Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Polizze vita (e non solo) senza segreti: i nomi dei beneficiari devono essere comunicati agli eredi e chiamati all’eredità del sottoscrittore defunto. Non c’è privacy che blocchi la conoscenza, se la richiesta è seria ed è collegata all’esercizio del diritto di difesa (cause ereditarie o contrattuali). Ma ora, quindi, è tempo di rimetter mano a documenti e procedure. Questa l’interpretazione ufficiale del Gara nte della privacy assunta con il provvedimento n. 520 del 26 ottobre 2023, che, con un effetto a cascata, potrà interessare anche altri ambiti, oltre quello assicurativo, come quello bancario, per fare un esempio, nel quale cioè si abbia a che fare con dati di terzi, deceduti, utili agli eredi e chiamati all’eredità.
Revisione delle informative privacy, aggiornamento del registro dei trattamenti, istruzioni ai dipendenti, aggiunte ai contratti con i fornitori esterni di servizi: sono gli adempimenti a carico delle compagnie assicurative derivanti dal provvedimento del Garante n. 520 del 26 ottobre 2023, che ha rinnovato la sua interpretazione dell’articolo 2-terdecies del Codice della privacy, sposando la tesi per cui chiamati all’eredità ed eredi di un sottoscrittore di una polizza hanno il diritto di avere i dati personali dei beneficiari della polizza. Per effetto del provvedimento del Garante, ci sono una serie di incombenze a carico delle assicurazioni, chiamate a bilanciare gli opposti interessi, non avendo piacere il beneficiario che i suoi dati siano consegnati a un possibile avversario in un contenzioso civile né, peraltro, potendo le compagnie rivelare questi dati se non in casi giustificati. A questo fine le assicurazioni devono, innanzi tutto, vagliare la natura dell’interesse di chi, appunto, per un interesse “proprio” chiede i dati dei beneficiari della polizza.
In agenda la stesura dell’atto di bilanciamento del legittimo interesse: è un adempimento, collegato alla comunicazione dei dati dei beneficiari di una polizza agli eredi e chiamati all’eredità del sottoscrittore defunto della polizza stessa. Il documento è previsto dall’articolo 6, par. 1, lett. f) del Regolamento Ue n. 2016/679 (Gdpr) e la sua adozione deriva dalla analisi della ordinanza della Corte di cassazione, sezione prima, n. 39531 del 13/12/2021, citata nel provvedimento del Garante n. 520/2023. La Cassazione basa la sua tesi favorevole alla comunicazione dei dati dei beneficiari delle polizze sull’articolo 24 del Codice privacy (ora abrogato), che tra i casi di trattamento di dati senza consenso dell’interessato (e, quindi, del beneficiario della polizza) inseriva la necessità per l’esercizio dei diritti (di eredi o chiamati a ereditare). La regola dell’articolo 24 è ora compresa tra le ipotesi disciplinate dall’articolo 6, par. 1, lettera f), Gdpr (tanto che il Garante descrive l’ordinanza della Cassazione come se si riferisse all’articolo 6 citato).
Una impresa su due, nel corso di quest’anno, rischia di non riuscire a far fronte ai creditori. Già tra il 2021 e il 2022 le prospettive del sistema produttivo sono diventate più cupe, con le imprese a elevato rischio di credito o in situazione di vulnerabilità finanziaria che, dal 41,9% del periodo pre-Covid, hanno raggiunto il 48,7% del totale nel 2022. Per evitare il fallimento le imprese sono a un bivio: rivolgersi ai tradizionali canali bancari, sempre più selettivi nella concessione di finanziamenti, o cercare canali alternativi. Uno di questi è il factoring, che facilita l’accesso a nuova liquidità in quanto consente il trasferimento del rischio di credito dall’impresa in crisi ai relativi clienti in bonis. Tuttavia, è una strada ancora poco praticata. Nel 2022 il volume d’affari complessivo si è attestato intorno a 3 miliardi di euro, mentre il bacino potenziale di aziende in difficoltà finanziaria che possono ricorrere al factoring, per il 2024 in Italia, raggiunge i 40 miliardi di euro. Stime e percentuali sono contenute nel report “Il Factoring come strumento per il rilancio delle imprese in crisi”, curato dalla società di consulenza Deloitte e da Assifact, Associazione italiana per il factoring.
