di Carlo Giuro
Qual è lo stato dell’arte della previdenza complementare in Italia? Attingendo alle ultime rilevazioni aggiornate della Covip a settembre del 2021 le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono pari a 9,571 milioni, in crescita di 229 mila unità (+2,5 %) rispetto alla fine del 2020.

Come però si sottolinea nell’ultima Relazione annuale della Autorità di Vigilanza sui fondi pensione presieduta da Mario Padula l’an damento delle adesioni alla previdenza complementare continua a mostrare un quadro variegato; si evidenzia infatti un gender gap, tra uomini e donne, in termini di iscrizioni, una limitata partecipazione dei giovani, un divario territoriale tra Nord e Sud. Vi è poi ancora un ridotto livello di partecipazione nel pubblico impiego, ragion per cui è in corso di introduzione anche tra i dipendenti pubblici del silenzio assenso (al momento si prevede solo per il fondo pensione Perseo Sirio). Per quel che riguarda il profilo dimensionale le risorse destinate alle prestazioni sono, a fine settembre 2021, pari a 208,5 miliardi di euro, circa 10,5 miliardi in più rispetto a fine 2020. Nei fondi negoziali, l’attivo netto è di 63,9 miliardi di euro, il 5,8% in più. Nelle forme di mercato, ammonta a 27,6 miliardi nei fondi aperti e a 42,2 miliardi nelle polizze individuali pensionistiche (pip) nuove aumentando, rispettivamente, dell’8,9 e dell’8,1%.

Per quel che riguarda i rendimenti, nel 2021 sono stati in media positivi, soprattutto per le linee di investimento caratterizzate da una maggiore esposizione azionaria grazie all’andamento favorevole dei mercati finanziari. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti dei nove mesi del 2021 si sono attestati, rispettivamente, al 3,1 e al 4,1% per fondi negoziali e fondi aperti; nei pip di ramo III (unit linked) sono stati pari al 7,3%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari allo 0,9%. Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, nel periodo da inizio 2011 a fine settembre 2021, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,7% per i fondi negoziali, al 3,8% per i fondi aperti, al 3,8% per i pip di ramo III e al 2,3% per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del Tfr (ovvero la tradizionale asticella con cui si confrontano i risultati dei fondi pensione) è risultata pari all’1,9% annuo.

Un ulteriore dato finanziario da evidenziare per il 2022 è legato poi alla riflessione avviata dalla Covip sul ruolo delle linee garantite, in ragione del perdurare di una situazione di tassi bassi, unitamente a comportamenti individuali che, spesso in modo inerziale, rischiano di non ottimizzare nel lungo periodo le opportunità concrete in termini di prestazioni attese. Come evidenzia la Relazione annuale sul 2020 della Covip ciò, anche nella prospettiva di valorizzare il principio della graduale riduzione del rischio nel corso del ciclo di vita, con valori più elevati all’inizio e rischi molto più bassi nella fase conclusiva. (riproduzione riservata)
Fonte: