Paola Valentini
Il 2022 è stato un anno di drastici cambiamenti sui mercati e la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane ne ha risentito. Le banche centrali, in primis Fed e Bce, hanno agito sui tassi in modo rapido e deciso per combattere l’inflazione che è tornata, dopo anni di assenza, per via dello shock della guerra e del rimbalzo della domanda nel post Covid. Tutto ciò ha avuto ripercussioni sui mercati finanziari con le azioni e i bond che sono scesi insieme e ai risparmiatori sono rimasti ben pochi asset rifugio: soltanto le commodities e la liquidità hanno protetto. Risultato: nel complesso la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane che prima della guerra in Ucraina aveva superato i 5 mila miliardi di euro, attestandosi a 5.256 miliardi secondo l’ultima fotografia scattata dalla Banca d’Italia a fine 2021 (tabella in pagina), è scesa nel corso dell’anno sotto arrivando a fine giugno (in base alle ultime statistiche disponibili elaborate dall’Abi su dati Banca d’Italia, tabella in pagina) a 4.911 miliardi, ai livelli di fine 2020, prima del grande rimbalzo dei mercati del 2021 sostenuto dalle riaperture post Covid grazie all’avvio campagne di vaccinazione di massa. E i dati di fine anno dovrebbero confermare questa tendenza visto che le dinamiche dei mercati del primo semestre, primo fra tutti il rialzo dei tassi, sono proseguite anche nel secondo. Ma, guardando i singoli strumenti di investimento, il 2022 è stato anche l’anno in cui, grazie proprio al rialzo del costo del denaro, i titoli di Stato, per chi li ha sottoscritti, sono tornati a offrire finalmente rendimenti in aumento, anche se ovviamente gli investitori che già li detenevano hanno registrato perdite in conto capitale (che saranno riassorbite se i titoli sono tenuti a scadenza).

In questo contesto hanno sofferto invece i prodotti di risparmio gestito, tra cui i fondi Pir che fanno fatica a ritrovare la strada del recupero, nonostante siano esentasse (rispettate certe condizioni). Hanno avuto scarso appeal nel 2022 anche le polizze Vita di tipo unit linked (il cosiddetto ramo III), prodotti con sottostanti fondi o sicav che quindi hanno esposizione diretta ai mercati finanziari. Al contrario, il ritorno sulla scena di titoli di Stato, ha fatto ripartire la raccolta delle polizze Vita tradizionali di ramo I, i contratti assicurativi che investono i premi in gestioni separate composte prevalentemente di obbligazioni, soprattutto Btp. Movimenti che trovano conferma nello spaccato della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane: la consistenza dei titoli di Stato è aumentata dello 0,8% da fine 2021 attestandosi a giugno a 122 miliardi e probabilmente è salita ancora nel secondo semestre grazie all’ulteriore aumento dei tassi che ha spinto di nuovo i risparmiatori a prediligere questa asset class. E per il 2023 le prospettive restano positive per i titoli di Stato, Btp in prima fila, perché la correzione è stata tale da far intravvedere opportunità di rialzo. Invece le quote di fondi comuni nei portafogli sono scese da fine 2021 del 12% a 678 miliardi, le polizze Vita e i fondi pensione hanno registrato un calo dello stock dell’8,9% a 1.091 miliardi e i patrimoni in azioni sono diminuiti del 12% a 1.101 miliardi.

La protagonista assoluta è stata anche quest’anno la liquidità che proprio grazie al rialzo dei tassi ha offerto nuove chance di rilancio ai parcheggi offerti dai conti di deposito che sono tornati attraenti dopo anni di rendimenti avari, anche se garantiti: biglietti monete e depositi delle famiglie ammontano a 1.635 miliardi a fine giugno in aumento dello 0,4% da fine 2021. Ma ecco, strumento per strumento i vincitori del 2022 e le prospettive per il nuovo anno.