Doppia domanda per ottenere gli sconti del costo del lavoro a favore delle aziende in crisi. La richiesta del doppio esonero, dal pagamento delle quote di trattamento di fine rapporto lavoro e dal versamento del ticket sui licenziamento, deve essere fatta al ministero del lavoro; quella di fruizione, invece, all’Inps. A precisarlo è stato lo stesso istituto di previdenza nel messaggio n. 3779/2023, in relazione alle predette agevolazioni a favore delle aziende in crisi, sottoposte a procedura di fallimento o amministrazione straordinaria, prorogate negli anni 2023 e 2024.
Solo due imprese italiane su 100 sono assicurate contro i danni all’ambiente. È quanto emerso da un’elaborazione effettuata dal Pool Ambiente sulla base dei dati relativi al 2021. Sul podio dei settori più assicurati, quello dei rifiuti (19,12% del totale), grazie anche all’obbligo di legge, introdotto nel 1999 dalla Regione Veneto, per le imprese attive nel settore di sottoscrivere una polizza assicurativa e una fidejussione a favore della regione per i danni all’ambiente. Senza questo obbligo, la percentuale scenderebbe al 7,66%. Completano il podio dei settori più assicurati contro i danni all’ambiente il chimico (6,97%) e il petrolifero (3,52%). In fondo alla classifica, il tessile e la lavorazione pelli (0,40%), ma anche i trasporti (0,37%), carta, legno e stampa (0,36%), civile, commerciale e turismo (0,02%).
Crescono i prestiti finalizzati, ossia quelli legati all’acquisto di un determinato bene o servizio, nonostante il costante aumento dei tassi di interesse. In particolare, per accaparrarsi gli smartphone di ultima generazione di fascia alta. Ma mentre al Nord Italia la crescita è a doppia cifra, nel Meridione si registra una decrescita, seppure contenuta. Segno meno, invece, per i prestiti personali e per le cessioni del quinto dello stipendio. È lo scenario a più velocità delineato dall’analisi sul comparto prestiti sui primi dieci mesi del 2023, realizzata congiuntamente da Experian, società che opera nella gestione delle informazioni creditizie, e Segugio.it, portale di comparazione del gruppo MutuiOnline.
Professioni più ricche, ma sempre meno attrattive per giovani. E, di conseguenza, più anziane. Un fenomeno che coinvolge tutto il continente, visto che in Europa, ormai, quasi un libero professionista su due ha più di 50 anni. In Italia, nonostante i redditi degli iscritti alle casse private siano cresciuti del 14,2% dal 2020 al 2022, continua a calare il numero di under 30 interessati alla libera professione; se nel 2014 il 66% dei laureati in ambito giuridico intraprendeva questa strada, nel 2022 la quota è del 36,1%. Oppure, parlando di architettura e ingegneria civile, la quota è passata dal 61,1% al 38,5%. Un trend che, comunque, coinvolge tutto il comparto; l’Italia è ancora ai primi posti in Europa come numero di professionisti, ma dal 2019 al 2022 si è registrato un calo del 7%, in un contesto di crescita occupazionale generalizzata che sta interessando il mercato del lavoro italiano ormai da quasi due anni. È il quadro tracciato dall’8° rapporto sulle libere professioni in Italia, il consueto report sul mondo degli autonomi realizzato da Confprofessioni. Un’analisi del settore, del numero di occupati, dei loro redditi e delle ultime novità normative, corredata da una serie di approfondimenti finalizzati a tracciare gli scenari del futuro.
Negli anni 2022 e 2023 Anas, società del polo infrastrutture del gruppo FS Italiane, ha registrato un incremento costante del proprio personale. Ad oggi l’organico è cresciuto di oltre 400 risorse, pari a circa il +6%, rispetto alla fine del 2021. Il piano industriale prevede un incremento di circa 2.300 figure entro il 2026. Da inizio 2022 sono state inserite, tra contratti a tempo indeterminato e determinato, 1.800 persone, di cui circa l’80% focalizzato nelle aree tecniche e di presidio della rete. Una percentuale significativa degli inserimenti ha riguardato ruoli chiave quali direttori lavori, direttori operativi e ispettori di cantiere. Tali ingressi hanno interessato tutto il territorio nazionale (20% nord; 43% centro; 37% sud) e l’età media dei neoassunti è di circa 39 anni, inferiore di circa 10 anni rispetto all’età media aziendale. Queste azioni permetteranno ad Anas di affrontare le sfide nel settore delle infrastrutture e dei trasporti e di supportare il raggiungimento degli obiettivi strategici.
