Il risparmio gestito torna al centro della strategia di Unicredit. Giovedi 15 un cda di nove ore ha esaminato l’andamento del piano industriale Unlock Unicredit e ha dato il via libera alla alleanza con Azimut. Un passaggio importante, anche alla luce del rapido cambiamento nello scenario economico, che Andrea Orcel ha raccontato in un’intervista a ClassCnbc (il cui video è riprodotto su milanofinanza.it).

Domanda. Orcel, come si inserisce l’operazione Azimut nel piano di trasformazione di Unicredit lanciato un anno fa?

Risposta. E’ una operazione assolutamente coerente con il piano. In questo anno infatti ci siamo riorganizzati in modo tale da utilizzare tutte le fabbriche-prodotto che erano inizialmente nella nostra banca d’affari, su tutte le banche. Abbiamo sdoppiato la banca d’affari e viabbiamo messo tutti i clienti delle singole banche. Però utilizziamo adesso le fabbriche della banca d’affari su tutta la clientela.

D. E nel risparmio?

R. ll risparmio gestito è una delle fabbriche che vogliamo potenziare. Lo facciamo una per una. Alcune organicamente, con assunzioni e razionalizzazioni di quello che abbiamo, altre attraverso partnership. L’idea delle partnership è sempre la stessa ed è quella che abbiamo utilizzato con Allianz per il settore assicurativo. Cerchiamo veri partner, che ci permettano di avere una relazione nei due sensi. Nel caso di Azimut, loro ci permetteranno di costruire una fabbrica e di riportare in casa tutta una serie di funzioni di valore aggiunto. Al tempo stesso ci offriranno accesso ai loro clienti. Quindi loro ci danno un certo prodotto, noi diamo a loro un altro prodotto, e insieme creiamo una fabbrica comune. Secondo noi, questo è un modello che aggiunge valore senza spendere soldi non necessari per andarsi a comprare cose fuori.

D. Che impatto vi aspettate per la banca?

R. Diciamo che l’impatto sarà progressivo. Dobbiamo innanzitutto costruire questa fabbrica. Le autorizzazioni arriveranno probabilmente nella seconda metà dell’anno prossimo. Detto questo, il flusso tra Azimut e Unicredit inizierà anche prima, ma dovrà partire da livelli molto bassi, e deve costruirsi. Quindi prima che arrivi a livelli veramente visibili dovremo aspettare un pochino.

D. Conosce molto bene Azimut, fu proprio lei a quotarla nel 2004, quando era in Merrill Lynch.

R. Sì, Pietro Giuliani e io ci conosciamo da tanti anni, e questo ha facilitato la costruzione di un rapporto, e la possibilità di realizzare una cosa di questo genere.

D. Giuliani è un pioniere dell’industria del risparmio. E voi avete cinque anni per esercitare l’opzione di acquisto sulla fabbrica prodotto. Ma tra cinque anni scade anche il vostro accordo con Amundi. In futuro le potrebbe interessare comprare tutta Azimut, per essere più forti nel risparmio gestito?

R. Come Pietro ha detto più di una volta, Azimut è il talento che c’è in Azimut, e quel talento ha il controllo della propria società. Io non credo che sarà mai possibile a nessuno di fare un’acquisizione che crei valore senza avere tutta Azimut dietro. Quindi noi ci limitiamo a prendere le parti che aggiungono valore ad entrambi. Loro ci daranno tutto il contenuto e tutte le capacità per cui hanno fatto il percorso che hanno fatto durante questi anni. Non gli daremo un accesso alla nostra base clienti nella stessa maniera, quindi spero che guadagneremo tutti e due. Credo che il mercato abbia dato ragione a questa joint venture, in Borsa soprattutto nei confronti di Azimut.

D. Per il risparmio è stato un anno duro. In particolare per il rialzo dei tassi. Bce e Fed sono state molto aggressive questa settimana.

R. Credo che in Europa la situazione sia molto diversa da quella degli Stati Uniti. La Bce ha un compito molto complicato. Da una parte abbiamo un’inflazione rampante, che va combattuta. Ma questa inflazione è soprattutto generata da un problema di offerta, non di domanda. Oggi stiamo combattendo il caro energia, il caro materie prime, il caro alimentare, cercando di provocare, con i tassi, una diminuzione di domanda. E’ un equilibrio delicato, perché io potrei combattere l’inflazione ma spaccare la schiena all’economia. Speriamo che si tengano d’occhio anche gli effetti collaterali sull’economia.

