Prometeia: l’economia meglio per previsto. Ma timori per il debito pubblico senza più Bce
Inflazione al 5,8 per cento. Dubbi sulle tariffe elettriche
di Carlo Valentini

Un anno turbolento ma il rendiconto è da infiocchettare: l’economia italiana ha marciato meglio di quelle degli altri grandi Paesi europei ed è ciò che ha consentito di attenuare, in parte, gli effetti negativi dell’inflazione, del caro-prezzi, della crisi ucraina. Il Rapporto di fine anno di Prometeia, la società di ricerche econometriche fondata da Beniamino Andreatta, rivede all’insù i dati. Lo stato di salute dell’economia è migliore di quanto era stato previsto. Il prodotto interno lordo sarà quest’anno del 3,9%, sostenuto da una domanda interna del 4,7%. Dice Lorenzo Forni, a capo di Prometeia: «La crescita dell’economia italiana è stata superiore a quella tedesca e francese. Per il futuro lo scenario è fragile perché si prevede un forte rallentamento dell’economia mondiale nel 2023 determinato anche dal rialzo dei tassi da parte delle Banche centrali, che però riusciranno a ridurre l’inflazione. L’Italia sarà coinvolta in questa stagnazione internazionale che non è recessione poiché non ci sarà un crollo dei consumi». Dice il Rapporto: «I rischi sono tanti, il percorso è una volta ancora stretto, ma l’economia italiana potrebbe uscire dalla crisi energetica tenendo il ritmo delle altre maggiori economie dell’area euro, dopo aver mostrato una resilienza perfino superiore nel post pandemia, come mai era avvenuto negli ultimi 25 anni. La sorpresa-Italia può continuare anche nel 2023».

Comunque bisognerà fare attenzione alle nubi che assilleranno il prossimo anno, con un pil che crescerà solo dello 0,4% e una domanda interna che si fermerà allo 0.6%. La parte mediana dell’anno riuscirà a correggere il segno negativo (-0,3%) del primo trimestre ma nonostante il Pnrr bisognerà attendere il 2024 per tornare a crescere. A incidere su questi andamenti sono i vari fattori che stanno sferzando i sistemi produttivi, a cominciare dall’inflazione «che sta fortemente erodendo- aggiunge Forni – la capacità di spesa delle famiglie ma anche creando problemi alle imprese poiché il costo dei mutui si sta alzando sia per le aziende che per le famiglie».

Prometeia prevede che già il prossimo anno l’inflazione in Italia sarà in discesa: 5,8%. E’ sbagliato criticare la Bce per l’aumento dei tassi. Spiega Pierpaolo Benigno, economista all’università di Berna: «Più si ritarda la cura più aumentano i costi per riportare l’inflazione a un livello normale, attorno al 2%. Le banche centrali non possono che ridurre la domanda aggregata per incidere sull’inflazione. Prevedo che negli Stati Uniti sarà mantenuto per un tempo prolungato il tasso imposto dalla Fed e anche in Europa occorre intervenire con decisione e continuità. Quanto al problema, chiamiamolo così, politico: il governo non si deve occupare dell’inflazione, ma degli effetti dell’inflazione. É compito della politica monetaria mettere in atto quanto è necessario per mettere sotto controllo l’inflazione, senza che vi siano invasioni di campo governative».

Tra i problemi che sta vivendo l’economia mondiale vi è quello della guerra in Ucraina. Quanto sta costando, a parte le spese militari? Finora 46,6 miliardi di dollari, finanziati così, secondo la tabella proposta da Prometeia: 12 miliardi usciti dalla Banca centrale ucraina, 9,9 arrivati dagli Stati Uniti, 7,3 dall’Unione europea, 6,9 dai governi locali ucraini, 2,6 dal Fondo monetario internazionale, 1,5 dalla Germania e uguale importo dal Canada, uno dall’Inghilterra e dalla Banca mondiale, 720 milioni dalla Banca europea degli investimenti, 581 dal Giappone, 437 dalla Francia, 330 dall’Italia, 106 dall’Olanda, ecc.

Altro problema quello energetico. È previsto in discesa il prezzo del gas che si assesterà nel 2025 attorno a 50 euro a MWh, assai più dei 5 euro del 2019 ma lontano dai picchi dei 200 e oltre mentre il petrolio nel prossimo triennio dovrebbe avere una quotazione stabile attorno agli 80 dollari al barile, superiore ai 60 del 2019 ma con alle spalle i quasi 120 toccati tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022. Le previsioni sono quindi abbastanza positive però la crisi energetica è stata un duro colpo per famiglie e imprese, costringendo i governi a reagire. In particolare la Germania sta investendo in aiuti e sussidi (dal 2021 al 2024) oltre 250 miliardi di euro, l’Italia circa 80, la Francia 55 e la Spagna 35. Dice Stefania Tomasini, economista di Prometeia: «La formazione delle tariffe in Italia pone non pochi interrogativi. Sono cresciute anche quando il prezzo del gas è calato. C’è evidentemente qualcosa che non funziona». La sorpresa è il gran parlare che si fa delle energie rinnovabili che invece fanno nella realtà passi indietro. La quantità di energia da fonti rinnovabili è infatti passata da 86.932 gigawattora (2019) a 75.738 (2022) mentre il consumo di gas non è diminuito, anzi vi è stato un leggero incremento: da 107.283 gigawattora (2019) a 107.940 (2022).

Quanto al caro-prezzi, «quelli delle materie prime – aggiunge Tomasini – caleranno più di quelli dei prodotti agricoli poiché questi ultimi risentono del fatto che Russia ed Ucraina erano i maggiori fornitori di fertilizzanti e ora vi sono difficoltà di produzione e commercio. Inoltre sulle materie prime incidono le vendite al dettaglio in calo in Cina, dove il quarto trimestre dell’anno è stato assai debole e anche se ci sarà un rimbalzo nel primo trimestre 2023 poiché vi cadrà il Capodanno cinese, la crescita dell’intero anno sarà inferiore a quella prevista dal governo e tutto questo raffredderà i prezzi».

Il grande interrogativo riguarda il debito pubblico (la Banca d’Italia detiene 700 miliardi di Bot), che non godrà più dell’ombrello della Banca centrale europea, quindi i titoli di Stato emessi a copertura del disavanzo dovranno essere sottoscritti da investitori privati. Dice Lorena Vincenzi, economista di Prometeia: «Una parte del debito in scadenza non verrà rinnovato dalla Bce e quindi dovrà essere assorbito da investitori privati, quindi ci sarà un aumento dei tassi per invogliare all’acquisto». Nel 2021 il nuovo debito ammontò a 105 miliardi e la Bce acquistò titoli italiani per 151 mld, quest’anno il nuovo debito è stato di 78 mld e 62 sono stati rastrellati dalla Bce. I problemi incominceranno il prossimo anno con un debito in aumento previsto di 127 mld e con la Bce che anziché acquistare, venderà titoli di Stato italiani per 28 mld, nel 2024 il nuovo debito sarà di 91 mld e la Bce ne venderà per 31 mld. In pratica si dovrà fare da soli.

Infine un’annotazione sul mercato del lavoro: l’Italia è l’unico tra i grandi Paesi Ue in cui l’offerta di lavoro non è tornata ai livelli pre-Covid, è segno che il calo demografico incomincia a produrre i suoi effetti. «Ma è singolare e non accettabile», conclude Tomasini, «che accanto a una forte richiesta di mano d’opera inevasa da parte delle aziende vi sia il non invidiabile primato di giovani che non lavorano».
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