di Luca Gualtieri
Anche se l’attenzione del mercato è tutta rivolta alla nomina del nuovo ceo dopo la defenestrazione di Jean Pierre Mustier e all’evoluzione del dossier Mps, il management di Unicredit non perde di vista gli altri cantieri aperti in queste ultime settimane dell’anno. Cantieri che potrebbero avere qualche punto di contatto con le scelte sul fronte del consolidamento. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, venerdì 4 sarebbero la banca avrebbe formalmente aperto la gara per l’individuazione del nuovo partner assicurativo. Gli info memorandum sono stati inviati a tutti gli operatori industriali potenzialmente interessati che ora avranno circa un mese di tempo per presentare le offerte non vincolanti, attese subito dopo l’Epifania.

Sul piatto c’è il portafoglio di polizze nel ramo Vita derivante dalla scadenza della joint venture tra Unicredit (affiancata da Kpmg) e il gruppo inglese Aviva (assistita da Morgan Stanley). Il valore complessivo dell’asset è stimato in circa 3 miliardi in termini di raccolta premi.

L’avvio della gara era atteso da qualche mese e già diversi operatori l’avevano messa nel radar, ma solo ora potrà entrare nel vivo. Qualche banker ritiene peraltro che il processo potrebbe intrecciarsi con le future scelte di Unicredit sul fronte del consolidamento. Se per esempio la banca scegliesse una fusione con Mps, tenersi le mani libere sul fronte assicurativo potrebbe risultare vantaggioso. Siena ha infatti una storica partnership con i francesi di Axa che sarebbe complesso e costoso sciogliere. Per certi versi si tratta di una situazione simile a quello in cui si trova Banco Bpm. Il gruppo guidato da Giuseppe Castagna potrebbe infatti interrompere la collaborazione bancassicurativa con Cattolica dopo l’ingresso di Generali nella compagine azionaria del gruppo veronese. In qualche banca d’affari si ritiene che la clausola di change of control potrebbe rivelarsi provvidenziale per il Banco, spianando così la strada a un merger of equal con la Bper.

Si tratta comunque di scenari su cui ancora nulla è certo. Se da un lato il ceo di Bper Alessandro Vandelli ha recentemente raffreddato le speculazioni del mercato su un’eventuale aggregazione con il Banco, un intervento di Unicredit su Mps appare ancora tutto da costruire. Sul deal infatti non c’è unità di vedute né in piazza Gae Aulenti, né soprattutto nel mondo politico. Dopo i recenti scontri tra Pd e Cinque Stelle sul tema della dote fiscale per l’operazione, ancora ieri il governatore della Toscana Eugenio Giani ha criticato l’ipotesi di un’aggregazione tra Mps e Unicredit: «Lavoreremo insieme per indurre il governo a mantenere le sue quote in Mps e per fermare il processo, di cui si paventa un’accelerazione, per la fusione con Unicredit», ha dichiarato il politico Pd al termine di un incontro con i sindacati. «La situazione economica in Toscana è di estrema gravità», ha proseguito Giani, «e come sul piano dell’emergenza sanitaria si affronta il Covid con tutti gli interventi necessari allo stesso modo dobbiamo essere consapevoli che l’emergenza economica non può tollerare progetti quali la fusione del Mps con Unicredit».

In piazza Gae Aulenti comunque la partita più calda resta la nomina del nuovo ceo dopo il passo indietro di Mustier. Se l’head hunter Spencer Stuart è al lavoro e gli incontri si stanno succedendo a ritmi serrati, un primo aggiornamento è previsto nel cda di giovedì. Molti i profili nella rosa, dall’ex Mps Marco Morelli all’ex Ubi Victor Massiah, dall’ex Bnl Andrea Munari al dg di Fincantieri Fabio Gallia, da Bernardo Mingrone (Nexi) ad Alberto Nagel (Mediobanca), senza dimenticare i manager interni (come Carlo Vivaldi o Francesco Giordano) e gli ex manager come Marina Natale (Amco), Roberto Nicastro (AideXa) e Pietro Modiano (ex Carige). Le tempistiche? L’obiettivo del cda e del futuro presidente Pier Carlo Padoan è accelerare quanto più possibile per concludere il passaggio di testimone entro il mese di gennaio. (riproduzione riservata)

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