IL WEB MARKETING PER GLI INTERMEDIARI ASSICURATIVI
Autore: Sara Tortelli
ASSINEWS 380– Dicembre
Trasformare i dati in ascolto attivo e decisioni misurabili

La comunicazione digitale è ormai parte integrante del lavoro quotidiano dell’intermediario, ma trasformare tale attività in risultati concreti non è sempre semplice.
Dietro a click, visualizzazioni e tempi di lettura si nascondono le reali esigenze dei clienti. Come possiamo trasformare i dati in ascolto attivo, personalizzare la consulenza e misurare ciò che conta davvero, ovvero la fiducia?
La sensazione del “post nel vuoto”
Avete passato un’ora a scrivere il post perfetto su LinkedIn, magari dedicato a una specifica copertura RC per professionisti. Lo pubblicate, fiduciosi. Arrivano una dozzina di “like”, qualche centinaio di visualizzazioni. E poi? Il silenzio.
Questa sensazione, che potremmo definire come la sensazione del post nel vuoto, è capitata a chiunque si sia impegnato a promuovere la propria attività online.
La frustrazione che ne deriva è comprensibile, ma spesso la causa non è la qualità del contenuto o lo scarso impegno. Il problema è l’assenza di un metodo per “ascoltare” la reazione del pubblico.
Comunicare sui canali digitali senza analizzarne i ritorni è come tenere un discorso a occhi chiusi in una sala affollata: non sappiamo chi abbiamo di fronte, se è interessato, se sta annuendo in segno di assenso o se, semplicemente, se n’è già andato.
Cambiare lenti: i dati sono persone, non statistiche
La parola “dati” evoca spesso immagini di fogli di calcolo complessi e grafici poco comprensibili, qualcosa di distante dal lavoro relazionale che è il cuore della professione dell’intermediario.
Il primo passo è ribaltare questa percezione. L’obiettivo non è diventare un ingegnere informatico, bensì un osservatore attento dei comportamenti della propria cerchia di clienti e prospect.
Dobbiamo imparare a tradurre le metriche digitali in linguaggio umano. Ogni interazione è un indizio che rivela un bisogno o un’intenzione:
• Un click su un link non è solo un’azione tecnica; è un’espressione di interesse che dice: “Questo argomento mi interessa, voglio saperne di più”.
• Il tempo di permanenza su un articolo del sito non è un numero astratto; è un segnale di fiducia che comunica: “Ciò che scrivi è utile e pertinente, ti dedico la mia risorsa più preziosa, il tempo”.
• Il download di una guida non è una semplice “conversione”; è una richiesta di aiuto che sottintende: “Ho questo problema o questa preoccupazione e ti considero una fonte autorevole per risolverla”.
Visti sotto questa luce, i dati smettono di essere freddi e diventano una nuova frontiera di empatia. Ci permettono di comprendere le preoccupazioni del nostro interlocutore prima ancora che le esprima, preparando il terreno per una consulenza di valore superiore.
La cassetta degli attrezzi essenziale (e a costo zero)
L’ascolto digitale non richiede software costosi. Spesso, gli strumenti più potenti sono già a nostra disposizione, gratuiti e integrati nelle piattaforme che usiamo ogni giorno. Basta sapere dove guardare.
1. Analytics di LinkedIn: è importante non limitarsi al numero di like e visualizzazioni di un post. Cliccando su “Analisi” e concentrandosi sulla sezione relativa ai follower, è possibile scoprire le qualifiche professionali, i settori, le aziende e le aree geografiche di chi ha interagito con la pagina.
Se si rileva che un approfondimento sulla polizza D&O è stato letto per il 40% da “amministratori delegati” del settore “manifatturiero”, si è identificato un target caldo su cui concentrare le prossime comunicazioni.
2. Google Analytics 4 (GA4): da questo potente strumento è possibile ottenere informazioni vitali sul nostro sito.
Qualche esempio:
• Quali sono i “best seller” informativi? Navigando in Report > Coinvolgimento > Pagine e schermate, la classifica delle pagine più visitate indica quali argomenti interessano maggiormente al pubblico. Sono quelli su cui sarebbe opportuno creare ulteriori contenuti.
• Da dove arrivano i lettori migliori? Consultando Report > Acquisizione > Acquisizione utenti, questo report mostra se i visitatori arrivano da LinkedIn, da una ricerca su Google o dalla newsletter, informazione utile per decidere dove investire meglio il tempo.
