di Bianca Pascotto

La perdita di un congiunto per mano altrui deve essere sempre risarcita quando integra i requisiti del danno non patrimoniale e un tanto indipendentemente dal legame di consanguineità, di convivenza con il deceduto e con lo stile di vita biasimevole di quest’ultimo.

È quanto portato dalla recente sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato tre concetti fondamentali:

1) il principio della convivenza non è elemento essenziale per la risarcibilità del danno da perdita parentale;

2) non è necessario il vincolo di sangue, ma una stabile relazione affettiva;

3) l’attitudine di vita del deceduto ancorché illecito o riprovevole, non incide sul diritto al risarcimento.

IL FATTO

Una pattuglia di Carabinieri in servizio nota che da un veicolo, fermo in un parcheggio, escono tre soggetti che si addentrano a piedi nel greto di un fiume, zona nota allo spaccio di stupefacenti.

Un carabiniere si avvicina ai tre i quali, una volta accortisi della presenza del gendarme, lo minacciano; l’appuntato estrae la pistola e la arma, ma nello scendere lungo la scarpata inciampa ed il colpo partito accidentalmente colpisce a morte uno dei tre fratelli.

Il giudizio penale si chiude con l’archiviazione. I congiunti, mamma e i tre fratelli della vittima – due germani, l’altro unilaterale – agiscono avanti al Tribunale di Brescia per il risarcimento del danno sofferto per la morte del famigliare.

Il Tribunale condanna il Ministero della Difesa e dell’Interno al risarcimento della somma di € 300.000 a favore della madre ed ad € 100.000 a ciascuno dei tre fratelli, sentenza che viene impugnata dai Ministeri sia perché ritengono non sussistere la responsabilità, sia perché deve essere riconosciuto un concorso di colpa da parte della vittima, sia perché l’importo del danno liquidato al fratello unilaterale Caio, doveva a essere ridotto in ragione del minor legame affettivo che sussisteva con la vittima.

La Corte d’Appello di Brescia conferma la sentenza di primo grado ed il Supremo Collegio viene investito della questione dai due Ministeri con tre sostanziali motivi di ricorso:

1) erronea ricostruzione della dinamica dell’evento;

2) esistenza del concorso di colpa della vittima;

3) erronea liquidazione del danno ai superstiti.

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