di Lucio Sironi
Più risparmi e meno consumi. Come si è visto questa è stata la risposta data dagli italiani – ma il fenomeno riguarda un po’ tutti i Paesi – alla situazione di pressione, economica e anche emotiva, prodotta dalla pandemia e dalla conseguente serrata delle attività. Non proprio l’ideale per uno Stato che già prima che scoppiasse il virus aveva estrema necessità di risollevarsi, figurarsi adesso che per far fronte alle varie emergenze provocate dal covid-19 il ricorso al debito è oltremodo aumentato, imponendosi ancor più come il vero problema del Paese e dunque degli italiani. Il punto è che le prospettive non sono quelle di una rapida inversione di tendenza. Così almeno sostiene la Banca d’Italia nelle sue «Proiezioni macroeconomiche per l’economia italiana», la cui conclusione è che nel triennio 2021-23 la ripresa dei consumi delle famiglie sarà «più graduale» rispetto a quella del Pil, «frenata da una ancora elevata propensione al risparmio precauzionale», che a sua volta sarà riassorbita «solo gradualmente». Gli investimenti recupereranno dopo la forte caduta di quest’anno, «in misura più accentuata di quanto atteso a luglio (nel bollettino economico, ndr), sospinti dagli interventi finanziati con i fondi Next Generation Eu nonché dalle favorevoli condizioni di finanziamento». Tra le altre considerazioni di natura macro-economica c’è il fatto che l’inflazione è destinata a rimanere molto bassa nel 2021, risentendo degli ampi margini di capacità inutilizzata che frenerebbero gli aumenti salariali e si tradurrebbero in politiche di prezzo prudenti delle imprese. Salirebbe poi gradualmente, portandosi all’1,2% nel 2023. Insomma, la fotografia di una economia che non tira.

E come potrebbe essere diversamente? Quella italiana si è trasformata causa covid in una società sussidiata, nella quale è cresciuto a dismisura il numero di quanti, tra reddito di cittadinanza e cassa integrazione e altri sostegni pubblici, deve la sua sopravvivenza non alla propria produzione ma all’intervento dello Stato. Il tutto aggravato da una questione demografica sfavorevole, con un numero di pensionati che tende a fare il pari con quello dei lavoratori-versatori di contributi previdenziali.

Una situazione che può reggere ancora per molto, conoscendo quali sono le condizioni delle finanze di Stato? Da qui la preoccupazione che ha cominciato a circolare circa qualche intervento riequilibratore di natura eccezionale, che andrebbe a gravare – neanche a dirlo – sulle spalle di quella fascia di popolazione che in questo frangente è riuscita a mantenere un reddito e magari anche a mettere da parte qualche soldo, tra depositi bancari e conti correnti. Soldo a cui guardano due affamati contendenti: lo Stato stesso, che ha la necessità di emettere debito pubblico e di pagare almeno gli interessi ai suoi prestatori, e dall’altro l’economia reale, ossia le industrie, che richiedono finanziamenti per sostenere investimenti e mantenere la loro competitività. Per questo è impensabile, in questa situazione, che un tale volume di risparmio come quello accumulato durante il 2020 continui a rimanere improduttivo. Per cui o sono gli stessi italiani a decidersi a rimetterlo in circolo, o dovrà agire qualcun altro. Forse anche per questo, guardando a questo imbuto con uscita obbligata, Bank of America di recente ha indicato Piazza Affari come uno dei mercati azionari con maggior potenziale di crescita per almeno la prima parte del 2021. Un aspetto che non può dispiacere a chi fa il mestiere del consulente finanziario. (riproduzione riservata)

Fonte: