ENASARCO, ENPAIA E ENPAF NON ADERIRANNO ALL’ACCORDO, MA L’OBIETTIVO È UNA GOVERNANCE CONDIVISA
di Anna Messia
Comincia a delinearsi una certezza intorno alla partita che sta per aprirsi per la definizione della nuova governance di Banco Bpm. Riguarda il fatto che il patto di consultazione che oggi coagula le fondazioni di origine bancaria e gli enti di previdenza rappresentando circa l’8,28% -secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza- non si allargherà con le quote degli altri enti entrati di recente nel capitale dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna. L’ultimo ad aggiungersi al patto, l’estate scorsa, era stato Inarcassa ma per ragioni diverse le altre tre casse previdenziali che si sono aggiunte in seguito -Enasarco, Enpaia ed Enpaf- non avrebbero alcuna intenzione di imitarla. La prima, che è anche quella che appare più rilevante, è legata al fatto che con il loro apporto il patto supererebbe la soglia del 10%, considerando l’1,97% in mano ad Enasarco, cui si aggiungerebbe lo 0,65% di Enpaia e lo 0,3% circa di Enpaf. Una quota superiore al 10% potrebbe comportare la necessità di chiedere autorizzazioni alle autorità in un momento in cui la natura di questi patti (come ha dimostrato il caso Generali) appare ancora dibattuta. Non solo. A questo si aggiunge il fatto che le posizioni tra le varie casse, come già riportato da MF-Milano Finanza, non appaiono perfettamente allineate riguardo al futuro assetto di governance della banca di Piazza Meda. Ecco perché sembra ormai certo che verrà mantenuto lo status quo, ma la volontà resta comunque quella di lavorare a un assetto che metta tutti d’accordo intorno alla riconferma di Castagna al vertice, con il riconoscimento unanime dei buoni risultati raggiunti dalla banca durante la sua gestione. Assodato appare anche il fatto che nel nuovo consiglio di amministrazione che sarà voltato in primavera ci sarà spazio per i francesi del Credit Agricole, primi soci privati di Banco Bpm con il 9,2% che potrebbero tra l’altro, a quanto pare, anche arrotondare ulteriormente la loro partecipazioni a ridosso del 10%. Una lista unica quindi, oltre a quella dei gestori di Assogestioni, che faccia spazio ai consiglieri indicati dall’attuale board e ai quattro rappresentati degli altri investitori, due della casse e delle fondazioni e due per la Banque Verte. Nomine che dovrebbero comunque lasciare ampio spazio agli indipendenti e alla rappresentanza femminile in consiglio, con l’intenzione, appunto di dare il miglior assetto di governance possibile per l’istituto e anche i nuovi entranti vorranno con ogni probabilità dire la la loro. Ma su nomi e altre poltrone in ballo per il nuovo assetto la discussione è ancora tutta aperta, con ben poche certezze. (riproduzione riservata)
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