LA FOTOGRAFIA SCATTATA NEL RAPPORTO DELL’OSSERVATORIO DI THE EUROPEAN HOUSE-AMBROSETTIdi Antonio Longo
Ammontano a 40,7 miliardi di euro le risorse del Pnrr destinate alla trasformazione digitale del Belpaese, la seconda tra le sei missioni per dotazione finanziaria. L’Italia è il paese europeo che alloca il maggiore ammontare di fondi alla digitalizzazione, più della somma di Spagna (17,6 miliardi), Germania (14,7 miliardi) e Francia (5,7 miliardi) messi insieme (38 miliardi di euro). È quanto si rileva dalla lettura del rapporto 2022 dell’Osservatorio sulla trasformazione digitale dell’Italia realizzato da The European House-Ambrosetti in collaborazione con Fondazione Ibm Italia e Fondazione Eni Enrico Mattei secondo cui la transizione digitale rappresenta un’occasione unica di rilancio della produttività e quindi della crescita dell’Italia, l’unico paese, tra le principali economie dell’Unione Europea, come ricordano gli analisti, ad avere nel 2021 un livello di Pil pro-capite inferiore rispetto ai livelli del 2000. Si consideri che oggi l’Italia si trova al 24° posto nell’Unione Europea per la percentuale di cittadini con competenze digitali di base, al 25° posto considerando i cittadini che interagiscono online con la p.a., in 21° posizione nella classifica delle aziende con un sito web con funzionalità avanzate. «Un’opportunità fondamentale per il sistema paese per riavviare una produttività stagnante da oltre 20 anni e concretizzare la necessaria transizione green, così strettamente connessa ai processi di digitalizzazione» evidenzia Lorenzo Tavazzi, partner e responsabile scenari & intelligence di The European House-Ambrosetti, «il legame tra le due transizioni, i principi di etica e inclusione, le necessità di cybersecurity: sono alcune delle dimensioni spesso non fotografate adeguatamente dagli indici tradizionali, ma messe al centro delle analisi dell’osservatorio».

I ritardi dell’Italia e le opportunità del Pnrr. I ritardi nella transizione digitale dell’Italia sono fotografati dal 18° posto, su 27 paesi Ue, nel Desi (Digital economy and society index). Nel 2021 la percentuale di individui che hanno utilizzato internet almeno una volta a settimana è stata pari all’80% (con un gap di otto punti percentuali rispetto alla media europea), solo il 40% dei cittadini ha interagito con la p.a. online (rispetto ad una media europea del 65%,) e solo il 56% delle imprese italiane era in possesso di un sito web con funzionalità avanzate.

In tale contesto, il Pnrr rientra tra i driver di accelerazione, in base alle stime di The European House-Ambrosetti gli impatti strutturali abilitati dal piano sono estremamente rilevanti e potranno ammontare, nel 2027, al +1,9% del Pil annuo e rimarranno persistenti fino al 2036, con un impatto cumulato potenziale del +13%.

In particolare, la digitalizzazione della p.a. e la maggiore produttività delle imprese, abilitata dalle tecnologie e dal digitale, potranno pesare per il +1,2% annuo del Pil, fornendo quindi un importante impulso per il rilancio e la competitività del sistema. «La trasformazione digitale offre nuove opportunità di sviluppo alle persone, alle imprese, alle istituzioni e alla società civile» osserva Alessandra Santacroce, direttore relazioni istituzionali e presidente Fondazione Ibm Italia. Ma, come si rileva dalla lettura del report, il Pnrr contribuirà a raggiungere gli obiettivi del Digital Compass 2030, ossia la bussola digitale per il decennio digitale dell’Ue, in ambito di trasformazione digitale delle imprese e digitalizzazione dei servizi pubblici ma non quelli relativi a competenze e infrastrutture digitali sicure e sostenibili. Infatti, gli analisti sottolineano che circa 25,4 miliardi di euro contribuiranno direttamente al raggiungimento dei target digitali Ue al 2030 con la quota più rilevante destinata alla trasformazione digitale delle imprese (14 miliardi), seguita dalla digitalizzazione dei servizi pubblici (7,3 miliardi) e dalle infrastrutture digitali e sostenibili (3,9 miliardi) mentre solo 200 milioni sono allocati alle competenze.

Quindi, allo stato attuale, il Pnrr non sarà sufficiente a raggiungere gli obiettivi legati alle competenze e alle infrastrutture digitali sicure e sostenibili, con un’ampia distanza (quasi la metà rispetto al target) nei diversi indicatori.

La spinta della transizione green. Tra i fattori trasversali individuati dal rapporto per rafforzare il processo di digitalizzazione vi è la relazione con la transizione green. Le nuove tecnologie digitali rendono, infatti, possibile un efficientamento dei consumi e dei processi. In tal senso, la strategia energetica italiana di lungo periodo prevede che la generazione elettrica dovrà passare dai 288 TWh del 2018 a 600-700 TWh entro il 2050, mentre quella prodotta da fonti rinnovabili da 117 TWh a 670 TWh, e la digitalizzazione renderà possibile tale crescita nella produzione elettrica.

«La transizione energetica, e più in generale quella ecologica, è sicuramente la sfida più critica dei prossimi anni e il suo successo sarà strettamente legato anche ai processi di digitalizzazione» sostiene Alessandro Lanza, direttore esecutivo della Fondazione Eni Enrico Mattei, «le due transizioni cosiddette “gemelle”, quella energetica e quella digitale, sono del resto connesse indissolubilmente: se da un lato la crescita della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e l’efficientamento dei processi produttivi richiedono una forte componente digitale, dall’altro l’adozione delle tecnologie digitali può indurre a un aumento della domanda di energia, a un impatto negativo legato all’aumento dei rifiuti elettronici, nonché alla crescita esponenziale del fabbisogno di materie prime critiche necessarie per entrambe le transizioni».

Secondo il rapporto, inoltre, lo sviluppo del processo di digitalizzazione deve garantire la sicurezza nell’uso dei dati e delle tecnologie digitali. La progressiva digitalizzazione di servizi fondamentali per le società e l’economia rende la cybersicurezza un’esigenza strategica. La transizione digitale investe ambiti cruciali come i mercati finanziari, le infrastrutture energetiche, i trasporti di massa, le forniture di acqua, oltre alle funzioni essenziali dello stato.
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