Risparmio gestito. Gli ultimi dati di Assogestioni mostrano che il patrimonio gestito a fine settembre è sceso a 2.192 miliardi di euro dai massimi di 2.594 miliardi di fine 2021 con una raccolta netta totale (tra fondi aperti, fondi chiusi e le varie tipologie di gestioni) di 7,37 miliardi da inizio anno, in decisa frenata rispetto agli afflussi netti di oltre 93 miliardi dell’intero 2021 e dai 69,8 miliardi dei nove mesi del 2021, anno che era stato molto positivo per le azioni e i bond, al contrario del 2022. Ma qualche segnale positivo dopo l’estate è emerso: in particolare, il saldo netto tra giugno e settembre è stato pari a +1,18 miliardi, rispetto ai 4,74 miliardi di deflussi tra aprile e giugno. Le continue incertezze geopolitiche e la volatilità hanno avuto un effetto mercato sulle masse nel trimestre quantificato dall’ufficio studi di Assogestioni nel -3%. Sul fronte dei fondi aperti, il bilancio della raccolta trimestrale risulta pari a -1,32 miliardi, per un totale da inizio anno positivo per 10,02 miliardi, rispetto ai 52,75 miliardi dello stesso periodo 2021, per un patrimonio totale di 1.066 miliardi, pari al 48,7% del totale. Confermata tuttavia la tendenza della tenuta dei prodotti azionari, che nel trimestre hanno attratto 1,73 miliardi di nuovi capitali, cifra che porta la raccolta totale netta da inizio anno per questa categoria a +17,34 miliardi. Si attenua la disaffezione dai fondi obbligazionari, con 540 milioni di deflussi nel terzo trimestre, nonostante una raccolta complessiva da inizio anno nettamente negativa per -15,82 miliardi. Nel periodo rimangono in rosso anche i bilanciati (-1,2 miliardi) e i flessibili (-2,33 miliardi), per una raccolta nei nove mesi dell’anno pari rispettivamente a +5,74 e -3,31 miliardi. Anche i fondi Pir hanno sofferto per via dell’andamento negativo delle Borse dato che questi strumenti nascono per investire in azioni di Piazza Affari, ma proprio il calo delle Borse permette di entrare su questi strumenti sfruttando l’attuale fase di debolezza. La loro raccolta nel terzo trimestre è stata pari a -315 milioni, pari a -115 milioni nei nove mesi. I fondi chiusi invece hanno attirato da inizio anno 4,61 miliardi (in aumento dai 3,79 miliardi dei nove mesi del 2021) e continuano a farsi largo grazie a nuovi strumenti lanciati dalle sgr per esporre i portafogli anche ai mercati non quotati, ma il loro peso sul totale è ancora limitato. Guardando le gestioni patrimoniali, quelle retail hanno chiuso i nove mesi con flussi netti pari a 5,3 miliardi (7,96 miliardi nei nove mesi del 2021), le previdenziali con 1,70 miliardi (2,16 miliardi nello stesso periodo 2021), le assicurative in rosso per 4,03 miliardi (1,33 miliardi tra gennaio e settembre 2021) e le altre gestioni a -10,28 miliardi (+1,81 miliardi nei nove mesi del 2021).

Polizze Vita a due velocità. Per le polizze Vita di ramo I, il 2022 è stato un anno di svolta dopo anni di costo del denaro ai minimi e di Borse positive che avevano favorito prodotti più legati all’andamento delle azioni come le polizze unit linked (il cosiddetto ramo III) o la versione multi-ramo (combinazione tra ramo III e ramo I). La repentina inversione di tendenza dei tassi ha dato una scossa alle gestioni separate, sia sul fronte della nuova produzione, sia su quello dei rendimenti dove iniziano a rivedersi i tassi minimi garantiti. Sul primo punto, il rischio di riscatti, per ora sotto controllo, ha fatto ripartire la raccolta per permettere alle compagnie di avere risorse da utilizzare in caso di rimborsi senza essere costrette a vendere i titoli, facendo emergere minusvalenze (le gestioni separate contabilizzano gli attivi al costo storico e non al valore di mercato ed essendo i loro portafogli soprattutto esposti alle obbligazioni, con il rialzo dei tassi, i titoli perdono valore, come accaduto quest’anno. Tale perdita resta teorica fino a quando non vengono venduti, poi diventa concreta).

Le banche hanno ricominciato a maggio a riattivare la raccolta sulle ramo I, poi da settembre-ottobre, si sono aggiunti gli agenti. Gli ultimi dati Ania rilevano per le ramo I una nuova produzione degli sportelli bancari di 3,17 miliardi a ottobre, in aumento del 3,7% sullo stesso mese 2021 (tabella in pagina), un valore pari al 79% della nuova produzione del canale. Il passo successivo è rivitalizzare le proposte cavalcando proprio la nuova fase di aumento dei tassi. Prometeia si aspetta un aumento a breve dei tassi garantiti delle polizze di ramo I che erano scomparsi negli ultimi anni di costo del denaro a zero. I primi segnali ci sono già: Allianz ha in collocamento una ramo I che prevede nei primi due anni un rendimento minimo del 2%.

La rivincita dei parcheggi. L’impennata dei tassi sta portando una ventata di aumenti anche nel mondo dei conti di deposito dopo oltre un decennio di offerte poco allettanti con rendimenti annuali che faticavano a stare sopra all’1% annuo. I quattro interventi della Bce da luglio fino all’ultimo di metà dicembre, hanno innescato non solo una fase di incrementi con tassi che oggi arrivano a superare il 4% sulle scadenze più lunghe (a 10 anni): stanno portando anche novità di rilievo nel settore, a partire dal ritorno di Arancio di Ing, pioniere dei conti di deposito nei primi anni 2000 quando i tassi erano ancora alti, e dall’ingresso di nuovi player come la banca spagnola Bbva. E la prossima frontiera potrebbe essere quella del tasso al 5% di pari passo agli ulteriori aumenti attesi dei tassi di interesse. C’è da dire però che il rialzo del costo del denaro ha contagiato tutti gli strumenti di risparmio tranne i conti correnti i cui tassi attivi per i risparmiatori restano ancora a zero o quasi. (riproduzione riservata)
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