Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Ultima chiamata per gli sconti fiscali sulla previdenza integrativa. L’appello interessa chi non è riuscito a scontare le tasse nella dichiarazione dei redditi presentata quest’anno (730/2025 o Redditi/2025), cioè a portare in deduzione tutti i contributi versati per una pensione di scorta.Se comunica al fondo pensione o alla compagnia di assicurazione i contributi non indicati nella dichiarazione dei redditi, si garantisce la riduzione fiscale sulla futura pensione integrativa. In altre parole, lo sconto fiscale non ricevuto in dichiarazione dei redditi si traduce in uno sconto fiscale sulla futura pensione di scorta.
Diritto di oblio anche da parte delle Intelligenze artificiali (IA): gli umani hanno diritto di cancellare i propri dati dalle memorie dei robot. Di conseguenza chi costruirà le IA deve predisporre sistemi di riprogrammazione del sistema per garantire la cancellazione delle informazioni. E a questo diritto si accompagna anche il diritto di un individuo a sapere che cosa l’IA sa su di lui e, quindi, a conoscere tutti i dati che il robot ha raccolto sul suo conto. Sono queste alcune prescrizioni del Garante europeo della privacy (Edps, European data protection supervisor) inserite nel documento di “Orientamento per la gestione dei rischi causati dai sistemi di intelligenza artificiale”, diffuso l’11/11/2025.
Le banche premiano le imprese italiane che investono in sostenibilità. I finanziamenti verso imprese ad alta adeguatezza Esg (Environmental, social e governance), ossia le aziende che prestano particolare attenzione a fattori legati alla sostenibilità in ambito ambientale, sociale e di governance, registrano un tasso di default inferiore di circa il 25% rispetto alla media. Tutto ciò in un contesto generale in cui appare evidente come il sistema imprenditoriale e finanziario stia rafforzando sempre più il proprio impegno verso la sostenibilità. A delineare lo scenario sono i dati contenuti nell’annuale report “Esg Outlook 2025” curato da Crif, azienda globale specializzata in sistemi di informazioni creditizie e di business information, secondo cui si conferma il virtuoso connubio tra imprese che puntano sulla sostenibilità e il credito concesso dalle banche.
A meno di un anno dall’entrata in vigore del Regolamento Ue 2023/988 (General Product Safety Regulation-GPSR), la nuova disciplina in materia di sicurezza per i prodotti di consumo sembra rispondere in maniera adeguata all’esigenza di modernizzare il quadro normativo europeo e di affrontare le nuove sfide poste dalla trasformazione digitale. Ma per le imprese sono scattati nuovi oneri e adempimenti per i quali serve la consulenza di esperti. Il GPSR si applica infatti a una gamma molto più ampia di prodotti rispetto a quelli normati nelle direttive Ue preesistenti, cioè ai prodotti venduti online, nuovi, usati, riparati o ricondizionati, e assegna maggiori responsabilità agli operatori economici (fabbricanti, importatori, rappresentanti, operatori di logistica) riguardo alla sicurezza dei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita. Estende l’obbligo generale di sicurezza anche ai rischi emergenti, come quelli legati alla cibersicurezza e ai prodotti digitalmente connessi. Inoltre, il nuovo portale Safety Gate dovrebbe consentire una gestione più efficiente delle segnalazioni e dei richiami di prodotti pericolosi a livello nazionale ed europeo. Il regolamento si applica in modo trasversale a tutti i settori industriali.
Sarà il GSPR il vero argine Ue all’annunciata “valanga” di prodotti importati, anche via e-commerce, dalla Cina? Da circa un anno, esattamente dal 13 dicembre 2024, in Europa è in vigore il Regolamento (UE) 2023/988 sulla sicurezza generale dei prodotti, noto anche come GSPR (General Product Safety Regulation), che ha abrogato l’ormai obsoleta direttiva del 2001 (Direttiva 2001/95/CE) che non teneva in considerazione, per esempio, degli acquisti online. In quegli anni non esisteva neppure l’Internet of things: oggi, invece, con il GSPR, anche questo tipo di prodotti devono essere sicuri, non devono comportare rischi per la salute e la sicurezza degli utilizzatori e le aziende devono fornire informazioni adeguate sul loro uso.
