di Antonio Patuelli
Ciascuno ha costituzionalmente la massima libertà e responsabilità di scelte fra le più diverse tipologie e modalità con cui effettuare i pagamenti. Ciascun metodo ha comunque dei costi, anche quelli effettuati in contanti li hanno. Infatti, oltre ai costi di fabbricazione delle banconote e delle monete, anche la gestione del contante è onerosa sia per le banche, sia per gli esercenti che spendono per conservarlo adeguatamente, per trasportarlo e depositarlo in sicurezza; si tratta di costi non trascurabili.

Gli strumenti di pagamento elettronici finora sono stati incentivati innanzitutto con il 30% di credito di imposta per le imprese con fatturato annuo fino a 400.000 euro, a sostegno dell’installazione e dell’uso di strumenti elettronici idonei ai pagamenti. Le innovazioni tecnologiche e la sempre più forte concorrenza nei sistemi di pagamento contribuiscono a ridurre progressivamente i costi degli strumenti elettronici. Inoltre, negli anni della pandemia, il metodo «contactless» è stato crescentemente preferito per i pagamenti proprio perché evita il passaggio di mano in mano sia delle carte di credito, sia del denaro contante, con evidenti vantaggi di prudenza sanitaria.

Comunque la sempre crescente diffusione, a sempre minori costi, degli strumenti di nuovissima tecnologia è un processo storico di evoluzione inevitabile che non deve limitare le libere e responsabili scelte di pagamento di ciascuno per ogni volta.

Qualsiasi decisione il parlamento prossimamente assuma sui limiti ai contanti e sull’uso dei pos, rimarranno ugualmente inalterate e sempre vigenti le normative internazionali antiriciclaggio recepite con tempestività anche dalla Repubblica Italiana.

Le banche, gli operatori finanziari ad esse assimilati ed i professionisti di varie attività giuridiche ed economiche concernenti il denaro hanno, infatti, l’assoluto ed inderogabile dovere di segnalare con tempestività al ministero dell’Economia e delle Finanze, il superamento delle soglie rilevanti di trasferimento del denaro e debbono, inoltre, registrare quotidianamente nei propri archivi informatici antiriciclaggio tutte le operazioni (bonifici, versamenti, prelievi, investimenti, erogazioni di mutui, ecc.) di importo uguale o superiore a 5.000 euro affinché confluiscano nell’archivio informatico antiriciclaggio a disposizione delle varie autorità competenti.

Inoltre, mensilmente, le banche, le Poste, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento sono obbligati ad inviare alla Uif (Unità di informazione finanziaria) un flusso di notizie riguardanti tutte le operazioni in contanti superiori a 10.000 euro, anche se frazionate in più operazioni.

Anche gli assegni di importi pari o superiori a mille euro debbono essere obbligatoriamente non trasferibili e debbono specificare la chiara indicazione del beneficiario dell’importo dell’assegno stesso.

A supporto di questo imponente, obbligatorio ed ineludibile continuo lavoro, le banche e gli operatori finanziari per legge ad esse assimilati ed i liberi professionisti competenti debbono possedere sempre aggiornate procedure e programmi tecnologici per effettuare in continuità tali controlli e le doverose tempestive segnalazioni alle competenti autorità.

Comunque, le banche, tramite procedure tecnologiche specifiche, debbono effettuare, per ciascun cliente, da tali soglie, le verifiche delle movimentazioni che possono rilevare in applicazione degli accordi internazionali e delle norme nazionali antiriciclaggio, provvedendo, in caso di eventuali anomalie, ad inviare le relative segnalazioni di operazioni sospette alla Uif. (riproduzione riservata)

*presidente Abi
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