di Andrea Montanari
La partita per l’individuazione del banchiere che dovrà prendere il posto di Jean Pierre Mustier alla guida di Unicredit è entrata nel vivo. E se, come noto, il pallino è nelle mani del comitato nomine, presieduto da Stefano Micossi, e del cacciatore di teste Spencer Stuart, ci sono anche altri attori, oltre alle authority, che sono interessati alla vicenda e che, in qualche modo, intendono avere voce in capitolo. Anche perché la prossima primavera dovrà essere rinnovato l’intero board, presidenza compresa. Così, secondo quanto ricostruito in ambienti finanziari, chi vuole avere un ruolo è Leonardo Del Vecchio. Il primo socio di Mediobanca (11%), nonché azionista di peso di Generali (4,8%) detiene da anni una partecipazione che sfiora il 2% (1,925%) nel capitale della banca milanese. Il secondo uomo più ricco d’Italia, secondo quanto si apprende, mantenendo pur sempre una posizione defilata vorrebbe coalizzare il fronte italiano chiamando a raccolta le fondazioni bancarie presenti nel capitale, a partire da Crt: un fronte che somma il 3,5% e che assieme alla partecipazione di Delfin arriva al di sopra della soglia del 5%. L’intenzione sarebbe quella di dare voce, e soprattutto rappresentanza, al côté non solo per la scelta della nuova guida operativa di Unicredit ma anche per avere poi dei rappresentanti nel nuovo board. Ed è su questa falsariga che si stanno muovendo i grandi investitori istituzionali internazionali a partire da Blackrock (5,075%) e Capital Research (5,02%), attenti osservatori della partita legate alla nomina del successore di Mustier. Un ulteriore fronte da non sottovalutare, visto il peso azionario, nel quale potrebbe avere un qualche ruolo, seppure non vi sia alcuna conferma in tal senso, anche il finanziere Davide Serra, sempre attento alle tante partite di aggregazione bancaria in corso sul mercato italiano come esplicitato anche a fine novembre in un intervento su Class Cnbc.
I nomi in lizza sono noti: si va da Fabio Gallia (ex Bnl e Cdp) a Victor Massiah (ex Ubi), da Bernardo Migrone (Nexi, ex Unicredit e Mps) ad Alberto Nagel (Mediobanca). Non va dimenticato che l’addio di Mustier a Unicredit è collegato ai piani in corso – lo scorporo delle attività italiane e la nascita della subholding da quotare a Francoforte – che non collimavano con la volontà del governo di trovare un futuro più solido sul mercato per Mps. Non è un segreto che l’esecutivo, in particolare il Pd, – il neo presidente di Unicredit Pier Carlo Padoan è un esponente di spicco del partito – sia a favore di un merger proprio con l’istituto di Gae Aulenti. In tal senso va ricordato che, come riferito da www.milanofinanza.it, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, prima di ogni operazione di cessione o variazione di capitale nel Mps, dovrà riferire in Parlamento: M5S è contrario a questa opzione. Intanto, ieri, è arrivata l’ufficialità dell’uscita di scena di Mustier che non riceverà alcuna indennità. Il banchiere ha rinunciato anche agli eventuali diritti del piano d’incentivazione 2020-2023, mantenendo il possesso del pacchetto azionario, oltre 486 mila titoli, vale a dire circa 3,6 milioni di euro. (riproduzione riservata)

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