LA COMMISSIONE RUOCCO VUOLE SENTIRE BANKITALIA
di Elena Dal Maso
Entra di nuovo nel vivo la storia dei diamanti collocati attraverso gli sportelli bancari. La vicenda delle pietre da investimento vendute da alcune banche a prezzi gonfiati, diventata poi inchiesta penale con una stima di circa 1,4 miliardi di valore transato, sta per compiere ben dieci anni. Ieri ha avuto luogo un’udienza a Milano nell’ambito del maxi processo (105 imputati), legato alle pietre preziose, in cui il giudice per le indagini preliminari, Manuela Scudieri, ha analizzato il tema dell’inclusione della fallita IDB, una delle società coinvolte, come responsabile civile. Vi sarà una seconda udienza il 23 dicembre.

Nel frattempo, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, la Commissione di inchiesta sulle banche, presieduta da Carla Ruocco, dovrebbe sentire direttamente il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il 20 gennaio, dopo che la settimana scorsa il programma Report, trasmesso da Rai3, ha fatto emergere, spiega Ruocco, «profili inquietanti relativamente alla vicenda della vendita di diamanti ai propri clienti da parte dei maggiori istituti di credito operanti sul territorio nazionale». Dal canto suo Bankitalia, nella comunicazione successiva alla trasmissione, ha spiegato «di aver esercitato specifiche azioni di moral suasion nei confronti delle singole banche coinvolte». A fine ottobre, intanto, è stata più che dimezzata la lunga lista dei candidati a essere parti civili nel procedimento per la presunta maxi truffa sulla vendita di diamanti a prezzi gonfiati che vede imputate 105 persone e cinque società, tra cui Banco Bpm, Unicredit, Mps e Banca Aletti. Il gup di Milano Scudieri ha escluso oltre la metà delle circa 600 parti offese individuate dalla Procura. Tra quanti si sono visti rigettare l’istanza ci sono il Codacons, il Movimento Difesa Cittadino sezione di Verbania, Assoutenti, Codici e Confconsumatori, chi non ha presentato querela o chi ha già avuto un ristoro raggiungendo una transazione con gli istituti di credito. «Appare ingiusta la decisione del Gup di escludere come parti civili coloro che non avevano presentato denuncia o querela, infatti la parte civile è il danneggiato e non la persona offesa», interviene Camilla Cusumano, avvocato dello studio Legals, con delega Adusbef.

La vicenda dei diamanti da investimento venduti allo sportello di alcune banche a prezzi gonfiati è partita nel 2012 nei resoconti della procura di Milano, si è chiusa nel 2021 (nel 2017 è intervenuto l’Antitrust con una multa) e ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio di 105 persone e cinque società, di cui quattro banche. Due gli intermediari coinvolti: International Diamond Business spa (in fallimento) e Diamond Private Investment spa (in liquidazione). L’indagine è stata condotta dalla Procura di Milano, sotto la direzione del pubblico ministero, Grazia Colacicco, che ha operato con il supporto del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono truffa, autoriciclaggio, riciclaggio, corruzione fra privati e, in un caso, ostacolo all’autorità di vigilanza. I clienti che avevano investito nelle pietre preziose si sono trovati in mano diamanti che poi sul mercato hanno scoperto valere in media il 30%, con punte del 20%, di quanto loro avevano pagato.Le persone giuridiche per cui è stato chiesto il processo sono Banco Bpm, che insieme a un suo ex dirigente (Maurizio Faroni), dovrà anche rispondere di ostacolo all’autorità di vigilanza (l’istituto è nato nel 2017, dalla fusione del Banco Popolare e di Bpm, ereditando il dossier diamanti), la sua controllata Banca Aletti, Unicredit, Banca Mps e Idb. Altre due società indagate, Intesa Sanpaolo e Dpi, hanno invece chiesto il patteggiamento, ottenendo già il parere favorevole della procura. (riproduzione riservata)

La truffa dei diamanti è gravissima: fare chiarezza
di Angelo De Mattia
Il caso diamanti è molto grave, come molto gravi sono i fatti raccontati dalla trasmissione Rai Report. Fatta questa doverosa premessa, a breve sapremo qualcosa in più sugli sviluppi del procedimento disciplinare a carico del funzionario della Banca d’Italia, Carlo Bertini, in relazione alla vicenda della vendita di diamanti da parte del Monte dei Paschi, quale emersa nel rapporto ispettivo stilato da un team di cui Bertini era il coordinatore. Questi, anche per gli sviluppi che il caso ha registrato, ha assunto la figura del whistleblower, come apparso nella recente trasmissione televisiva, dopo che l’amministrazione dell’Istituto lo ha sospeso dal servizio e dallo stipendio, chiedendone la sottoposizione a visita medica psichiatrica, che, comunque, alla fine lo ha ritenuto idoneo alla funzione ricoperta. Non è facile una pronuncia completa sul caso, dal momento che la Banca, come ha comunicato pure a Report, essendo in corso l’esame dell’Autorità giudiziaria e vigendo il segreto istruttorio, non ha potuto rassegnare specifiche informazioni sulla vicenda, almeno per ora. Perché si deve arrivare a tanto? Facciamo pure astrazione dalle constatazioni e dai rilievi che l’ispettore avrebbe formulato per una complessa vicenda che vedrebbe, a meno che ciò risulti poi smentito dai fatti, intrecci con poteri occulti e criminali, constatazioni e rilievi poi da lui sostenuti con pervicacia nella Banca di Via Nazionale, nei previsti confronti interni successivi al sopralluogo. Esiste il problema che riguarda attribuzioni e limiti che incombono agli ispettori di Vigilanza. In base al Testo unico bancario, essi devono riferire sugli accertamenti compiuti esclusivamente al Governatore che, poi, è tenuto a valutare e a inoltrare l’ eventuale ” notitia criminis” all’Autorità giudiziaria. Tuttavia, nel corso degli anni le Procure, privilegiando l’obbligatorietà della segnalazione del ” fumus” di reato, sono passate ad interrogare direttamente sugli accertamenti, come persone informate dei fatti, l’ispettore o gli ispettori coinvolti. Ci si aspetta, dunque, che, per le informazioni fin qui rese pubbliche, il caso Bertini trovi una soluzione certo non rigoristica. Del resto, è proprio il coinvolgimento dell’Autorità giudiziaria che dovrebbe portare a una tale conclusione evitando scelte, quale quella della perizia psichiatrica, che diventano un “boomerang” per chi le promuove. Contemporaneamente, sarà fondamentale tornare ad approfondire i problemi normativi e applicativi sopra richiamati. La Banca d’Italia ha tutte le risorse per volgere in positivo questa dolorosa vicenda.Infine una nota conclusiva. Spero vivamente di avere udito male una parte del discorso riportato da Report con il quale la Vice Direttrice generale di Bankitalia, Alessandra Perrazzelli, dice a Bertini di lasciarsi scivolare addosso la vicenda. Sarebbe incredibile l’inverso. (riproduzione riservata)
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