Non c’è soltanto la contesa legale tra Cattolica-Banco Bpm a creare appeal sul settore bancassicurativo. In ballo c’è anche il riassetto 
di Aviva con Unicredit e Ubi: Intesa e Unipol sono pronte ad approfittarne

Anna Messia
La polizza allo sportello si scalda, tra gare bancassicurative milionarie e cause legali da capogiro. La cronaca di questi giorni ha visto esplodere il caso di Banco Bpm-Cattolica, con la banca guidata da Giuseppe Castagna che ha deciso di esercitare prima del tempo l’opzione di acquisto del 65% delle due joint venture (Vera Vita e Vera Assicurazioni) che condivide dal 2018 con la compagnia assicurativa di Verona. La motivazione addotta dalla banca è che Cattolica, dopo l’ingresso nel suo capitale da parte delle Generali con il 24,46%, ha di fatto cambiato controllore, considerando che Trieste ha stretto un ampio accordo industriale e ha forti poteri di veto in assemblea e in cda. Una tesi rispedita al mittente da Cattolica, che è pronta a chiedere alla banca guidata da Giuseppe Castagna un esborso complessivo di 500 milioni. Di questi, circa 400 milioni sarebbero relativi alla differenza tra quanto pagato da Verona tre anni fa alla costituzione delle due joint venture, ovvero 853,4 milioni, e i 335,7 milioni che la banca dovrebbe pagare secondo quanto stabilito dagli accordi per l’esercizio dell’opzione. Ma al conto Cattolica è pronta ad aggiungere altri 100 milioni per i danni subiti con la mossa di Banco Bpm annunciata al mercato martedì 15 dicembre.

Uno scontro legale destinato a durare a lungo e che dà la misura dell’attenzione che si è formata in questi mesi sul comparto delle polizze assicurative vendute agli sportelli bancari, considerando che le banche, in un periodo di tassi d’interesse negativi e di aumento delle sofferenza creditizie, vedono sempre di più nell’intermediazione assicurativa una fonte di guadagno importante. In riassetto in questi mesi, oltre alla partita Cattolica-Banco Bpm, c’è una fetta importante del mercato bancassicurativo italiano che coinvolge Unicredit, Intesa, Ubi e Bper, per citare i dossier più caldi, sfiorando anche Fineco. Nel caso della banca di Unicredit in ballo c’è la fine dell’accordo di joint venture con gli inglesi di Aviva cui è collegato un portafoglio di premi del valore di circa 3 miliardi di euro. In questo caso si tratta di polizze vita (essenzialmente gestioni separate) che potrebbero finire in pancia a operatori specializzati in run-off, ovvero nella gestione dei vecchi portafogli da portare a scadenza (come Cinven, Athora o GamaLife) e tra l’altro nei giorni scorsi l’Ivass ha diffuso un documento in pubblica consultazione per aumentare le tutele dei clienti oggetto di passaggio di gestione delle polizze.

Ma bisognerà anche verificare le eventuali mosse degli altri due parner assicurativi di Unicredit, ossia Cnp e Allianz. Il riassetto della compagnia inglese in Italia coinvolge tra l’altro anche l’alleanza con i consulenti finanziari di Banca Fineco e in questo caso si tratta di un accordo decisamente più attivo. Oltre che una partnership con la Banca Popolare di Bari. Partite che rivestono tutte un forte interesse, osserva Paolo Gualtieri, docente di Economia dei Mercati e degli Intermediari Finanziari all’Università Cattolica di Milano. «D’altronde il business assicurativo destinato ad avere un peso crescente per le banche». La pandemia ha fatto crescere la propensione al risparmio degli italiani, «con i conti correnti che hanno sfiorato la cifra record dei 1.700 miliardi e in un mercato a bassi tassi d’interesse questa liquidità potrà affluire verso le polizze assicurative che dalla loro hanno la caratteristica di essere percepite come meno rischiose rispetto a fondi o sicav», aggiunge Gualtieri, secondo il quale in questa fase di incertezza i clienti cercano protezione e ciò «avvantaggia le compagnie».

Uno scenario roseo che fa crescere il valore delle compagnie di bancassicurazione e di cui potranno beneficiare sia le banche sia le assicurazioni. Sempre che, come ha fatto Intesa Sanpaolo, non si decida di tenere in casa tutti gli utili mantenendo nel gruppo anche l’intero business assicurativo. Una decisione che per l’istituto guidato da Carlo Messina si è rivelata vincente e ora in arrivo ci sono anche gli sportelli di Ubi, che ha appena sciolto la sua alleanza con Aviva rilevando l’80% delle joint venture per 400 milioni. Una parte di quegli sportelli, come previsto dagli accordi, finirà a Bper e in questo caso a beneficiarne dal punto di vista assicurativo sarà Unipol, già alleata della banca modenese.

Unipol segue con interesse anche la partita tra Cattolica e Banco Bpm. Lo scioglimento delle joint venture potrà infatti lasciare le mani libere alla banca per una possibile operazione straordinaria con Bper e di sicuro da Bologna sarebbero pronti ad approfittarne per crescere allo sportello. (riproduzione riservata)

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