La fotografia dell’INAIL sul settore del terziario avanzato evidenzia l’evoluzione del numero di persone occupate e del valore aggiunto prodotto

Nel settore terziario sono ricompresi i servizi di tipo più tradizionale, come i trasporti o il
commercio, e i servizi di tipo avanzato, contraddistinti da una alta produttività (valore aggiunto per unità di lavoro) e da un profilo di istruzione medio-alto del personale che vi lavora.

Questi settori sono identificati dall’Istat (secondo la classificazione Ateco – Nace 2007) con le lettere K, L ed M. Il primo di essi comprende le attività bancarie, assicurative, finanziarie e previdenziali; il secondo le attività di gestione e compravendita di immobili; il terzo le attività professionali, tecniche e di ricerca scientifica.

Al di fuori di questi tre gruppi, ma comunque ad altissimo contenuto tecnologico e di innovazione, vi sono le attività di telecomunicazioni, di produzione di software, di consulenza informatica e servizi connessi, che sono ricomprese nell’attiguo settore J, che sarà oggetto di successivo approfondimento.

Secondo i dati di contabilità nazionale di fonte Istat, nel 2019 questi tre settori sommati tra loro occupavano poco più di 2,5 milioni di persone, quasi equamente divisi tra dipendenti e autonomi (1,27 milioni i primi e 1,25 milioni i secondi).

La parte del leone la fa il settore M, che racchiude in sé il folto gruppo delle libere professioni tecniche, legali, veterinarie e contabili (poco più di un milione di individui) e un altrettanto cospicuo gruppo di lavoratori dipendenti (due terzi di milione), per un totale che sfiora gli 1,7 milioni; nel 2020 tali valori sono rimasti pressoché invariati, con una crescita dei dipendenti (+1%) e una leggera decrescita degli indipendenti (-0,5%).

Il settore K, che racchiude tutte le attività che hanno al centro il denaro, è il secondo in ordine di dimensioni, con oltre 635mila addetti, in gran parte dipendenti (521mila); nel corso del 2020 il numero di addetti si è ridotto del 2,6% (-0,6% nei dipendenti ma addirittura -11,7% negli indipendenti, tra i quali si evidenziano gli agenti di assicurazione, brokers, subagenti e procacciatori, i mediatori creditizi, i periti assicurativi e i consulenti finanziari).

Infine il settore L delle attività immobiliari è il più piccolo, con soli 187mila addetti (184mila nel 2020, -1,7%), divisi tra circa 80mila dipendenti e 107mila indipendenti (si pensi agli agenti immobiliari e agli amministratori di condominio). Nel corso dell’anno scorso i dipendenti sono rimasti invariati mentre gli autonomi del settore sono diminuiti del 2,8%.

Nel complesso, i tre comparti nel corso del 2020 hanno visto crescere leggermente il numero dei dipendenti (+0,3%), ma diminuire quello dei lavoratori indipendenti (-1,7%), cosicché il totale è sceso appena sotto la soglia dei 2,5 milioni di addetti (-0,7%), pari esattamente al 10% degli occupati totali.

terziario

Per operare un confronto, è utile ricordare che nel totale dell’economia nazionale, gli occupati sono diminuiti del 2,1% come sintesi di un declino dei dipendenti (-1,7%) e di una forte contrazione dei lavoratori autonomi (-3,2%).

Il valore aggiunto prodotto dal terziario avanzato

Se si analizza il valore aggiunto prodotto dal terziario avanzato, si può osservare che nel 2019 esso era un quarto del totale nazionale, quota che nel 2020 grazie alla maggiore resilienza di queste attività ad alta specializzazione era salita al 26,6% (prodotto come si è visto poc’anzi da un decimo degli occupati totali).

Dei tre comparti, quello delle attività immobiliari, seppur piccolo, è quello che produce più della metà del valore aggiunto del raggruppamento (circa il 54%), seguito dalle attività professionali, tecniche e ricerca scientifica (quasi un quarto del totale) e infine dalle
attività finanziarie e assicurative (poco più di un quinto del totale).

Di fondamentale importanza è il calcolo del valore aggiunto per addetto: nella media dei quattro anni precedenti la pandemia, ogni singolo addetto del terziario avanzato aveva prodotto 155-158 mila euro di valore aggiunto, contro i circa 61mila della media nazionale generale, vale a dire che la produttività in questo raggruppamento è di ben 2,6 volte la produttività nazionale.

In conclusione, uno sguardo veloce alla struttura delle imprese presenti in questi comparti: l’Istat ha appena aggiornato al 2019 l’archivio ASIA che contiene molti dati sull’universo delle imprese; da esso emerge che in tale anno vi erano poco meno di 1,1 milioni di imprese attive nei settori K, L, M che equivale al 24,8% delle imprese totali attive (quasi 4,4 milioni).

Per come è composto, ci si può attendere che il raggruppamento presenti una struttura aziendale orientata a dimensioni molto piccole; e infatti, il 98,9% di esse aveva meno di 10 addetti, contro il 94,8% a livello nazionale, mentre il numero medio di addetti per impresa era pari a 2 contro i 4 della media nazionale.

Spiccano i valori anomali delle attività dei servizi finanziari (soprattutto banche) e delle attività di assicurazioni, riassicurazioni e fondi pensione, rispettivamente con 29 e 212 addetti medi per impresa, come è logico attendersi. Nelle imprese fino a 9 dipendenti sono impiegati quasi due terzi del totale degli occupati di questo raggruppamento (64,4%), contro il 43% dell’intera economia nazionale.

Fonte: DATI INAIL