«L’errore più grave che stanno facendo i mercati è pensare che con l’arrivo della recessione i tassi torneranno a scendere. Sbagliato: forse non arriveranno al 7 o all’8%, ma non scenderanno dal 3 e dal 5%. E questo è lo scenario ideale per i titoli finanziari». Davide Serra, il fondatore di Algebris, sostiene di avere le idee chiare sullo scenario macroeconomico dei prossimi anni e soprattutto sulle dinamiche di investimento. La sorpresa del 2023-24, prevede, sarà la ripartenza delle commodity che seguirà alla riapertura economica della Cina. Nel frattempo la liquidità riprenderà la strada dell’Europa, visto che Wall Street, spiega, ha multipli troppo alti rispetto al Vecchio Continente. Nel suo mirino di Serra ci sono le banche, mentre resta invece scettico sul tech. E soprattutto scarica il settore delle criptovalute: «Mai visti così tanti criminali messi assieme», taglia corto.

Domanda. Serra, iniziamo dalle vostre preferenze per il 2023. Quali sono i titoli che potrebbero performare meglio?

Risposta. Il comparto europeo delle banche offre un valore pazzesco. Finora l’anomalia erano i tassi a zero, ma con i rialzi torniamo in un settore normale.

D. Ci faccia qualche esempio

R. Basta fare due conti: ci sono istituti come il Banco Santander, che non ha mai fatto perdite in 175 anni, o Standard Chartered in Asia, Hong Kong e Singapore o Barclays che è la quarta banca di investimento degli Stati Uniti, e poi italiane come Unicredit o la banca più profittevole d’Europa che è Bnp Paribas: trattano tutti circa 5 volte gli utili del 2023-24. Se si considera che l’indice europeo tratta a 12 volte e gli Stati Uniti a 20, si capisce dov’è il margine.

D. Questo però accade perché le banche incorporano il rischio della recessione e quindi di perdite sui prestiti concessi alle imprese.

R. Totalmente vero. Ma dobbiamo considerare due aspetti: la recessione in arrivo non sarà drastica ma rappresenterà una frenata, per così dire, leggera. Lo prevede anche la Bce. E il sistema bancario è in grado di tollerare un peggioramento del costo del rischio pari a quattro volte, mentre non sarà più di due.

D. Come arriva a questi calcoli?

R. L’aumento dei tassi di interesse dal 2 al 3% porterà utili aggiuntivi alle banche per 120-140 miliardi di euro. Oggi ammontano a 100 miliardi. Questo significa che andranno a 200-240. Se si guarda indietro e si esclude la bolla dei subprime, la più grande perdita sui crediti in Europa è stata tra 60 e 80 miliardi. La media normale è 30-40. Ne concludiamo che il sistema può tollerare fino a quattro volte un peggioramento, che invece, come ho detto, sarà al massimo di due volte soltanto.

D. Perché non potrebbe andare oltre?

R. Perché negli anni del Covid tutti i governi hanno aiutato le aziende e quindi hanno protetto i prestiti delle banche con delle garanzie. Inoltre sulla prima poltrona dell’Ssm, la vigilanza della Bce, c’è stato in questi anni un italiano, Andrea Enria, che ha fatto bene il proprio lavoro rendendo le banche molto solide. Quindi ora i titoli scontano un po’ in valutazione perché non sono super-sexy, però sono super-sicure. E garantiscono tranquillità anche se si è preoccupati per il rallentamento economico.

D. Però da tempo Enria raccomanda prudenza agli istituti. Alcune banche, come Intesa Sanpaolo, hanno cominciato a vendere asset per mettere fieno in cascina. E soprattutto si teme un nuovo blocco della distribuzione dei dividendi. Una stretta che le valutazioni potrebbero non aver ancora scontato.

R. La cosa più importante è che gli utili si facciano. Che poi il regolatore ti dica di non distribuirli quest’anno ma il prossimo non fa una grande differenza. Semplicemente apriremo il salvadanaio più tardi. Concordo invece sugli avvertimenti della Bce e sulla necessità di rimanere cauti fino all’uscita dalla recessione. Ma se hai un capitale del 13-14% e fai 100 di utili, ne puoi distribuire il 50, 60, anche il 70%. Ovvio che ci sono grandi differenziazioni. La media europea è intorno a 12-13. Unicredit, ad esempio, fa 14-15 e potrebbe distribuire una quota più alta.

D. Nel dettaglio, che cosa vi piace?

R. In verità noi differenziamo tra equity e credito. Se una banca gioca in difesa, è meglio investire nel credito. Se si muove in attacco, nelle azioni. Secondo noi, il primo al momento offre più valore. Possiamo investire in Unicredit o in Intesa Sanpaolo ed essere pagati sulle obbligazioni, dai perpetui al Tier 2, con una cedola sicura tra il 9 e il 10%. Invece per investire in equity bisogna essere sicuri che gli utili si possano fare e che il regolatore ti permetta di distribuirli. Ma, visto che stiamo anche entrando in una fase di recessione economica, al momento il credito, a parità di rischio, garantisce più valore.