Per sostenere l’illegittimità di un provvedimento di fermo amministrativo cui è sottoposto un veicolo occorrerà dimostrare in giudizio che lo stesso sia strumentale all’attività lavorativa, con prova particolarmente rigorosa laddove il contribuente sia intestatario di altri mezzi liberi da vincoli. Lo ha stabilito la Cgt di I grado di Milano con la sentenza n. 3500/2025 depositata lo scorso 1° settembre, relativa a un giudizio in cui era stato impugnato un preavviso di fermo amministrativo.

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Un’Italia che invecchia e che si trova di fronte a un “esodo generazionale”, nella drammatica definizione che ne dà il presidente dell’Inapp – l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche – Natale Forlani. Nei prossimi dieci anni usciranno dal lavoro 6,1 milioni di italiani, senza che i giovani disponibili bastino a sostituirli. Il tasso di natalità, precipitato a 1,18 figli per donna, ci pone in un inverno demografico strutturale visto che le potenziali madri sono sempre meno, perché viviamo questo calo da troppo tempo, annota la statistica Linda Laura Sabbadini, esperta di studi di genere. Come non bastasse, aggiunge il demografo Alessandro Rosina, di quei pochi giovani che abbiamo ci permettiamo il lusso di lasciarne oltre 2 milioni (record europeo) a non far nulla, né studiare né formarsi: i Neet. «La demografia accelera», avverte Forlani. «Ma i meccanismi di correzione non hanno la stessa
capacità e velocità». L’effetto è “degenerativo”: i costi delle persone a carico corrono più dei correttivi. La spesa assistenziale che grava sulla fiscalità generale ha raggiunto 180 miliardi nel 2024, «più del doppio dei 78 miliardi del 2008», dice Forlani. Le sfide del welfare italiano sono al centro del talk A&F Live, che torna sul palco di Palazzo dei Giureconsulti a Milano, domani lunedì 1 dicembre dalle 9:30 e in streaming sul sito di Repubblica
Una strategia consapevole e coordinata» in cinque tappe. Passate ai raggi X dalla procura di Milano e dalla Gdf, nell’inchiesta sul presunto patto occulto tra gli indagati Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri e Luigi Lovaglio per scalare Mediobanca e puntare a Generali. Ma i personaggi coinvolti sono molti di più
Sale ad almeno 940 vittime, il bilancio delle catastrofiche inondazioni che hanno colpito vaste aree di Indonesia, Thailandia, Malesia e Sri Lanka negli ultimi giorni. La stagione dei monsoni, esacerbata dalle tempeste tropicali, sta provocando le peggiori inondazioni registrate negli ultimi anni nel Sud Est asiatico. I dispersi sono centinaia, migliaia i feriti e gli sfollati, vaste aree sono isolate. L’Indonesia, di gran lunga il paese più colpito, ha riportato almeno 442 morti, mentre 402 persone risultano ancora irreperibili, secondo gli ultimi dati
dell’agenzia per la gestione delle catastrofi, che parla di 290mila persone sfollate.

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L’Italia invecchia più in fretta della sua rete di protezione. Cresce la non autosufficienza, esplode la spesa assistenziale e il sistema fatica a correggere le disuguaglianze. È l’immagine di un Paese che affronta una transizione silenziosa e profonda, destinata a ridisegnare lavoro, famiglie e welfare. E che l’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, sintetizza con la formula senza appello di «esodo generazionale». Nei prossimi dieci anni usciranno dal lavoro 6,1 milioni di italiani, senza che i giovani disponibili
bastino a sostituirli.
