L’ANALISI DELLE INIZIATIVE MESSE IN CAMPO DALLE AZIENDE. FLESSIBILITÀ E CONCILIAZIONE AL TOP
di Antonio Longo
Le Pmi che adottano strumenti di welfare aziendale generano un maggiore impatto sociale su persone e comunità. Ma il welfare contribuisce anche all’aumento di produttività e fatturato nonché rappresenta un argine di resilienza contro gli effetti della pandemia, garantendo maggiore slancio nella ripresa. È quanto si rileva dalla lettura della settima edizione del rapporto Welfare index Pmi 2022, promosso da Generali Italia con il patrocinio della presidenza del Consiglio dei Ministri e con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio, sullo stato del welfare nelle piccole e medie imprese italiane. In base agli esiti dell’indagine, oltre il 68% delle Pmi ha superato il livello base di welfare aziendale, raddoppia, inoltre, il numero di Pmi con livello molto alto e alto, passando dal 10,3% del 2016 al 24,7% del 2022. Il focus analizza, in particolare, dieci aree: previdenza e protezione, salute e assistenza, conciliazione vita – lavoro, sostegno economico ai lavoratori, sviluppo del capitale umano, sostegno per educazione e cultura, diritti, diversità, inclusione, inoltre condizioni lavorative e sicurezza, responsabilità sociale verso consumatori e fornitori, welfare di comunità. La spesa totale del welfare pubblico e privato italiano nel 2021 ammonta a 785 miliardi. L’80% di tale flusso, 627 miliardi, è a carico dello stato. Una quota molto rilevante, 136,6 miliardi (pari al 17,4% del totale), è a carico diretto delle famiglie, in media 5.300 euro per famiglia. Una terza quota, molto più piccola, è quella del welfare aziendale e collettivo con 21,2 miliardi, il 2,7% del totale.

Non solo grandi aziende. Il welfare aziendale delle imprese deve fare i conti con la frammentazione e la dimensione molto piccola della maggior parte delle aziende nonché con la necessità di introdurre competenze specialistiche e di relazioni con i sistemi di servizio. La quota di imprese con livello elevato di welfare è massima (70,7% nel 2022 contro 64,1% nel 2017) tra quelle con oltre 250 addetti e molto rilevante (66,8% contro 59,8% nel 2017) nelle Pmi tra 101 e 250 addetti. Raddoppiano le microimprese (da 6 a 9 addetti) con un livello elevato di welfare che passano dal 7,7% del 2017 al 15,1% del 2022. A giudizio degli esperti, l’incremento è dovuto in buona parte alla semplificazione delle normative e alle risorse pubbliche stanziate per la protezione sociale, incoraggiando le aziende, anche le più piccole, a impegnarsi a propria volta a sostegno delle famiglie. Come evidenziato nel report, le misure di welfare favoriscono anche l’occupazione di giovani e donne, promuovono inclusione e diversità, incentivano formazione e sviluppo del capitale umano. Peraltro, nel 2021 l’utile delle Pmi con livello di welfare elevato è risultato doppio rispetto a quelle con welfare a un livello base (6,7% contro 3,7%)

Gli ambiti di impatto sociale. Il welfare aziendale è divenuto un fattore determinante di sostenibilità, generativo di valore economico per le imprese e di valore sociale per le comunità. Le Pmi con welfare più evoluto ottengono un maggiore impatto sociale sui propri stakeholder, inoltre le imprese che concepiscono il welfare come leva strategica di sviluppo sostenibile sono raddoppiate, dal 6,4% del 2016 al 14,1% del 2022. Ben l’87,5% di tali aziende genera un impatto sociale di livello elevato, contro una media generale del 38%. Delle dieci aree del welfare aziendale, quelle in cui le imprese sono più impegnate sono sicurezza e condizioni lavorative (74% delle Pmi con livello alto e molto alto), welfare di comunità (66,5%), diritti, diversità e inclusione (47,8%) e formazione e sviluppo del capitale umano (40,6%). Gli ambiti di impatto sociale più importanti sono la promozione del lavoro e della mobilità sociale, la possibilità offerta ai giovani di raggiungere un’occupazione stabile, il sostegno ai diritti e alle pari opportunità per le donne lavoratrici. La quota di donne con ruoli di responsabilità è del 29,6% nelle imprese con livello di welfare iniziale e sale al 38,7% nelle imprese con livello di welfare molto alto. Quattro imprese su dieci non hanno alcuna donna tra i responsabili ma questa quota scende al 14% tra quelle con livello di welfare elevato.

