La quota del gruppo Caltagirone nelle Generali è ulteriormente salita all’8%. Insieme con la partecipazione della Delfin di Leonardo Del Vecchio sfiora il 16% e compie un nuovo passo per raggiungere (e forse superare?) la quota di Mediobanca che, con il prestito titoli di circa il 4%, si attesta oltre il 17%. Va, poi, tenuto conto dell’alleato di quest’ultima, la De Agostini , con oltre l’1% e, con una quota similare, della componente del Patto di consultazione Del Vecchio-Caltagirone, la Fondazione Crt. Intanto, si è in attesa di conoscere il testo definitivo del richiamo di attenzione a proposito della lista dei candidati all’elezione negli organi deliberativi e di controllo che sarà pubblicato dalla Consob dopo aver valutato i risultati della consultazione pubblica chiusa il 17 dicembre scorso. Se, per ipotesi, i componenti del Patto decidessero di seguire la stessa strada di Mediobanca e di stipulare anche essi – l’uno o l’altro che siano – un prestito titoli a somiglianza di quanto ha fatto Mediobanca – complessivamente considerati supererebbero la quota dell’Istituto di Piazzetta Cuccia sulla base dei rapporti odierni e, naturalmente, non potendosi prevedere altri cambiamenti che nel frattempo potrebbero sopravvenire.

Va, però, considerato che sul prestito in questione non vi è stata ancora una pronuncia delle competenti autorità. Diversi osservatori si sono pronunciati per ribadirne la legittimità e finora nessuno l’ha messa in forse, ponendosi piuttosto il problema del modo in cui il finanziamento influisce sull’elezione degli organi aziendali per poi essere subito dopo restituito. Alla critica anche dei componenti il patto, ammesso e non concesso che nessun indirizzo venga dato intanto dagli organi competenti, potrebbe seguire il trattamento con la stessa moneta, anche se ciò comporta un onere che non si sa quanto l’uno o l’altro siano disposti a sostenere a fronte della diretta acquisizione dei titoli.

In ogni modo, la contesa è entrata nel vivo e per la prima volta nella storia Mediobanca deve fare i conti con antagonisti che mettono in forse la sua posizione di primo azionista delle Generali. In passato, non erano mancati tentativi ostili o su chiamate amichevoli. Ma ciò avveniva in una sostanziale opacità che, almeno in un’occasione, fu rotta dalla reazione a difesa dell’autonomia della compagnia da parte di alcune principali banche e fondazioni, nonché della Banca d’Italia che ai tempi, secondo azionista, possedeva circa il 5% del Leone. Ricordo che, all’epoca, si levarono alti i lamenti per l’intervento di Bankitalia che, innanzitutto, difendeva il proprio investimento in una, come si è detto, con l’autonomia del Leone, data anche la natura estera dell’attacco alla compagnia. Poi, compresa bene l’azione dell’istituto di Via Nazionale, le critiche si tramutarono in elogi.

Oggi, al contrario, la competizione si svolge alla luce del sole. Non vi sono blasoni che possano costituire un qualche impedimento. Anzi, questo tenace confronto non può non riverberarsi a favore delle Generali. Ma, mentre salgono le partecipazioni dei componenti il Patto – e così si applica, in una sorta di contrappasso, il detto spesso citato da Enrico Cuccia «titolo quinto, chi ha i soldi ha vinto» – si manifesta l’esigenza di un programma alternativo a quello della lista del cda della compagnia. Un programma che dia altresì la motivazione del forte impegno che si sta dimostrando con la progressiva ascesa delle interessenze. Anche, per ora, la rappresentazione di sole linee generali programmatiche costituirebbe un importante passo avanti. E tale pubblicazione andrebbe accompagnata, sin dal prossimo gennaio, quanto meno con l’indicazione di quelli che si progetta saranno i principali componenti della lista alternativa, riguardanti, ad esempio, le due posizioni apicali di amministratore delegato e di presidente. Sarebbe una significativa innovazione. (riproduzione riservata)

Angelo De Mattia
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