La pressione demografica erode i fondamenti del sistema. La popolazione in età da lavoro si ridurrà del 34% entro il 2060, mentre l’indice di dipendenza – giovani e anziani rispetto agli adulti attivi – salirà dal 57,6% all’82 per cento. Mentre il tasso di natalità, sceso nel 2024 a 1,18 figli per donna, non garantisce il ricambio. Lo dicono i dati che l’Inapp ha rielaborato per la commissione parlamentare d’inchiesta sulla transizione demografica: una società che
invecchia più velocemente della capacità di proteggerla. Gli over 65 non autosufficienti superano i 4 milioni, ma solo il 7,6% è assistito in Rsa e il 30,6% riceve cure domiciliari integrate
Monacelli, General Manager di Generali Italia: «Una serie di fattori convergenti, legati alla demografia, stanno disegnando una trasformazione sociale profonda. Si vive di più ma si tenderà a farlo in una società molto diversa, nella quale, anche in virtù di un rapporto tra lavoratori e pensionati atteso a 1:1 al 2050, le pensioni avranno sempre meno potere di
acquisto. Inoltre, la longevità prolunga le esigenze di tutela della salute e di benessere. E il tema della non autosufficienza può influenzare anche la vita di chi presta assistenza. Tali esigenze crescenti, in termini sia di quantità sia di qualità, legate alla salute esercitano una pressione insostenibile sul sistema nazionale. Non bastasse, con nuclei sempre meno numerosi, anche la storica funzione di rete di protezione sociale della famiglia rischia di essere messa in discussione. Come Generali siamo in prima linea in attività che promuovono la longevità attiva e la prevenzione»
Una popolazione che invecchia e un sistema pubblico che sempre meno riuscirà a caricarsi da solo sulle proprie spalle il peso di assistenza e previdenza. Per Alberto Dalmasso, numero uno di Satispay, la strada del contributo privato al welfare non è una scelta, ma una strada obbligata. «Non esiste una soluzione alternativa», dice l’imprenditore piemontese, parlando di un mondo che ormai conosce bene in prima persona. La sua società, da app pioniera dei micropagamenti, oggi ha allargato il suo raggio di azione al welfare aziendale, assistendo circa 30mila aziende e con l’obiettivo di 500 milioni di euro di volumi gestiti a fine 2026
Gli italiani aprono sempre più i portafogli per accedere ai servizi della salute in via “privata”. Freschi dati della Fondazione Gimbe cifrano la spesa sanitaria a carico dei cittadini (“out-of-pocket”) a 41,3 miliardi, il 22,3% della spesa sanitaria totale. Un livello che supera da ormai dodici anni la soglia del 15% che l’Oms indica come limite oltre il quale «sono a rischio uguaglianza e accessibilità delle cure». In effetti è in atto un movimento paradossale: da una
parte cresce la spesa privata, ma dall’altra salgono anche le rinunce alle prestazioni, da 4,1 a 5,8 milioni nel giro di tre anni. Non tutti riescono a curarsi di tasca propria, con l’effetto ancora una volta di allargare la forbice e creare nuove povertà.
«La spesa out of pocket degl italiani è oltre 1.100 dollari pro capite, sopra la media Ocse e Ue – ragiona Angelo Meregalli, direttore divisione Welfare solution di Pellegrini – La motivazione non è tanto la qualità delle strutture pubbliche, ma la difficoltà di accesso. Si stima che quest’anno l’80% degli italiani abbia rinunciato almeno una volta alle cure a causa delle liste d’attesa». Se questo è il quadro, il welfare aziendale diventa strategico come «ponte tra i lavoratori e l’accesso alle cure».