Il 59% delle imprese ha sperimentato l’uso dell’intelligenza artificiale, ma la strada per trasformarla in uno strumento quotidiano è ancora un’avventura in continua evoluzione. Nonostante le sfide e le incertezze, le aziende italiane mostrano un crescente interesse negli investimenti nell’intelligenza artificiale, mirando a ottenere benefici come maggiore efficienza, riduzione dei costi e sviluppo di nuovi modelli di business. Tuttavia, le barriere come la mancanza di competenze tecniche e le sfide legate all’implementazione, evidenziano la necessità di strategie e supporto per favorire una transizione più agevole. È quanto emerge dall’ultima ricerca di Deloitte sull’Intelligenza Artificiale in Italia, presentata durante l’Innovation Summit al MAXXI di Roma il 28 novembre scorso.

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Gli infortuni mortali sul lavoro nel 2022 sono passati dai 1.361 dell’anno precedente a 1.090. Ma sono ancora troppi, senza contare che il numero complessivo degli infortuni è invece decisamente aumentato, passando da 564.089 a 697.773. Non solo: il vero problema, denuncia l’Inca, il patronato della Cgil, è che gli infortuni sul lavoro sono ancora fortemente sottostimati e ancor più lo sono le malattie professionali. Ricondurre una malattia a cause specifiche che dipendono dall’attività lavorativa risulta, ancora adesso, molto complicato, e a volte impossibile. In molti casi se ne viene fuori solo con una sentenza della magistratura. Di questo lungo e faticoso lavoro di “emersione” delle malattie professionali riconosciute che, secondo le rilevazioni dell’Inail, sono passate dalle 55.205 del 2021 a 60.774 nel 2022, dà testimonianza l’ultimo Bilancio Sociale dell’Inca.
Non sono più piccoli. E continueranno a crescere, così come hanno fatto negli ultimi anni. I fondi passivi, di cui gli Etf sono la più nota subcategoria, sembrano avanzare in modo inarrestabile: nei primi nove mesi del 2023 – secondo i dati elaborati da Morningstar – hanno avuto una raccolta netta in Europa di quasi 140 miliardi, mentre i fondi attivi tradizionali hanno visto un deflusso di 73,2 miliardi. Se si guarda agli ultimi 12 mesi il divario si allarga, con i fondi passivi che hanno registrato flussi netti per 177,3 miliardi, mentre le gestioni attive hanno subito deflussi per 113,9 miliardi.
Sui fondi attivi è in voga motto: sono un mercato efficientemente inefficiente. Nelle ultime settimane varie analisi – sono intervenuti Morningstar, l’Esma e recentemente Banca d’Italia – sono arrivate a conclusioni analoghe: nel brevissimo periodo i rendimenti dei gestori attivi si dimostrano interessanti, ma nel lungo periodo l’affare da buono rischia di diventare pessimo per i risparmiatori. Meglio dei discorsi valgono i numeri e quelli messi in fila da Morningstar dicono che a un anno il 36,6% dei fondi azionari attivi europei ha sovraperformato l’alternativa passiva (nel 2022 era il 33,6%), percentuale che sale al 62,7% per il settore obbligazionario (55,5% l’anno scorso). «L’aumento complessivo dei tassi di successo a breve termine è sicuramente incoraggiante » scrive Dimitar Boyadzhiev, analista senior di Morningstar, ma è solamente un lato della medaglia, perché allo stesso tempo solo il 17,1% dei gestori azionari attivi e il 23,1% degli obbligazionari sono invece riusciti a battere i gestori passivi nell’arco di dieci anni.
A gli italiani piacciono gli investimenti sostenibili. Non è un’affermazione generica, ma un dato di fatto confermato nei numeri raccolti da Banca Generali, secondo cui oltre il 30% dei clienti del comparto banking considera i criteri Esg (Environmental, social, and corporate governance) un fattore determinante nella scelta di una banca e il 47% è disposto a pagare un premio per un prodotto sostenibile. È partendo da queste cifre che la banca guidata da Gian Maria Mossa ha deciso di fare un deciso passo avanti nel comparto del risparmio green, affiancando ai professionisti del private banking del gruppo del Leone una nuova figura, quella dei “sustainable advisor”, ossia consulenti specializzati proprio nella conoscenza dei prodotti, strumenti e best practice del mondo Esg.
