di Nicola Carosielli
Il risultato forse era atteso, eppure è impossibile restare impassibili davanti agli ultimi dati diffusi da Istat sul turismo in Italia. Nei primi nove mesi del 2020, sono calate del 50,9% le presenze negli esercizi ricettivi, con quasi 192 milioni di presenze in meno. Uno profondo shock che però, precisa l’Istituto, arriva dopo anni di crescita costante del settore. Il 2019, infatti, aveva fatto registrare un ulteriore record dei flussi turistici negli esercizi ricettivi italiani con 131,4 milioni di arrivi e 436,7 milioni di presenze e una crescita, rispettivamente, del 2,6% e dell’1,8% in confronto con l’anno precedente. Un’espansione che sembrava confermata dalle primissime evidenze di gennaio (+5,5% gli arrivi e +3,3% le presenze di clienti negli esercizi ricettivi italiani rispetto allo stesso mese dell’anno precedente), ma che già da febbraio ha iniziato ad arrendersi alla pandemia e alle conseguenti misure di contenimento (-12,0% gli arrivi e -5,8% le presenze). Nei mesi del lockdown (in particolare, dall’11 marzo al 4 maggio) la domanda si è quasi azzerata e le presenze nelle strutture ricettive sono state appena il 9% di quelle registrate nello stesso periodo del 2019. In particolare, il calo delle presenze è dell’82,4% a marzo, del 95,4% ad aprile e del 92,9% a maggio. Pressoché assente la clientela straniera (-98,0% sia ad aprile che a maggio). Complessivamente nei mesi del lockdown, la variazione su base annua è del -91% con una perdita di quasi 74 milioni di presenze, di cui 43,4 milioni di clienti stranieri e 30,3 milioni di italiani. Un timido miglioramento dei flussi turistici si è avuto a giugno 2020. Il trimestre estivo (luglio, agosto e settembre), sottolinea l’istituto presieduto da Gian Carlo Blangiardo, ha visto un recupero parziale, in particolare ad agosto. La ripresa è stata più robusta per la componente domestica nazionale mentre risulta molto limitata, anche nel mese di agosto, per quella estera. Il comparto alberghiero, è quello in maggiore sofferenza: le presenze registrate nei primi nove mesi del 2020 sono meno della metà (il 46%) di quelle rilevate nel 2019, mentre quelle del settore extra-alberghiero il 54,4%. Nello specifico, nel trimestre estivo le flessioni sono state, rispettivamente, del 39,7% e 31,1%. Per i prossimi mesi è fortemente a rischio la stagione invernale: le limitazioni agli spostamenti sul territorio, alle attività commerciali e di ristorazione e all’apertura degli impianti sciistici stabilite dai decreti di ottobre, novembre e dicembre 2020 stanno generando infatti un nuovo forte impatto negativo sui flussi turistici dell’ultimo trimestre dell’anno, soprattutto nei comuni a vocazione montana e nelle grandi città, che assorbono gran parte del turismo invernale. Le grandi città soffrono maggiormente la riduzione della domanda rispetto l’anno precedente, con una flessione delle presenze nei primi nove mesi del 73,2% e un andamento peggiore rispetto alla media nazionale.

Per i comuni a vocazione culturale, storico, artistica e paesaggistica la diminuzione è del 54,9%, per quelli con vocazione marittima è del 51,8%. I comuni a vocazione montana, invece, registrano un calo inferiore alla media nazionale (-29,3%). Crollo per il turismo internazionale: in Italia dai dati dei primi nove mesi le presenze dei clienti stranieri sono in calo del 68,6%. I tedeschi sono la metà dei turisti stranieri presenti nel trimestre estivo, seguiti da Svizzera e Liechtenstein, Paesi Bassi (8,0%), Austria (6,8%) e Francia (5,6%). (riproduzione riservata)

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