di ieri di Piazzetta Cuccia, inoltre, ha «espresso soddisfazione per lo stato di avanzamento del progetto di integrazione Unipol-Fonsai e della connessa ricapitalizzazione». Quel che, in ogni caso, emerge dopo il board di Piazzetta Cuccia è che si attende l’esito dell’indagine di Orsi prima di prendere qualsiasi tipo di decisione. A partire da un’uscita di Nagel e senza tralasciare il nodo del riassetto, dopo che di recente sono tornate d’attualità le ipotesi su una separazione tra le attività bancarie e finanziarie di Mediobanca e quelle di holding di partecipazioni.