Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
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Le misure annunciate sulle pensioni sono saltate. Sia la stretta sulla previdenza, che prevedeva anche un allungamento della finestra per l’uscita anticipata dal mondo del lavoro, sia la misura (pregevole) che prevedeva l’adesione automatica alla previdenza complementare per i lavoratori dipendenti del settore privato di prima assunzione. Urge correre ai ripari, e farlo in fretta. La previdenza complementare, visti i numerosi incentivi (tra cui il contributo datoriale e l’agevolazione fiscale sui rendimenti), resta la via maestra. Anche se, come certificato dalla Covip, solo il 38% della forza lavoro complessiva ne sta facendo uso. Una soluzione da affiancare – anche per schivare le potenziali trappole delle leggi di bilancio – può essere quella di costruire un’integrazione pensionistica ulteriore con gli investimenti fai-da-te: Etf, azioni, bond. Ecco tre possibili strade in base ai diversi profili di lavoratore.
In principio fu Giuliano Amato, ma il vero salto di qualità arrivò con Silvio Berlusconi. «Da gennaio porteremo le pensioni minime a un milione al mese», promise una manciata di giorni prima delle vittoriose elezioni del 2001, quando c’era ancora la lira. Detto fatto. E siccome funzionò, la promessa del Cavaliere passò a mille euro al mese alla vigilia delle elezioni del 2018. Ma stavolta ne spuntava una ancora più grossa, di promessa. Non sua, ma del Movimento 5 stelle: il reddito e la pensione di cittadinanza. Che infatti spopolarono. Tramontata la stella grillina, è tornata a splendere quella berlusconiana dei mille euro garantiti al mese. Pazienza se il Cavaliere se n’è andato lasciando un vuoto incolmabile a destra e se i pensionati che riscuotono un assegno inferiore a mille euro sono 12,6 milioni sui 17,8 iscritti all’Inps. La bandiera, mai ammainata dal suo partito, viene prontamente impugnata da Fratelli d’Italia. «L’obiettivo delle minime a mille euro al mese resta valido. Entro fine legislatura», dice Marco Osnato, presidente della Commissione finanze della Camera e incidentalmente genero del presidente del Senato, Ignazio La Russa. Senza dimenticare, però, l’abolizione della «famigerata» (copyright Ignazio Messina, già segretario di Italia dei Valori, partito ora alleato di Noi con l’Italia, quarta gamba della maggioranza) legge che porta il nome di Elsa Fornero. Cavallo di battaglia di Matteo Salvini, cavalcato pure da Giorgia Meloni.
La retromarcia del governo sulla riforma delle pensioni, consumatasi in queste ore, ha riaperto il confronto sulla sostenibilità del sistema previdenziale e sul difficile equilibrio tra consenso elettorale e riforme strutturali. Intervistata da Class Cnbc, Elsa Fornero – già ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali e autrice della riforma previdenziale varata dal governo Monti – spiega perché su un tema che incide sulle scelte di vita di milioni di cittadini sia indispensabile chiarezza e trasparenza. E perché, soprattutto quando si parla di pensioni e di giovani, non ci sono elezioni che tengano.
Ci sono due variabili decisive per la convenienza del riscatto di laurea. La prima riguarda tutti ed è l’età alla quale si è iniziato a contribuire con continuità. In linea di principio, per chi si laurea in corso e inizia subito un’attività lavorativa con il versamento di contributi, il riscatto di laurea può servire ad anticipare. Al contrario: più tardi ci si laurea e più tardi si inizia a versare contributi (lo stage, ad esempio, non dà luogo al versamento di contributi), minore è la probabilità che il riscatto di laurea serva ad anticipare.
Dopo il consolidamento per le banche italiane è ora di stringere i bulloni dei modelli di business. Non è detto che il risiko sia finito, ma anche senza operazioni straordinarie l’agenda ufficiale del 2026 e del 2027 per gli istituti è già fitta. A tenere banco saranno i piani industriali che quasi tutti i gruppi dovranno presentare al mercato.