Aumentano produttività e fatturato. Gli analisti evidenziano che le imprese con un welfare più evoluto ottengono performance di produttività decisamente superiori alla media, crescono molto più velocemente nei risultati economici e nell’occupazione. Nel 2021 l’utile sul fatturato delle aziende con livello di welfare molto alto è stato doppio rispetto a quello delle aziende a livello base, 6,7% contro 3,7%. Altrettanto significativo è risultato il divario nel margine operativo lordo pro capite che misura la produttività per singolo addetto: tra le imprese con livello molto alto di welfare aziendale l’indice di produttività Mol / fatturato è cresciuto dal 9,4% nel 2019 all’ 11% nel 2021, rispetto ad un incremento dello 0,2% tra le imprese ad un livello base di welfare.

Strumento di resilienza. Le Pmi con un welfare più evoluto hanno tenuto meglio nella pandemia e dimostrato maggiore slancio nella ripresa. Ad esempio, nel gruppo di imprese appartenenti ai settori economici più colpiti dalla crisi, il margine operativo lordo per addetto nel periodo 2019 – 2021 è cresciuto del 50,5% tra le Pmi con livello elevato di welfare, mentre è diminuito del 15% tra quelle con livello base. Allo stesso modo, l’indice di redditività (utile / fatturato) è cresciuto di 2 punti percentuali tra le prime e di 0,4 punti percentuali tra le seconde.

Flessibilità e conciliazione vita – lavoro. Dal monitoraggio dei contratti aziendali sottoscritti tra il 2015 e il 2021 nel settore terziario, distribuzione e servizi, emerge che in ambito di welfare aziendale la contrattazione collettiva regolamenta prevalentemente soluzioni di flessibilità organizzativa e di conciliazione vita – lavoro, presenti nell’86% dei contratti. Ciò emerge dai dati riportati nella quinta edizione di “Welfare for people”, report curato da Intesa San Paolo e dalla Scuola di alta formazione in relazioni industriali e di lavoro Adapt in cui si evidenzia che risultano molto diffuse anche le previsioni sui buoni pasto (49%) e sui buoni acquisto (49%) e una percentuale significativa si registra anche in materia di formazione continua (28%) ed educazione e istruzione (23%). In termini di importanza e diffusione, mantengono un certo peso gli ambiti della previdenza complementare (21%), dell’assistenza sanitaria integrativa (16%) e delle assicurazioni contro gli infortuni professionali ed extraprofessionali (16%). In materia di sanità integrativa, la maggior parte dei Ccnl analizzati (44 su 58, pari al 76% del totale) prevede l’iscrizione obbligatoria e automatica dei lavoratori impiegati nelle aziende che applicano il contratto ai fondi negoziali di settore.

Per quanto concerne le prestazioni garantite dai fondi, emerge una sempre più ampia capacità di copertura sia degli oneri a carico dell’utente per le prestazioni sanitarie del sistema sanitario nazionale sia di prestazioni integrative rispetto ai livelli essenziali di assistenza (Lea) che il Ssn fornisce ai cittadini. Partendo dalla copertura del rischio di non autosufficienza le misure si caratterizzano essenzialmente per l’erogazione diretta di prestazioni socio-sanitarie attraverso strutture convenzionate oppure, in alternativa, di rimborsi per le spese sostenute per sé o, in alcuni casi, anche per i propri famigliari, al fine di usufruire di misure che vanno dai servizi fisioterapici all’assistenza domiciliare attraverso figure quali colf e badanti. Frequente è anche la previsione di rendite da corrispondersi agli iscritti entro determinati limiti di tempo. In generale, gli analisti sottolineano che il welfare aziendale rappresenta uno strumento fondamentale per interpretare le nuove dinamiche del mercato del lavoro e per fronteggiare le contingenze dall’impatto del Covid alla crescita dell’inflazione, contribuendo a sostenere il reddito disponibile delle famiglie.
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