I dati delle scatole nere un nuovo paradigma in grado di misurare l’impatto ambientale effettivo di ogni singola auto per una politica di mobilità più equa, socialmente sostenibile e inclusiva

Un nuovo paradigma – più sostenibile, equo e inclusivo – per la misurazione delle emissioni di CO2 delle auto private, non più basato sulla classe Euro del motore ma sulla rilevazione del comportamento puntuale del singolo veicolo: è la visione del The Urban Mobility Council (TUMC), il Think Tank nato nel 2022 su iniziativa del Gruppo Unipol – presentata a Bruxelles nella sede del Parlamento Europeo da Matteo Laterza, AD di UnipolSai, e Sergio Savaresi, Direttore del Dipartimento Elettronica Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, ospiti dell’On. Giuseppe Ferrandino (Renew Europe).

Presenti, l’On. Maria Veronica Rossi, membro della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo, l’On. Massimiliano Salini, membro della Commissione per i trasporti e il turismo del Parlamento europeo, l’On. Patrizia Toia membro della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo, e Dario Dubolino Policy Officer, Commissione europea, DG MOVE.

La proposta si sposta dall’Italia al Parlamento europeo per portare un contributo al dibattito europeo e internazionale sul ruolo dei trasporti nella lotta al cambiamento climatico, tenendo in considerazione gli impatti sociali connessi all’elettrificazione dei veicoli con il supporto dei risultati della ricerca E-Private Mobility Index2 , realizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano. Questi prevedono come, nei prossimi anni, circa il 70% di auto a motore endotermico non potrà essere sostituito dall’auto elettrica per diverse ragioni: autonomia di percorrenza, ricariche, costi di produzione e quindi di vendita, etc.

In questo scenario di “convivenza” tra auto elettriche e auto a motore endotermico, i risultati sperimentali emersi dalla ricerca “Greenbox: l’uso della telematica per un nuovo paradigma di sostenibilità”, evidenziano che non tutte le auto Euro 4 sono da rottamare, e non tutte le Euro 6 sono virtuose.

I risultati della ricerca si basano sulle analisi di emissione di un campione di 3.000 veicoli immatricolati su tutto il territorio nazionale nell’anno 2022. I veicoli sono suddivisi in tre classi identiche di 1.000 auto per ciascun motore Euro 4, Euro 5 ed Euro 6; le percorrenze analizzate sono medio-alte (>15.000km/anno), sia fuori che dentro alle zone metropolitane, in modo che l’attività di mobilità sia significativa.

Dal campione dei 1000 veicoli Euro 4 e dei 1000 Euro 6 (la classe a priori ”peggiore” e quella ”migliore” di questa analisi) risulta, in maniera non sorprendente, che le emissioni medie totali effettive di CO2 degli Euro 4 per anno (4.350kg) sono superiori di circa il 20% rispetto a quelle medie degli Euro 6 (3650 kg).
Viceversa, mettendo a confronto le emissioni effettive (e non medie) dei mille veicoli Euro 4 ed Euro 6, la ricerca mostra che il 26% dei veicoli Euro 4 emette meno CO2 rispetto ad altrettanti veicoli Euro 6.

La differenza è ancora più marcata se si passa ad un confronto tra un veicolo ad ”alte emissioni” Euro 6 con uno a ”basse emissioni” Euro 4: un veicolo Euro 6 “ad alte emissioni” emette fino a 6 volte più CO2 di un veicolo Euro 4 a “basse emissioni”.
E ancora, un’analisi puntuale delle percorrenze nel solo contesto urbano, evidenzia che un veicolo Euro 6 ad ”alte emissioni” emette fino a 10 volte di più di un veicolo Euro 4 a ”basse emissioni”.

L’impatto ambientale dipende, dunque, da come e quanto viene utilizzata l’automobile, ma per catturare questa significatività occorre passare da un modello basato sulla centralità della classe di motore Euro a un modello veicolo-centrico in cui l’individuo diventa protagonista consapevole del proprio ruolo nella emissione di CO2.

Il guidatore è, infatti, determinante nella quantità di emissioni prodotte dal veicolo: lo stile di guida, la velocità media, i km percorsi, sono tutte variabili in grado di influenzare in modo significativo le emissioni dell’auto. In particolare, una velocità di percorrenza troppo elevata o troppo bassa genera, a parità di altre condizioni, una crescita significativa di emissioni di CO2.

Tale modello permetterebbe, inoltre, di non limitare la mobilità delle persone a priori rispetto a una classe di motore Euro, ma renderebbe possibile misurare il contributo effettivo di ciascuna autovettura per la sostenibilità ambientale del pianeta, rispetto a una normativa in essere che richiede un upgrade della classe Euro.

Attraverso l’uso delle scatole nere – che, nella nuova visione, assurgerebbero al ruolo di green box – il modello misura, infatti, la creazione di effetto serra di ogni singolo veicolo (CO2), sulla base – oltre che delle specifiche tecniche del motore – del tipo di strada che si percorre, del chilometraggio, della velocità media e dello stile di guida. Una misurazione che potrebbe facilmente essere estesa ad altre variabili come, ad esempio, gli inquinanti (per i centri urbani), o l’occupazione di suolo pubblico o la rischiosità per le persone.
In conclusione, la proposta è quella di un nuovo paradigma per la misurazione delle emissioni di CO2 del parco circolante di auto private; un modello one to one in grado di misurare l’impatto ambientale effettivo di ogni singolo veicolo, ponendo al centro dell’analisi non solo il motore dell’auto ma anche il guidatore.

È un nuovo paradigma che si pone inoltre l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno, che non obbliga alla rottamazione di un’auto in ragione del suo motore purché i km che percorre siano limitati e il suo stile di guida sia “green”. Una logica in cui si rende necessario che ciascuna auto sia dotata di una box dedicata e certificata, indissolubilmente legata al veicolo, e che ogni automobilista accetti che il suo stile di guida ed i chilometri percorsi siano misurati.