LUIGI DELL’OLIO

Dell’Olio
Milano
L’allungamento della vita lavorativa, il passaggio al sistema contributivo per tutti i lavoratori, la mancata estensione della pensione di scorta ai dipendenti pubblici, la scarsa conoscenza del sistema fiscale che si applica alle pensioni di scorta. Sono numerosi i fronti aperti nel campo della previdenza complementare, a maggior ragione alla luce della recente riforma firmata dal ministro Elsa Fornero e della crisi economica degli ultimi anni, che ha depresso le performance.
A fine 2011 gli iscritti alla previdenza integrativa hanno toccato quota 5,5 milioni, quasi il 6% in più rispetto al 2010, ma l’incremento è dovuto prevalentemente ai Pip (prodotti pensionistici) e in piccola parte ai fondi pensione aperti, mentre gli iscritti ai fondi chiusi sono scesi sotto quota 2 milioni. Di fatto, la previdenza complementare in Italia coinvolge complessivamente meno di un quarto dei lavoratori, contro la stragrande maggioranza che si registra nella maggior parte degli altri paesi europei. Un andamento che ha riaperto il dibattito sulle misure da adottare per garantire un effettivo decollo delle pensioni di scorta.
Cominciando da una maggiore e migliore informazione verso i cittadini—lavoratori. Perché, come sottolineato da un recente studio di Assonime, una delle cause principali del mancato sviluppo dei fondi complementari nella Penisola, è l’insufficiente consapevolezza da parte dei lavoratori del ridimensionamento futuro delle pensioni pubbliche. Da qui la necessità di un’informativa periodica in merito a quando e con quale assegno si potrà andare in pensione, che coinvolga in primo luogo i giovani, che più di tutti saranno penalizzati dall’evoluzione del sistema pensionistico, ma che oggi nella maggior parte dei casi sono preoccupati in primo luogo dall’emergenza occupazionale. Da tempo si parla della necessità di inviare a domicilio un’informativa di questo tipo, sull’esempio della busta arancione presente in Svezia, ma finora non si è andato al di là di qualche sperimentazione.
Un altro filone di intervento potrebbe riguardare i criteri di adesione alla previdenza complementare: si studia la possibilità di ridurre gli spazi per rimanere nel pilastro pubblico, ma la quadratura del cerchio potrà essere trovata solo con una soluzione che salvaguardi la libertà di scelta individuale, magari consentendo l’uscita dai fondi pensione. Infine, il terzo filone di intervento riguarda i lavoratori pubblici, che finora sono stati esclusi dalla riforma della previdenza complementare, ma che continuano a rappresentare una quota consistente degli occupati (oltre tre milioni di persone).
Al di là degli interventi normativi più recenti, a rendere urgenti nuovi interventi su questo fronte è anche l’allungamento della vita media, che fa emergere il rischio di sopravvivere ai propri risparmi. Ovviare a questo problema è l’obiettivo principale delle pensioni di scorta, ma è pur vero che le performance negative registrate dai mercati nell’ultimo anno non hanno aiutato. Nel 2011 i fondi pensione chiusi, aziendali o di categoria hanno perso mediamente lo 0,1%, ma tra le soluzioni più esposte sull’azionario il calo è stato ben consistente. Il tutto mentre la liquidazione nello stesso periodo ha reso invece il 3,4% (in azienda il Tfr si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione), al netto dell’aliquota dell’11%. E il confronto sorride alla liquidazione anche allungando indietro lo sguardo, nel confronto a dieci anni con i maggiori fondi pensione preesistenti rispetto alla riforma. Indicazioni che potrebbero favorire una revisione della fiscalità sulla previdenza complementare, in modo da renderla ancor più vantaggiosa rispetto a oggi. Chi opta per la previdenza complementare, infatti, al momento della pensione paga un’aliquota variabile tra il 9 e il 15%, in base agli anni di permanenza del fondo. Chi ha scelto il Tfr, invece, è soggetto all’aliquota fissata proprio dal reddito nell’ultimo quinquennio, quindi tra il 23 e il 43%. Quest’ultimo fronte potrebbe essere il primo interessato da una revisione: il decreto Salva—Italia dispone, infatti, il prossimo avvio di una Commissione di esperti per valutare eventuali forme di decontribuzione parziale dell’aliquota per gli schemi previdenziali integrativi, in particolare a favore delle giovani generazioni.