- Focus su SìCresce Dinamico Plus
Assimoco SìCresce Dinamico Plus è una assicurazione mista multiramo a premio unico, con
possibilità di versamenti aggiuntivi. Le prestazioni del prodotto sono legate in parte al rendimento di una gestione separata e in parte al valore delle quote di un fondo interno. La polizza è distribuita dalle Banche di Credito Cooperativo, le Casse Rurali, le Casse Raiffeisen aderenti al gruppo bancario CCB. Questo prodotto non prevede una data di scadenza prefissata: il contraente al momento della sottoscrizione sceglie la durata della polizza (minimo 10 anni, massimo 30 anni). E’ possibile scegliere la soluzione più adatta per cogliere le opportunità dei mercati finanziari, attraverso il 30% dell’investimento, decidendo se utilizzare il Fondo Prudente, Fondo Equilibrato o Fondo Dinamico; il rimanente 70% del capitale viene investito in una gestione separata, un particolare strumento assicurativo di in
vestimento destinato a proteggere il capitale. SìCresce Dinamico è definito Plus perché, se conservato fino a scadenza o in caso di prematura scomparsa, garantisce per i primi anni un rendimento minimo pari ad almeno il 2% all’anno, sulla componente investita in gestione separata

Il differimento degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità introdotto dal cosiddetto “stop the clock” produce effetti diretti anche sugli incarichi di attestazione già conferiti alle società di revisione. A fare il punto è Assirevi, con il documento di ricerca n. 263, che analizza le conseguenze operative del recepimento in Italia della prima direttiva Omnibus attraverso il decreto legge n. 95/2025, convertito dalla legge n. 118/2025. Il documento esamina gli effetti del differimento temporale degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità previsto dall’articolo 17 del dlgs n. 125/2024, come modificato dal d.l. 95/2025, sugli incarichi di attestazione già conferiti ai sensi del dlgs n. 39/2010, soffermandosi sulle imprese interessate dallo slittamento dell’obbligo e sulle possibili azioni da intraprendere da parte di società e revisori. Il quadro normativo distingue tra diverse categorie di imprese. Le imprese di grandi dimensioni e le società madri di grandi gruppi, inizialmente soggette alla Csrd dal 2025, saranno ora tenute alla rendicontazione di sostenibilità dal 2027 (wave 2). Le Pmi quotate, gli enti bancari piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione e riassicurazione captive vedranno invece l’obbligo slittare dal 2026 al 2028 (wave 3). Restano escluse dal differimento le imprese di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti che hanno già pubblicato il primo sustainability report relativo all’esercizio 2024 (wave 1).

Cda di fine anno per il gruppo Generali il cui titolo ieri ha chiuso a 35,73 euro (+1,53%) ai massimi di questi ultimi mesi. Tolto dal tavolo il tema dell’alleanza nell’asset management con i francesi di Natixis e recuperata maggiore normalità nei rapporti di governance, ieri la riunione dei consiglieri ha guardato al 2026, secondo anno del piano del ceo Philippe Donnet. Il board ha preso in esame i dati del terzo trimestre del 2025 e il budget per l’anno prossimo, già vagliato dal Comitato investimenti che ha preceduto il cda. L’attesa è che nel corso del 2026 il ceo Donnet faccia il punto con la comunità finanziaria in un Investor Day fissato per illustrare l’andamento del piano, probabilmente nella seconda metà del prossimo anno. Ad affiancare il top manager nell’implementazione delle strategie c’è Giulio Terzariol, già ceo Insurance, appena promosso direttore generale dell’intero gruppo. A gennaio, intanto, per il Leone si potrebbe aprire una partita più immediata sul fronte dell’m&a. Vale a dire la potenziale acquisizione della portoghese GamaLife dal fondo Apax che selezionerà la short list dei candidati che poi dovranno procedere alle offerte vincolanti. GamaLife è una compagnia attiva in tutta la Penisola iberica. Secondo quanto emerge, il valore dell’operazione si collocherebbe attorno a 600 milioni. L’eventuale investimento è rimandata a gennaio in occasione del prossimo board del Leone
Ania ha varato la nuova governance. L’approvazione delle modifiche allo Statuto ha fatto sì che Allianz abbia revocato la richiesta di recesso dall’Associazione tra le imprese assicuratrici.
