Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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L’Italia si sta differenziando in positivo rispetto agli altri Paesi Ue riguardo all’impatto dei dazi Usa. Il Paese ha aumentato le esportazioni verso gli Stati Uniti del 9% nei primi nove mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2024, grazie soprattutto al settore farmaceutico. La Germania e la Spagna hanno invece registrato un calo dell’8% e la Francia del 3%, secondo i dati Eurostat raccolti da Unicredit. Ma è ancora presto per arrivare a conclusioni sull’impatto dei dazi nei Paesi europei. L’effetto negativo in Italia secondo Unicredit potrebbe farsi sentire nei prossimi mesi rallentando la crescita. Tra gennaio e marzo l’export verso gli Usa è aumentato in tutti i maggiori Paesi Ue come conseguenza dell’anticipo dell’attività in vista dei dazi Usa, annunciati per la prima volta dal presidente Donald Trump a inizio aprile. Già nei primi tre mesi l’Italia, con un incremento delle esportazioni del 10,5%, ha fatto meglio degli altri Paesi Ue grazie alla spinta del farmaceutico (+80% su base annua).
Anche le casse di previdenza finiscono nel mirino della procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta sulla scalata di Mps a Mediobanca. Secondo il decreto di perquisizione emesso giovedì 27, i pm Luca Gaglio e Giovanni Polizzi coordinati dal procuratore aggiunto Roberto Pellicano ravvisano «numerose anomalie formali» negli «acquisti di azioni Mediobanca» sotto scalata di Mps da parte di Enpam ed Enasarco. In particolare, secondo gli inquirenti, gli acquisti sarebbero stati decisi in «assenza di delibera del cda» delle casse sottoposte a «vigilanza pubblica» per gli «acquisti estranei alla policy di investimento prevista dallo statuto». Gli incarichi inoltre sarebbero stati «affidati» a società in «paesi non collaboranti con le autorità di vigilanza» italiane, come Malta.
Il mercato auto italiano resta debole anche a novembre: le immatricolazioni sono state 124.222, sostanzialmente stabili rispetto a un anno fa (-0,04%), confermando il rallentamento della domanda. Nei primi undici mesi il totale scende a 1.417.621 unità (-2,3%) e, secondo il Centro Studi Promotor, il 2025 dovrebbe chiudere a 1,5 milioni di vetture, un livello ancora molto lontano dagli i 1,92 milioni del 2019 (400 mila in meno).

L’appaltatore paga al comune i danni immateriali a 360 gradi per le opere rimaste a lungo incompiute sul territorio amministrato. Pesano i procedimenti penali per corruzione e altri reati che hanno colpito l’imprenditore: la lesione risarcibile non è soltanto all’immagine dell’ente locale, ma anche all’identità dell’intera città per i disagi subiti dai mancati interventi alla rete stradale e dunque alla qualità della vita dei cittadini; senza dimenticare il pregiudizio all’ambiente e alla funzionalità complessiva del territorio. È quanto emerge dall’ordinanza n. 31205 del 30/11/2025, pubblicata dalla terza sezione civile della Cassazione.

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Un euro e 11 centesimi l’ora. Eppure è questo l’aiuto che il governo pensa di dare ai «caregiver» che tappano i buchi statali assistendo disabili non autosufficienti per oltre 13 ore al giorno. Assistenza minima 91 ore settimanali. Paga: 400 euro al mese. Immaginiamo l’obiezione: dei furbetti potrebbero spacciarsi per assistenti di congiunti dei quali non si occupano affatto e magari abitano altrove. Giusto: quelli lì vanno puniti senza pietà. Loro però: non tutti coloro che dedicano la vita agli altri. Le stime dicono che l’aiuto ai non autosufficienti (4.027.488 per l’ultimo Osservatorio Long Term Care del CERGAS-SDA Bocconi, solo per il 7,6% ospiti nelle Rsa) vale come minimo il 2,5% del Pil: 55 miliardi. Per il 2026 infatti sono previsti solo 1,15 milioni all’Inps per allestire la piattaforma a uso dei futuri «beneficiati» che nel ’27, dice la manovra, dovrebbero spartirsi appunto 207 milioni. Fatti i conti, se il familiare indigente che porta il peso d’un disabile grave può avere in quattro trimestri 4.800 euro l’anno, quelli che lo potranno ottenere saranno 43.125. Massimo 52 mila se il finanziamento sarà portato a 250 milioni. Una quota risibile dei 7 milioni che si occupano degli oltre quattro milioni di non autosufficienti che spesso non sono in grado neppure di soffiarsi il naso da soli.