D. Vede segnali di nuove operazioni di consolidamento?

R. A livello domestico le aggregazioni continueranno. Sicuramente in una fase di rallentamento si starà più attenti. Ma nel 2024-25 chi ha passato indenne la tempesta accelererà sul consolidamento.

D. L’importante è che per allora resti sano anche il bilancio del Paese. Dopo gli ultimi annunci da falco della Bce lo spread si è allagato e c’è il rischio di un impatto anche sulle banche. Il governo italiano ha protestato.

R. Il governo si metta l’anima in pace. Nel momento in cui l’inflazione è al 10% l’unica cosa che non puoi fare è tenere i tassi a zero. E non ci vuole un laureato in Economia per capirlo. Arriveremo sicuramente al 2-3%. D’altronde da quando sono nato, e ho 51 anni, la media italiana è sempre stata intorno al 6%. Se andiamo al 3% non ci lamentiamo.

D. Nel frattempo però il debito pubblico è schizzato a 2.770 miliardi di euro.

R. Sì, siamo a circa il 150% del prodotto interno lordo. Anche se, in termini assoluti, il debito è aumentato, ma in rapporto al pil è sceso. La media europea è intorno al 100, la Francia sta al 110%. Di fatto negli ultimi quattro o cinque anni abbiamo ridotto il gap. Sia perché noi non siamo drammaticamente peggiorati sia perché gli altri sono venuti nella nostra direzione. In ogni caso lo spazio per fare altro debito non c’è.

D. Secondo lei, la prima manovra di bilancio targata Meloni dimostra che il governo ha capito?

R. Direi di sì. Avevano promesso, secondo i miei calcoli, misure per 170 miliardi. Ne hanno spesi 30. Quindi sono intelligenti. Lo spazio era limitatissimo quest’anno, come sarà per il prossimo. E per fortuna abbiamo i fondi del Pnrr, altrimenti la situazione sarebbe molto precaria. In ogni caso possiamo tranquillamente pagare tassi al 2 o al 3%. Anche perché ormai il 70% del debito pubblico è in mani italiane. E il governo paga interessi che poi tassa.

D. Sempre considerando che le banche centrali si fermino al 3%…

R. Hanno completamente sbagliato le previsioni nel 2022. L’aggettivo «temporary» per definire l’inflazione è stato criminale. La realtà è che fin da prima della guerra la transizione ambientale da sola comportava un rialzo dell’inflazione del 2-3%. Poi con il conflitto tutto è esploso. Ma nel 2023 avremo una riduzione delle attività belliche perché la Russia ha ormai finito le munizioni. E la politica Zero Covid in Cina – altro fattore destabilizzante – mostra la corda.

D. Ha citato la tecnologia; impossibile non considerare la frenata del comparto

R. Fin dall’anno scorso ho suonato l’allarme sui multipli troppo alti. Ma se prendiamo l’indice S&P500 a 3.900-4.000 punti e consideriamo che ha utili stimati per quest’anno di 200, ci rendiamo conto che tratta a 20 volte gli utili. Il resto del mondo non è a 20, ma tratta multipli di 12-13. Anche perché all’inizio del conflitto gli investitori asiatici hanno spostato liquidità dall’Europa verso gli Usa, gonfiando i prezzi. Ora però il capitale tornerà indietro perché l’America è troppo cara. E inizia a esserci valore in Europa, soprattutto nel comparto finanziario.

D. È un comparto che si incrocia con la tecnologia e con gli asset digitali. Che cosa pensa degli attuali scandali nel mondo cripto?

R. Mai visti così tanti delinquenti tutti assieme. Hanno utilizzato linguaggio da videogame per la più grande frode della storia. Hanno preso delle noci di cocco e hanno detto: questa è una nuova valuta. Lavorano su persone a bassa educazione finanziaria cercando di fregare loro i soldi. Avete mai visto un prodotto finanziario serio aver bisogno di star del cinema, dello sport o instagrammer per fare pubblicità? Se si vuole proteggere i propri risparmi, bisogna stare in qualcosa di controllato e regolamentato, il resto è gambling, ovvero scommesse, utile solo se si vuole giocare al casinò.

D. A proposito di pronostici: quale sarà la sorpresa del 2023? La cosa più inattesa su cui puntare?

R. Le commodity stanno scontando la recessione. Ma, complice la ripartenza della Cina, che ormai è imminente, torneranno a salire. Ma il vero tema è che anche grazie a questa ripartenza l’inflazione non scenderà. Inutile credere che tornerà sotto il 2-3% dopo il 2023. Avremo tassi alti a lungo. E lo scenario, come ho detto, è il più favorevole possibile per i finanziari.

(ha collaborato Adolfo Valente)
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