D. I primi nove mesi di Unicredit sono stati record anche grazie all’incremento del margine di interesse. E ora?

R. Innanzitutto, veniamo da una decade in cui i tassi sono stati molto bassi o addirittura negativi. Quindi non viviamo una fase straordinaria, ma una normalizzazione. Il secondo elemento è che tassi elevati, soprattutto nel contesto di una stagflazione, hanno anche altre implicazioni. C’è un beneficio sul margine di interesse, e ci sono effetti avversi sulla parte investimenti, sulle commissioni e sui costi spinti dalla inflazione. Quindi il vantaggio per le banche è inferiore a quello che la gente pensa. Inoltre, in funzione di quanto profonda sarà la stagflazione, avremo un aumento del costo del rischio, che arriva sempre dopo. Quindi valutare oggi il miglioramento dei conti è prematuro, perché dovremo vedere l’impatto del costo del rischio.

D. E cosa vi dicono i vostri indicatori ?

R. Fino alla fine del terzo trimestre non vi erano segnali preoccupanti, o di rallentamento, sia in Italia che in Germania, Austria o CEE. Dal terzo trimestre il rallentamento c’è. Vediamo famiglie che esitano a prendere il mutuo sulla casa, o che esitano ad attivare credito al consumo, mentre sui conti correnti si tenta di tenere il risparmio più alto. E la stessa prudenza c’è nel settore delle imprese. Nei prossimi tre mesi capiremo se si tratta solo di cautela o di vero rallentamento. Un segnale incoraggiante arriva dal nuovo plafond di due miliardi che abbiamo messo a disposizione di famiglie e pmi per ridurre lo stress finanziario di questi mesi, rimodulando i piani di rimborso. Alla fine lo ha utilizzato un numero di clienti molto inferiore alle nostre stime.

D. La Vigilanza Bce è molto preoccupata, chiede alle banche, e anche a voi, grande prudenza. Dovrete aumentare gli accantonamenti?

R. Nei primi nove mesi del 2022 abbiamo accumulato 1 miliardo e 300 milioni di “overlays”, ovvero “spugne” di assorbimento per potenziali shock futuri che vanno oltre le previsioni dei modelli. Questo equivale al costo del rischio medio di un anno. Quindi, se l’anno prossimo il nostro costo del rischio dovesse raddoppiare, non dovremmo fare nulla, perché useremmo gli “overlays”, che continuiamo ad aumentare, per tamponare questo costo. Quindi, anche in caso di recessione, ci presentiamo con una redditività e una capacità di assorbimento di rischio molto maggiore.

D. Questo significa che i 16 miliardi di dividendi promessi nel piano sono garantiti?

R. Non abbiamo mai garantito 16 miliardi. Abbiamo detto che nel piano, considerando la generazione di capitale e la redditività che pensavamo di conseguire, saremmo stati in grado di distribuire in eccesso di 16 miliardi. Questo, però, è legato alla generazione organica di capitale e alla nostra redditività. Nel 2021 le condizioni si sono verificate e abbiamo distribuito. Nel 2022, se chiudiamo l’anno come dobbiamo, avremo la generazione, avremo la redditività, e distribuiremo. Nel 2023 succederà quello che succederà, ma siamo relativamente positivi sulla nostra capacità di mantenere le promesse di Unicredit Unlock, perché, grazie alle riserve preventive, riteniamo di poter assorbire lo scenario centrale della Bce di una recessione relativamente benigna, e quindi di poter distribuire sia il prossimo anno che quello successivo. È ovvio che se si verificasse uno scenario estremo, questa situazione non sarebbe più la stessa, ma sullo scenario base, e li intorno, ci sentiamo confidenti. Nel 2022, di fatto, abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi fissati per il 2024, o li raggiungeremo alla chiusura dell’anno. La sfida è dimostrare che li possiamo mantenere. La velocità di crociera deve restare la stessa e dobbiamo replicare nel 2023 quanto più possibile nel 2022. E credo che siamo posizionati per farlo.

D. Esclude una brutta recessione in Europa?

R. Credo che ci stiamo preparando per il peggio, ma, secondo me, il ‘23 sarà migliore di quello che la gente pensa. Il grado di adattamento che famiglie, imprese, e Governi stanno mettendo in campo è eccezionale. Quindi credo che questa elasticità permetterà all’Europa di avere un 2023 migliore delle previsioni. (riproduzione riservata)
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