Nel 2024 in Italia sono nati 370 mila bambini e la fecondità è scesa a 1,18 figli per donna, il
minimo mai toccato, persino più basso del punto critico del 1995. Il calo delle nascite non dipende solo dalla scelta di avere un minore numero di figli, ma dal fatto che le potenziali madri sono diventate molte meno, perché il calo della natalità si è protratto molto nel tempo. I numeri sono eloquenti: le donne in età feconda erano 14,3 milioni nel 1995; nel 2025 sono
scese a 11,4 milioni. Tre milioni in meno. Con un bacino così ristretto, gli effetti sul numero di nati sono stati inevitabili. Le conseguenze sono profonde sulla diminuzione della popolazione in età lavorativa e la crescita del peso della popolazione anziana. Miope è stata la politica che non se ne è curata, negando così il diritto ai giovani che lo desiderano di avere i figli che volevano, alle donne di potersi realizzare su tutti i piani, senza essere penalizzati a priori nella scelta di avere i figli che si desiderano. Eppure i demografi e gli statistici allertarono fin dal sorgere del fenomeno
Al 31 dicembre scorso gli asset totali delle assicurazioni europee erano pari a 9.500 miliardi di euro, in aumento dell’11% rispetto rispetto a dodici mesi primi. Nel 2024, inoltre, la raccolta premi è stata pari a 769 miliardi nel ramo danni e a 758 miliardi nel ramo vita, per un totale di 1.527 miliardi. Bastano questi pochi dati, raccolti dall’Eiopa (l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali), per capire l’importanza del settore
assicurativo in materia di stabilità finanziaria e di supporto agli investimenti. Sempre secondo Eiopa, attualmente il portafoglio degli investimenti delle compagnie assicurative è composto per il 65% da asset a reddito fisso (titoli di Stato 27,9%, obbligazioni societarie 28,7% e mutui 6,4%), per un altro 21,7% da azioni (di cui il 16,1% in società non quotate, principalmente partecipazioni in controllate assicurative, e il 5,6% in società quotate), con la quota restante suddivisa fra liquidità (4,9%) e real estate (3,4%)
«Il tema del mercato unico dei capitali non è un tema, è il tema che riguarda
tutto lo sviluppo dell’economia dell’Unione Europea». Non ha dubbi Carlo Cimbri, presidente di Unipol, nell’indicare la priorità assoluta in ambito finanziario per l’Ue. Senza una decisa azione che consenta di superare la frammentazione dei 27 mercati finanziari presenti nel Vecchio Continente qualsiasi tentativo di dare un deciso impulso all’economia europea sarà destinato a fallire
Dagli anni Ottanta a oggi la capacità delle famiglie di accantonare reddito è crollata dal 30% al 5%, messa sotto pressione da salari stagnanti, picchi inflattivi e da un sistema economico che cresce da oltre 20 anni a ritmi molto inferiori rispetto ai paesi più avanzati. È una frattura che racconta un Paese più fragile e un rapporto con il risparmio che sta cambiando in profondità. A spiegare questa trasformazione è anche l’evoluzione della composizione del patrimonio. Il volume “Famiglie e risparmio – Come cambiano le scelte finanziarie degli italiani”, curato dal professor Luigi Guiso e realizzato con il Centre for Economic Policy Research (Cepr), mostra come il Paese continui a essere ricco, ma di una ricchezza per lo
più immobilizzata. Circa il 70% del patrimonio è investito in immobili, il 10% in altre attività reali come oro e gioielli, e solo il 20% in strumenti finanziari. Una struttura che riflette prudenza, avversione al rischio e un profondo radicamento culturale: il mattone come garanzia, la liquidità come protezione, l’investimento come sovrastruttura percepita spesso come complessa o rischiosa. È un modello che ha retto per decenni, ma che oggi mostra tutti i suoi limiti, erodendo il potere d’acquisto e mettendo a rischio la possibilità di sostenere i progetti di lungo periodo
Conflitti, protezionismo e frammentazione degli scambi stanno riscrivendo le regole del gioco. La geopolitica entra nei bilanci delle imprese italiane come una variabile industriale e finanziaria. I direttori finanziari smettono di ragionare solo in termini di margini e iniziano a misurare il peso dei confini, dei dazi, delle rotte commerciali. La volatilità non è più un’eccezione: è il contesto. Il quadro emerge dal nuovo report di Deloitte “Affrontare la nuova realtà geopolitica. Le sfide e le opportunità per i cfo italiani”, basato su oltre 1.500 direttori finanziari intervistati in 14 Paesi europei. Il 58% dei cfo italiani teme un impatto diretto sui ricavi nei prossimi sei mesi, mentre il 67% percepisce un livello di incertezza elevato. E il 58% considera la geopolitica ormai una priorità di rischio per il 2025.

