Teresa Campo
Due nuovi fondi pronti al debutto, il primo dedicato al direct lending per finanziare le pmi green in tutta Europa; l’altro, 700 milioni di valore, dedicato al real estate. Solo due esempi dell’impegno di Generali Investments verso il mondo dei real asset, nuova frontiera dell’attività del colosso triestino negli investimenti cosiddetti illiquidi, termine che in questo caso vuol dire privati e a lungo termine. E infatti i real asset spaziano dal real estate agli investimenti in infrastrutture, private equity e nel debito. Di fatto Generali si muove come finanziatore a tutto tondo, con numeri da capogiro: 64,5 miliardi euro di asset gestiti al terzo trimestre 2022 (dai 56 miliardi di fine 2021), di cui 39,5 nel mattone, 14,7 nel private debt e 10,3 nel private equity. Con quali obiettivi e strategie lo spiega Aldo Mazzocco, top manager storico nel mondo immobiliare, oggi a capo di tutti i real asset del Leone di Trieste.

Domanda. Generali punta con forza sui real asset, con un’accelerazione intorno al 20% solo nell’ultimo anno. Perché questa scelta?

Risposta. In primo luogo perché è uno dei segmenti a maggiore crescita in tutto il mondo, e non solo da quest’anno. Del resto perché fino a un anno fa, in tempi di tassi di interesse irrisori, ai minimi storici, i real asset erano le uniche attività finanziarie a offrire dei rendimenti interessanti, e in alcuni segmenti, per esempio private debt e infrastrutture, anche costanti e prevedibili. Ma non è solo questo. Per Generali investire in real asset vuol dire anche partecipare attivamente allo sviluppo dell’economia di un paese, riuscendo al contempo anche a dare un’impronta green agli investimenti: progetti sostenibili, rigenerazione urbana, infrastrutture di nuova generazione. Un esempio in questo senso è dato da Fenice 190, fondo di fondi con un piano di investimenti da 3,5 miliardi di euro in cinque anni per sostenere la ripresa delle economie europee colpite dal Covid puntando sui settori più innovativi e strategici: dalle pmi alla digitalizzazione alle infrastrutture sanitarie, di generazione e stoccaggio di energia rinnovabile.

D. Parlava di crescita veloce degli investimenti nel settore. Quanto veloce?

R. La domanda di real asset e private capital, intesa come investimenti in infrastrutture, real estate, private equity, private debt, risorse naturali è oggi molto vivace, forse anche troppo, al punto che il totale delle attività globali dovrebbe quasi raddoppiare in cinque anni, arrivando a 18,3 trilioni di dollari entro il 2027 dai 9,3 trilioni di fine 2021. Negli ultimi mesi la crescita è rallentata a a causa delle condizioni macro ma, in ottica di diversificazione degli investimenti, è qui che bisogna investire. I real asset sono per noi pilastro strategico della crescita dell’asset management nei prossimi tre anni, puntando a diventare uno dei principali investitori in Europa.

D. L’ha definita una crescita fin troppo veloce. In che senso?

R. Come accennato, fino allo scorso anno erano gli unici investimenti a offrire rendimenti interessanti. E questo ha scatenato la domanda, che man mano che cresceva in quantità, in alcuni casi ha perso in selettività. Ora la situazione si sta riequilibrando, anche perché il rialzo dei tassi, e quindi il costo del debito, e il rincaro degli asset, impongono scelte più rigorose. E’ inoltre ricomparsa la pressione competitiva degli altri investimenti finanziari più liquidi, che offrono ora rendimenti interessanti. Ma l’opportunità di diversificare una parte della allocazione su private & real asset rimane validissima.

D. Perché riunire sotto un unico cappello, quello dei real asset di cui lei è oggi a capo, attività a così ampio spettro?

R. Oltre che essere privati, illiquidi e a lungo termine, gli investimenti in real asset sono accomunati da una grande complessità nella selezione e monitoraggio degli investimenti e nel controllo dei rischi. Occorrono quindi strutture e team adeguati per essere avviati e gestiti. Generali Investments risponde alle esigenze degli investitori istituzionali globali per qualità dei processi di investimento e di gestione dei portafogli. Oltre a una capacità di gestione dei rischi risultato di 190 anni di attività assicurativa.

D. Come vi state muovendo nei singoli settori, a cominciare dal mattone?

R. Il real estate offre protezione del valore in uno scenario a elevata inflazione e rischi di recessione. Oggi il mercato è ovunque in raffreddamento per l’aumento del costo del denaro e per la riduzione della domanda di investimento comune agli altri real asset. Ma nel 2023 potrebbero tornare opportunità interessanti e il nostro team, forte di 350 specialisti, è pronto a coglierle. Attraverso i nostri 10 fondi internazionali gestiamo un portafoglio di immobili di quasi 40 miliardi, investendo fino a 3 miliardi l’anno tra acquisti e valorizzazione degli asset. Restauro delle Procuratie Vecchie a Venezia e di palazzo Berlam a Trieste, CityLife a Milano sono alcuni degli interventi simbolo in Italia, ma siamo attivi su 15 città europee.

D. E nelle infrastrutture?

R. Il debito infrastrutturale ha dimostrato di resistere alla crisi sanitaria e finanziaria in tutta Europa, genera ritorni affidabili e tutela dall’inflazione in quanto per lo più a tasso variabile. Il mercato italiano in particolare è interessante: al centro le grandi opere strategiche, dall’energia ai trasporti al digitale. (riproduzione riservata)
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