Carlo Giuro
Il tema delle pensioni è tornato alla ribalta nel periodo elettorale e poi come profilo di attenzione da parte del governo Meloni. Va ricordato come a inizio 2022 era stato avviato dall’esecutivo di Mario Draghi un percorso di concertazione con le parti sociali per porre in essere un intervento di riordino con tre direttrici di marcia, la flessibilità in uscita, la pensione contributiva di garanzia per i giovani e il rilancio della previdenza complementare. Lo scoppio della guerra in Ucraina con il rincaro energetico e la carenza di materie prime, associate alla forte crescita dell’inflazione avevano messo in stand-by il progetto. Si è piuttosto intervenuti con interventi di emergenza per sostenere il potere di acquisto delle pensioni.

In particolare il decreto Aiuti bis ha anticipato dal 1° gennaio 2023 al 1° novembre 2022 il conguaglio concernente il calcolo della rivalutazione delle pensioni per l’inflazione (perequazione) relativa al 2021, conguaglio, pari a due decimi di punto percentuale per giungere all’1,9%, rispetto alla perequazione già riconosciuta a decorrere dal 1° gennaio 2022 (1,7%). Si è poi disposto l’incremento provvisorio di due punti percentuali della perequazione futura, sempre con il decreto Aiuti bis, con riferimento alle mensilità di ottobre, novembre e dicembre 2022 e alla tredicesima.

La condizione posta per il riconoscimento dell’anticipo prevede che l’importo mensile dei trattamenti pensionistici del soggetto fosse pari o inferiore a 2.692 euro. Secondo le recenti stime dell’Inps l’importo medio dei benefici apportati dagli interventi redistributivi sulle pensioni è stato di 113 euro. Sempre in materia di inflazione nel novembre 2022 è stato fissato il tasso di perequazione in misura pari al 7,3% per il 2023. Ma questo non sarà dato a tutti perché costa troppo: il meccanismo di rivalutazione degli assegni in pagamento sulla base dell’inflazione da qui ai prossimi tre anni comporterà maggiori spese per 50 miliardi di euro a causa dell’aumento record dei prezzi al consumo. Quindi il governo ha confermato la rivalutazione piena del 7,3% per le pensioni fino a quattro volte il minimo (circa 2.100 euro perché per il 2022 il minimo è pari a circa 525 euro) ma ha previsto che questa percentuale scenderà progressivamente all’aumentare dell’importo dell’assegno. L’esecutivo è intervenuto in maniera tattica con la legge di bilancio anche sul fronte della flessibilità in uscita per far fronte al venir meno al 31 dicembre di Quota 102. Si rinnovano allora opzione donna, Ape sociale e si introduce un nuovo canale di pensionamento, la Quota 103, che prevede un requisito combinato di 62 anni di età e di un’anzianità contributiva minima di 41 anni.

Per quel che riguarda la previdenza complementare la principale novità del 2022 è stata l’introduzione anche nell’ordinamento italiano, come anche negli altri Paesi europei, del Pepp, il nuovo piano pensionistico individuale paneuropeo. Pur non sembrando al momento riscuotere particolare attenzione da parte degli operatori finanziari, rappresenta però un elemento di novità per riflessioni future su eventuali modifiche normative al funzionamento della previdenza complementare italiana. Il riferimento è all’introduzione di un tetto alle commissioni, a un maggior sviluppo delle adesioni on line, a rendite erogate sotto forma di riscatti finanziari programmati.

Quali sono le previsioni per il 2023? Si attende un percorso di dialogo sociale, peraltro già avviato sia dal governo nel mese di novembre per arrivare a una nuova riforma organica e strutturale delle pensioni. In materia di previdenza i temi sono più o meno gli stessi individuati dal precedente esecutivo, vale a dire l’introduzione di nuova forme di pensionamento anticipato per garantire flessibilità in uscita e turnover generazionale, grande attenzione al futuro pensionistico delle giovani generazioni e un rilancio della previdenza complementare in una visione combinata di adeguatezza complessiva delle prestazioni previdenziali.

Tra gli aspetti prioritari vi sono le agevolazioni fiscali, le modalità di erogazione della rendita al pensionamento per fronteggiare il rischio della longevità, il ruolo dei fondi pensione (e anche delle casse di previdenza) quali investitori istituzionali di lungo periodo anche con un focus sui profili di sostenibilità, ovvero Esg. (riproduzione riservata)
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