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Da ieri gli automobilisti possono consultare la mappa ufficiale di autovelox e Tutor sul sito velox.mit.gov.it/dispositivi. È la carta d’identità dei 3.625 apparecchi autorizzati in Italia: marca, modello, matricola, chilometro esatto e approvazione prefettizia. Se un guidatore dovesse ricevere una multa da «occhi elettronici» non censiti potrà chiedere l’annullamento in autotutela o proporre ricorso al prefetto o al giudice di pace. Dei 3.625 censiti, le postazioni fisse sono molte meno: «il 25 per cento — spiega Luigi Altamura, comandante della Municipale di Verona e referente Anci in Viabilità Italia —. In tutto, le polizie locali, provinciali e metropolitane ne gestiscono 3.038 tra fissi e mobili; la Stradale ne ha 586, i carabinieri uno solo». Il censimento non risolve però il cuore del problema: l’omologazione. La Cassazione ha chiarito con decine di decisioni costanti che se questa manca i dispositivi non possono produrre multe valide perché non basta l’approvazione del Mit. Le ultime sentenze sono di novembre e hanno annullato otto verbali del Comune di Ventimiglia
Nel dedalo che porta al monumento a Cavour si avverte un ronzio lontano, come un avviso. Gli agenti della polizia locale lo colgono al volo. Un cenno basta: un mezzo avanza troppo veloce per essere una bici. La paletta sale, il ciclista si ferma. Bastano pochi secondi: pedali finti, manopola trasformata in acceleratore. In modalità boost il display corre fino a 49 all’ora. La legge è chiara. L’articolo 50 del Codice della strada stabilisce che una e-bike è bici solo se assiste mentre si pedala, si disattiva oltre i 25 km/h e resta sotto i 250 watt. Se uno di questi paletti salta, il mezzo diventa ciclomotore: servono targa, immatricolazione, assicurazione, patente e casco
Nella notte tra venerdì e sabato migliaia di tecnici sono stati inviati negli aeroporti di mezzo mondo per intervenire d’urgenza su circa 6 mila Airbus a corridoio singolo — gli aerei più utilizzati — e risolvere una rara, ma seria vulnerabilità al software dei computer di bordo. In una nota diffusa venerdì sera, il costruttore di aeromobili ha spiegato che alcune indagini «hanno rivelato che un’intensa radiazione solare può corrompere dati critici per il funzionamento dei comandi di volo» degli A320, jet utilizzati per le rotte brevi e medie. E per questo gli enti regolatori hanno chiesto l’intervento urgente sugli A319, A320 e A321 che va da un minimo di «tre ore» (per l’85% dei velivoli coinvolti) a «qualche settimana» per i casi più complicati che richiedono la rimozione del dispositivo.