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Quando venne arrestato per l’omicidio di un top manager delle polizze sanitarie, Luigi Mangione era l’idolo di migliaia di americani. Un anno dopo, la sua popolarità si è moltiplicata: è diventato la star del carcere metropolitano di Brooklyn dove è rinchiuso, e viene seguito dai fan che lo hanno atteso ieri al suo arrivo al tribunale di Manhattan per l’udienza preliminare di quello che è considerato il processo dell’anno. La popolarità di un assassino suscita dubbi ma anche domande su quanto il sistema americano abbia finito per avvelenare la vita del Paese. Oltre il 60% degli americani vive nell’ansia di ammalarsi e non
avere i soldi per pagarsi le cure. In media le famiglie devono pagare duemila dollari al mese per una polizza che copre solo una parte delle spese mediche. Una risonanza magnetica può arrivare a 1.200 dollari, una visita con prelievo di sangue anche più di 300 e un intervento al ginocchio 30 mila
Lo studio uscito ieri, coordinato da Ezio Cigna, mostra come la combinazione fra perequazione debole, no tax area ferma a 8.500 euro e maggiorazioni crescenti stia ridisegnando la geografia delle pensioni povere. Non necessariamente a vantaggio di chi ha versato di più. Gli esempi tecnici sono netti. Una pensione da 384 euro maturata dai
contributi, integrata al minimo e maggiorata, arriva a 749 euro netti senza tasse. Una pensione da 692 euro, con una piccola maggiorazione sociale, scende a 710 euro: 38 euro in meno della prestazione integrata, pur con più anni di lavoro alle spalle. Ancora più chiaro il terzo confronto: una pensione da 807 euro, senza alcuna integrazione, scende a 745 euro netti dopo Irpef e addizionali. Solo tre euro sotto la prestazione assistenziale, ma con 10.500
euro di imponibile fiscale e un percorso contributivo più lungo. Secondo la Cgil, il sistema finisce per premiare chi ha minori contributi e penalizzare chi ha sostenuto più a lungo la previdenza pubblica. Nel 2025 le pensioni assistenziali e le minime maggiorate hanno superato i 9.700 euro netti l’anno e nel 2026 sfioreranno i 10mila euro (tra rivalutazione e ulteriore aumento di 12 euro deciso dal governo in manovra dopo gli 8 euro di quest’anno), restando interamente fuori dal prelievo. Le pensioni contributive che oltrepassano
anche di poco la no tax area di 8.500 euro pagano invece l’Irpef e vedono la rivalutazione erosa
Possiamo restare un Paese benestante, nonostante l’invecchiamento della popolazione? «Se proiettiamo al futuro le variabili che abbiamo alle spalle, la risposta è no», diagnostica senza mezzi termini il presidente dell’Inapp, Natale Forlani, ieri al talk A&F Live dedicato alle “Strategie di welfare e inclusione per il futuro del Paese”. Il paziente sistema-Italia attraversa una fase che non ammette toni morbidi. Per l’Istituto nazionale che analizza le politiche
pubbliche, la formula choc è quella di un “esodo generazionale”: ci sono oltre sei milioni di italiani che nel prossimo decennio usciranno dal mercato del lavoro, e mancano i giovani per sostituirli. Con l’invecchiamento, argomenta Forlani, «aumentano le persone a carico, cala la ricchezza disponibile, diminuisce la possibilità di utilizzare le tecnologie e con essa di aumentare la produttività». Presto si esaurirà la spinta del baby-boom: «La generazione che
ha retto l’impianto delle prestazioni sociali passerà in pochi anni dall’essere produttore-contribuente ad essere ‘a carico’». Come uscirne? «Dobbiamo cambiare paradigma», indica Forlani rimpiangendo la mancata scelta per la via della flexicurity che «ha portato benefici occupazionali dove è stata intrapresa. Da una distribuzione fine a sé stessa, dobbiamo passare a ricostruire la popolazione attiva di questo Paese». Collaborare con le aziende sulla formazione; attingere al bacino di lavoro potenziale composto da donne, giovani, migranti di qualità. La sfida è ardua e il tempo è poco.