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Dopo quasi sei mesi di saga sul contributo delle banche alla manovra, sembra finalmente calato il sipario sul tira e molla tra governo e istituti di credito su quanto debbano versare alle casse dello Stato per supportare la legge di Bilancio. Tra il primo impianto, approvato in consiglio dei ministri a ottobre, e l’ulteriore incremento dell’obolo stabilito a fine novembre il conto totale per il triennio è salito a 10,2 miliardi. Se a questo si aggiunge la quota a carico delle assicurazioni – che è ancora in via di definizione perché un anticipo di liquidità da 1,35 miliardi è stato stralciato nella notte di giovedì in un altro veicolo- il gettito atteso dallo Stato si attesta a 12,2 miliardi, 1 miliardo in più rispetto a quanto messo nero su bianco sul documento programmatico di bilancio inviato alla Commissione europea. Anche una parte del pacchetto assicurativo è stata esaminata ieri. È quella relativa all’incremento del 2% dell’Irap per tre anni, che nel caso di questo comparto incide per 200 milioni all’anno. Per il governo questo obolo non è sufficiente, anche perché il settore ottiene dal 2026 l’obbligatorietà piena a carico di imprese e micro attività della polizza catastrofale. E perché comunque si sta lavorando per sostenere la previdenza complementare (sempre che alla fine si trovi il modo per far passare la misura del silenzio assenso sul Tfr nei fondi di previdenza integrativa per i neo assunti), che avvantaggia le compagnie. Anche in questo caso il comparto ha sventato una misura molto onerosa, mettendo sul tavolo anticipi di liquidità. Nelle scorse settimane tra gli emendamenti era spuntato un aumento retroattivo di 10 anni dell’aliquota sulle polizze infortunio conducente, da 2,5 al 12,5 per cento, che alle compagnie sarebbe costato 10 miliardi. Lo scambio è avvenuto prospettando il versamento a titolo di acconto pari all’85% del contributo sul premio delle assicurazioni dei veicoli e dei natanti dovuto per l’anno precedente. Liquidità che verrà recuperata.
Il 2026 porta con sé un cambio della grammatica e della sintassi nella competizione cyber, una evoluzione verso una nuova lingua che non si limita alle solite nuove minacce – malware o wiper che siano –, ma è destinata a riscrivere l’intero codice di sicurezza del cyberspazio. L’Ai generativa entra nella catena operativa, gli agenti autonomi comprimono i tempi dell’attacco, mentre sullo sfondo scorre un conto alla rovescia crittografico verso l’era post quantistica. E soprattutto si dissolve il confine tra rete e infrastruttura: l’incidente non è più “cyber” o “fisico”, ma bidirezionale. Un comando digitale muove un ingranaggio, spegne un impianto, manomette un sensore avvelenando il dato, apre una falla logistica che diventa crisi sociale. Per contrastare il fenomeno non basta aggiungere strumenti: serve decidere cosa deve restare vero, disponibile e governabile quando la tecnologia corre e l’avversario accelera. Se la difesa continua a ragionare per perimetri e allarmi, l’attaccante si muove per obiettivi e catene di effetti
L’assemblea di Ania ha dato il via libera alla nuova governance entro la fine del 2025 quindi, rispettando l’impegno che era stato assunto dal presidente Giovanni Liverani. L’approvazione delle modifiche dello Statuto, alle quali hanno lavorato il presidente Liverani e il comitato esecutivo – hanno portato Allianz a revocare la richiesta di recesso dall’associazione prospettata il 30 settembre scorso. Il nuovo assetto prevede una separazione più netta dei ruoli tra comitato esecutivo e consiglio associativo oltre a una ridefinizione delle funzioni del presidente, che viene affiancato dalla figura del direttore generale unico. Il comitato esecutivo ha la responsabilità di definire le strategie e la governance dell’associazione, sotto la guida del presidente. Tale organo diventa più rappresentativo dell’intero sistema in base a un maggior bilanciamento tra imprese che operano nei rami Danni e nel Vita. Il consiglio associativo – che nomina il comitato esecutivo – opera come organo “di consultazione e controllo” ed è formato dal presidente dell’associazione e da un minimo di 31 e fino a un massimo di 35 componenti eletti dall’assemblea.
- Cerchiai: un omnibus per regole semplificate