Si apre domani, 2 dicembre, al centro congressi Stella Polare di Fiera Milano (Rho) la 95ª assemblea Anagina, l’associazione nazionale agenti imprenditori assicurativi di Generali Italia, che rappresenta oltre 12 mila tra agenti e collaboratori, fattura premi per 4,5 miliardi, gestisce circa 20 miliardi di patrimonio e circa il 50% del portafoglio di Generali Italia, oltre che il 10% dell’intero mercato assicurativo delle reti. Sono attese circa 400 persone, per ascoltare gli interventi del presidente di Anagina Davide Nicolao; di Giancarlo Fancel, country manager e ceo di Generali Italia; di Alessandro Profumo, oggi chairman di Rialto venture capital e di Franco Bernabè, oggi presidente e di fondatore di TechVisory. Tutti intervistati da Alessandro Sallusti
Il 10 dicembre è una data sottolineata in rosso, perché potrebbe segnare una svolta nelle politiche che governano il settore automobilistico. I costruttori europei sperano che Bruxelles mantenga quanto annunciato, presentando quel pacchetto di revisione del regolamento sulle emissioni di auto e furgoni che in origine puntava ad azzerarle nel 2035, puntando tutto sulla transizione elettrica. La crisi del settore richiede però l’adeguamento del quadro normativo. L’unica anticipazione è arrivata per bocca del vicepresidente esecutivo della Commissione Europea, Stéphane Séjourné, secondo cui la e-car dovrà costare fra i 15 e i 20 mila euro. Non poco. Impossibile fare meglio? A chi crede il contrario serve ricordare l’esempio delle kei car giapponesi (3,40 metri di lunghezza, potenza limitata) che costano l’equivalente di 6.000 euro e godono di numerosi incentivi (polizze scontate, parcheggi a prezzi ridotti). In Giappone hanno raggiunto il 35% del mercato. Perché non potrebbe funzionare anche qui? Sempreché vengano rispettati prezzo basso, semplicità e incentivi
Resta in folle il mercato dell’auto. Nei primi dieci mesi del 2025 il bilancio è ancora in rosso in Italia (-0,6%, fonte Unrae), e rosicchia uno stentato +0,9% alla fine del terzo trimestre in Europa (fonte Acea). Soffrono tutte le principali piazze, ma è la Germania a preoccupare più delle altre, perché rappresenta, per numero di vetture vendute e prodotte, il Paese più importante. Da gennaio a settembre le sue immatricolazioni sono diminuite (-0,3%), confermando una tendenza che si trascina dal 2024; in dettaglio sono le motorizzazioni tradizionali ad evidenziare l’emorragia più forte (- 181.048 unità a benzina, e -71.547 unità diesel), in parte compensate dalla crescita di elettriche (105.812 auto in più) e ibride plug-in (più 84.899 veicoli), insufficienti però a colmare il gap. Volumi importanti, in ogni senso, che si ripercuotono anche sull’indotto di cui l’Italia resta un partner di primo piano: le esportazioni della componentistica italiana verso la Germania, destinazione principale all’interno dei confini Ue, hanno continuato a scendere, dopo il calo evidenziato l’anno scorso (-2,9%), anche nei primi otto mesi di quest’anno (-2,3%). Una sterzata verso il basso che ha fatto sentire i suoi pesanti effetti sull’industria tedesca che ha perso 48.700 posti di lavoro, secondo l’ufficio di statistica della Germania.

Il primo pilastro zoppica e chiede al secondo di sostenerlo. Ma anche quest’ultimo ha bisogno di un bastone, perché coloro che dovrebbero fare da supporto e a cui dovrebbe essere più utile – i giovani – non sono messi nelle condizioni di poterlo fare, tra stipendi bassi, lavori precari e aumento del costo della vita. Non a caso, la crescita che ha investito la previdenza complementare negli ultimi anni si deve soprattutto agli iscritti più anziani. L’età media degli aderenti ai fondi pensione a fine 2024– stando agli ultimi numeri del monitoraggio Covip (la Commissione di vigilanza sui fondi pensione) – è di 47 anni (nel 2019 era di 46,6). Sui quasi 10 milioni di aderenti, gli under 35 sono meno del 20 per cento. E hanno un peso maggiore nella categoria “altri iscritti” (soprattutto sotto i 15 anni): si tratta di soggetti non lavoratori e fiscalmente a carico, figli a cui i genitori hanno aperto una posizione previdenziale
L’intervista Mario Pepe Presidente Covip. I fondi pensione sono una forma di investimento molto conveniente per coloro che hanno un reddito e che hanno, soprattutto, la possibilità di cogliere subito il vantaggio fiscale. Questo chiaramente taglia fuori in primis i giovani. E il paradosso è che l’investimento in un fondo pensione diventa tanto più grande quanto più è giovane l’età in cui si accende questo fondo pensione. Ecco perché ho dato l’idea di aprire per tutti i nati un salvadanaio. Una sorta di “scrigno segreto”, chiamiamolo così, che possa accompagnarli nella vita.