3. Dati della Newsletter (es. Mailchimp, Brevo, etc.): è consigliabile non limitarsi al tasso di apertura. Una metrica interessante è la mappa dei click (click map), che mostra su quali link all’interno dell’e-mail gli utenti hanno cliccato.
Se in una newsletter si inserisce un articolo sulla RC medici e uno sulla tutela legale per architetti, la mappa dei click segmenterà automaticamente il pubblico in base agli interessi specifici, permettendo di inviare comunicazioni future molto più pertinenti.
Quali metriche contano davvero?
Non tutte le metriche hanno lo stesso peso. Per avere un impatto reale sul business, è fondamentale distinguere tra KPI di valore e “vanity metrics”.
KPI di valore (indicatori di performance reali)
• Tasso di conversione: percentuale di visitatori che compiono un’azione desiderata (es. download di una guida, richiesta di contatto). Questo misura concretamente l’efficacia del messaggio e la sua capacità di generare un’azione.
• Click-Through Rate (CTR) su link specifici: indica l’interesse reale per un approfondimento, non un generico apprezzamento. Un click richiede più impegno di un “mi piace” e segnala un’intenzione più forte.
• Lead qualificati generati: il numero di contatti in target effettivamente ottenuti da un’attività. È il KPI più direttamente collegato all’obiettivo di business e alla generazione di valore.
• Tempo di permanenza sulla pagina: segnala la qualità e la pertinenza dei contenuti. Un tempo medio di lettura elevato indica che si è catturata veramente l’attenzione, mentre un tempo basso è un campanello d’allarme.
Vanity metrics (metriche di vanità)
• Numero di follower/fan: un grande pubblico non è necessariamente il pubblico giusto. È preferibile avere 1.000 follower in target piuttosto che 10.000 generici e potenzialmente disinteressati al servizio offerto.
• Numero di like/reazioni: sono facili da dare e spesso non indicano un reale interesse commerciale. Un like non costa nulla all’utente e raramente si traduce in business.
• Impression/visualizzazioni: indicano quante volte il contenuto è apparso sullo schermo, non se è stato effettivamente letto, compreso o apprezzato. Un’alta visibilità non è sinonimo di alta efficacia.
Concentrandosi sui KPI di valore e ridimensionando l’importanza delle vanity metrics, è possibile orientare naturalmente gli sforzi verso attività che generano risultati concreti anziché semplici numeri da esibire.
Dal dato all’azione in 4 passi
L’analisi non è un esercizio fine a se stesso; è utile solo se guida le nostre decisioni. Per rendere il processo di analisi un’abitudine strategica, possiamo adottare un ciclo virtuoso in quattro fasi.
Immaginiamo un esempio concreto applicato a LinkedIn:
1. Ascolto (dato osservato): analizzando i dati di LinkedIn, noto che i miei post sui rischi legati alla fatturazione elettronica per i commercialisti ricevano un numero di commenti e condivisioni superiore alla media.
2. Interpretazione (formulazione di ipotesi): la mia ipotesi è che ci sia incertezza normativa e che i commercialisti cerchino attivamente soluzioni pratiche e rassicurazioni sui rischi professionali connessi.
3. Azione mirata: decido di creare una breve guida scaricabile dal mio sito: “Fatturazione elettronica: 3 errori assicurativi da evitare”. Promuovo la guida con un post mirato che risponde direttamente alle preoccupazioni emerse (e magari faccio un articolo nel sito che ottimizzo lato SEO).
4. Misurazione: vengono monitorati i download della guida. Senza ricorrere a sponsorizzazioni, il risultato è modesto ma significativo: alcuni contatti qualificati dimostrano interesse e richiedono chiarimenti. Con una successiva promozione mirata del contenuto sui canali social o tramite newsletter, il numero sicuramente può crescere ulteriormente. L’ipotesi è quindi validata e l’intuizione basata sui dati si trasforma in una reale opportunità commerciale.
Oggi, in un contesto così fortemente digitale, la migliore strategia di comunicazione non è parlare più forte degli altri, ma ascoltare meglio di chiunque altro. E i dati sono la lingua in cui i nostri utenti ci parlano ogni giorno. Imparare ad ascoltarli è la chiave per costruire relazioni più solide e un business duraturo.
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