Tra le partite ancora aperte c’è anche quella del contributo delle assicurazioni, visto che anche il presidente dell’Ania, Giovanni Liverani, è stato a palazzo Chigi giovedì scorso. Anche il settore assicurativo era stato investito dall’aumento aggiuntivo dello 0,5 per cento per l’Irap: se il governo fa marcia indietro sulle banche non può non farlo anche sulle compagnie (dalle quali sarebbe arrivato un gettito aggiuntivo di 50 milioni all’anno). Il comparto assicurativo, in verità, è molto impattato da un altro emendamento, che prevede di aumentare con effetto retroattivo di 10 anni l’aliquota della polizza inerente l’RcAuto, quella per infortunio del conducente. Un incremento che passerebbe dal 2,5 al 12,5 per cento. Le compagnie sono sostituto d’imposta e dovrebbero versare, in quanto tassa non riscossa, circa 1 miliardo di euro. Le imprese del settore sono pronte al ricorso in tutte le sedi, posizione ribadita in occasione delle riunioni del comitato esecutivo dell’Ania nelle scorse settimane: la linea sarebbe quella di non effettuare il versamento (l’emendamento dà la facoltà di pagare senza interessi e sanzioni entro un certo lasso temporale) e andare a contenzioso. È probabile che anche su questo fronte si cerchia una soluzione concordata.
In democrazia il mantenimento di uno Stato sociale ben funzionante è fondamentale non solo per il benessere delle persone ma anche per la coesione e per uno sviluppo stabile e duraturo. A maggior ragione in un momento di crisi. Uno degli aspetti più critici è la valutazione della sua qualità. Valutare (per garantire) la qualità dei servizi di welfare è parte integrante dell’ambizione universalista e ugualitaria del welfare state. Infatti, chi può pagare e ha la capacità di rintracciare le informazioni necessarie, non ha difficoltà ad accedere ai servizi migliori, diversamente da chi non se lo può permettere ed è costretto ad accettare prestazioni più scadenti. La capacità di valutare la qualità è importante per scongiurare il rischio che le logiche di mercato portino a un welfare per poveri a fianco di un welfare per ricchi. Questi servizi sono beni meritori, cioè beni essenziali per la collettività che non rispondono a criteri di mercato e per questo sono promossi e sovvenzionati dallo Stato. Sostengono l’equità, la difesa economica dei cittadini nelle situazioni di rischio calcolabile e incertezza strutturale, il diritto all’eguaglianza delle opportunità, fin dalla nascita e senza discriminazioni, e della promozione dei doveri di reciprocità sociale e di partecipazione alla vita economica.
Si apre oggi presso il Centro Congressi Stella Polare di Fiera Milano (Rho) la 95/ma assemblea Anagina, l’associazione nazionale agenti imprenditori assicurativi di Generali Italia, che rappresenta oltre 12mila persone tra agenti e collaboratori, fattura premi per 4,5 miliardi l’anno, gestisce 20 miliardi di patrimonio, il 50% del portafoglio di Generali Italia e il 10% dell’intero mercato assicurativo delle reti. Il titolo attorno al quale ruota l’evento è “Fare la differenza”. Un messaggio chiaro in una fase decisiva per il settore assicurativo stretto tra cambiamenti chiave e contesto in costante evoluzione. Al’assise sono attese 400 persone con l’obiettivo di ascoltare gli interventi del presidente Anagina, Davide Nicolao, di Giancarlo Fancel, country manager e ceo di Generali Italia, di Alessandro Profumo, chairman di Rialto Venture Capital e già presidente di Mps ed ex ad di UniCredit e Leonardo.