Come stanno cambiando le aspettative e le scelte di investimento dei clienti del wealth management? Una risposta viene dall’ultimo EY Global Wealth Management Report, basato su un sondaggio condotto su un campione di clienti del wealth management di 32 Paesi, e ad emergere è un maggior bisogno di consulenza su tutti i servizi di wealth management, non solo quelli legati agli investimenti. I clienti sono ben consapevoli delle difficoltà, il 58% degli intervistati italiani ritiene siano diventate maggiormente complesse le esigenze di investimento, vengono poi indicate, con percentuali inferiori, la gestione del risparmio e la pianificazione finanziaria in ottica di pensionamento e di passaggio generazionale. I clienti vogliono sentirsi “rassicurati” e quindi, è l’indicazione degli esperti di EY, affiancarli nella pianificazione e nel raggiungimento dei loro obiettivi finanziari rappresenta un imperativo per i wealth manager.
Martini (Banca Mediolanum): bisogna offrire una pianificazione patrimoniale di lungo termine, non più una semplice consulenza di prodotto e adoperarsi perché chi investe sia aiutato a raggiungere traguardi non solo puramente finanziari.
Quando si parla di sostenibilità a venire in mente sono soprattutto le imprese di grandi dimensioni, che negli anni passati hanno fatto da apripista per le iniziative green e orientate al sociale, anche se negli ultimi tempi lo scenario è cambiato e vede sempre più di frequente in prima linea anche le Pmi. E proprio sostenere le piccole e medie imprese nella transizione verso modelli di business sostenibili e premiare i casi più virtuosi è l’obiettivo di Sme EnterPrize, iniziativa promossa da Generali, giunta alla terza edizione, che quest’anno ha visto coinvolte piccole e medie imprese di dieci paesi dell’Unione europea (Austria, Croazia, Francia, Germania, Italia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna e Ungheria).
Due proposte chiave, e una aggiuntiva, per dare nuova linfa al mercato italiano delle auto aziendali e supportare le imprese del settore nel processo di rinnovo del proprio parco auto in ottica zero emissioni. Passa da un documento di politica fiscale la “ricetta” che Aniasa e Mobus-E hanno presentato nelle scorse settimane al viceministro all’Economia Maurizio Leo per rendere più competitivo l’utilizzo delle flotte aziendali nel nostro Paese. Un mercato che, per volumi totali, ha registrato nel 2022 il 41,7% di quota di immatricolazioni (37,5% nel 2021), posizione ancora molto distante da Germania, Regno Unito, Francia e persino dalla Spagna, posizionate tra il 50 ed il 60%.

Angelo Campani, 61 anni compiuti il 9 settembre, dal 1° febbraio 2023 è direttore generale del Credem, posizione che in un passato recente fu di Nazzareno Gregori e Adolfo Bizzocchi, tutti prodotti della medesima casa. Sposato, divorziato, risposato e con tre figli, Campani ha messo piede al Credem nell’81, subito dopo il diploma. Aveva 19 anni. Fu assegnato al servizio cassa in una filiale di periferia. Appassionato di montagna, ha casa a 50 chilometri dal centro e divide le passioni sportive tra l’Inter e l’abbonamento alla Pallacanestro Reggiana. Dall’81 ha scalato tutte le tappe di una carriera interna che lo ha portato al vertice del Credito Emiliano, una media banca italiana dalla storia un po’ particolare: fondata il 5 maggio 1910 come Banca Agricola Commerciale, è controllata da Credemholding per il 76,874 per cento. All’interno della holding gli industriali del tessile Maramotti, un impero da più di 4 miliardi di euro, hanno il 24,58 per cento del capitale di una banca che controlla circa il 2,5 del mercato italiano e che in Borsa capitalizza 2,8 miliardi di euro.
è tempo di bilanci per il mercato dell’auto, che si avvicina al Natale con una crescita fin qui a doppia cifra. Il più 20% dei primi dieci mesi del 2023 dovrebbe essere confermato dai dati di novembre e secondo il Centro Studi Promotor l’anno dovrebbe chiudere a quota 1,6 milioni di vetture. La spinta continua ormai da 15 mesi e ci sarebbero buoni motivi per proiettarsi fiduciosi verso il 2024. Senonché l’Associazione europea dei costruttori (Acea) lancia un avvertimento: l’anno prossimo il mercato dell’auto crescerà ancora, ma con una forza inferiore all’attuale (i numeri del 2023 fin qui sono generalmente buoni nei paesi dell’Unione Europea: +16,7 per cento di media, includendo Gran Bretagna e i quattro membri dell’Efta, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). Nel 2024, secondo Sigfried De Vries, direttrice generale dell’Acea, il settore auto aumenterà del 2,4 per cento, che tradotto in immatricolazioni significa circa trecentomila autovetture in più.