L’ISTITUTO DI FRANCOFORTE PUBBLICA UN’ANALISI SPIETATA SULLA MONETA DIGITALE
di Marcello Bussi
Il bitcoin «va verso l’irrilevanza». Così sentenzia un articolo postato sul blog della Bce. Le posizioni espresse sono quelle degli autori e non rappresentano necessariamente le opinioni della Banca Centrale Europea e dell’Eurosistema. Ma il fatto che sia stato scelto questo articolo firmato da Ulrich Bindseil e Jürgen Schaaf (il primo direttore generale della divisione Infrastruttura di Mercato e Pagamenti della Bce, il secondo un advisor della stessa), pubblicato originariamente su Handelsblatt, la dice lunga sull’aria che tira all’istituto di Francoforte. Si tratta di una demolizione sistematica del bitcoin mentre quasi ogni giorno fallisce una società del settore cripto.

Bindsell e Schaaf osservano che il bitcoin «è usato raramente per transazioni legali». Creato «per superare il sistema monetario e finanziario esistente», è stato «commercializzato come valuta digitale decentralizzata globale». Ma nei fatti non è così perché «il design concettuale e le carenze tecnologiche lo rendono discutibile come mezzo di pagamento: le transazioni in bitcoin sono poco maneggevoli, lente e costose. Il bitcoin non è mai stato utilizzato in misura significativa per transazioni legali nel mondo reale». E non è adatto neanche come investimento perché «non genera flussi di cassa (come gli immobili) o dividendi (come le azioni), non può essere utilizzato in modo produttivo (come le materie prime) o fornire benefici sociali (come l’oro). La valutazione di mercato del bitcoin si basa quindi esclusivamente sulla speculazione».

Le bolle speculative, sottolineano Bindsell e Schaaf, «si basano sull’afflusso di nuovo denaro. Il bitcoin ha anche ripetutamente beneficiato di ondate di nuovi investitori. Le manipolazioni da parte di singoli exchange o fornitori di stablecoin durante le prime ondate sono ben documentate, ma lo sono meno i fattori stabilizzanti dopo il presunto scoppio della bolla in primavera».

Affrontando il tema della regolamentazione Bindsell e Schaaf tengono a precisare che questa «può essere fraintesa come un’approvazione». In realtà non è così. Intanto solo negli Stati Uniti il numero di criptolobbisti è quasi triplicato passando da 115 nel 2018 a 320 nel 2021. Sarà per questo che «mentre l’Ue ha concordato un pacchetto normativo completo con il Mica, il Congresso e le autorità federali negli Stati Uniti non sono ancora riusciti a concordare regole coerenti»? Insomma, il bitcoin è un’americanata pompata dai soldi dei lobbisti.

Bindsell e Schaaf concludono in crescendo: «Poiché il bitcoin non sembra essere adatto né come sistema di pagamento né come forma di investimento, non dovrebbe essere trattato come nessuno dei due in termini normativi e quindi non dovrebbe essere legittimato. Allo stesso modo, il settore finanziario dovrebbe diffidare dei danni a lungo termine derivanti dalla promozione degli investimenti in bitcoin, nonostante i profitti a breve termine che potrebbero realizzare. L’impatto negativo sulle relazioni con i clienti e il danno reputazionale all’intero settore potrebbe essere enorme, una volta che gli investitori in bitcoin avranno subito ulteriori perdite». Il giudizio sembra inappellabile. (riproduzione riservata)
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