di Vincenzo Giannotti

Il danno erariale per erogazioni indebite va calcolato al lordo dell’Irpef. Mentre il recupero dell’indebito al dipendente pubblico deve essere calcolato al netto, del prelievo fiscale subito dal dipendente non essendo entrato nella sua sfera patrimoniale, il danno erariale per compensi illeciti corrisposti deve essere calcolato al lordo. Così dalle Sezioni riunite della Corte dei conti (sent. 24/2020) un punto fermo in una giurisprudenza contabile ondivaga.
La questione di massima

La Sezione prima giurisdizionale di appello della Corte dei conti ha sollevato la questione di massima davanti alle Sezioni riunite, al fine di conoscere se, in presenza di un danno erariale conseguente alla illecita erogazione di emolumenti al dipendente pubblico, la quantificazione deve essere effettuata al netto o al lordo delle ritenute fiscali Irpef. La questione nasce dall’eccezione sollevata in corso di giudizio da un Segretario comunale condannato per danno erariale per aver ricevuto compensi illeciti.

La giurisprudenza contabile

Il calcolo del danno erariale al lordo o al netto ha visto formarsi due diversi orientamenti dei giudici contabili. Un primo orientamento ha considerato il danno al netto di quanto già dal dipendente versato all’erario, secondo il principio che se non ci fosse l’erogazione di non dovuti emolumenti non ci sarebbe neanche il corrispondente maggior prelievo fiscale, evitando un ingiustificato arricchimento della p.a. qualora il prelievo fosse disposto al lordo. Un secondo orientamento riposa, invece, sul fatto che l’onere fiscale sia strettamente correlato all’adempimento di una obbligazione a carico dell’ente, quale sostituto di imposta, mentre il danno arrecato alla p.a. concerne l’illeceità della condotta. Infine, esiste un ulteriore orientamento, pur se minoritario, secondo cui vi sarebbe una distinzione fra imposte fiscali e contributi previdenziali versati dal lavoratore percettore di somme non dovute, e in virtù del quale le sole somme versate a titolo previdenziale andrebbero escluse dalla compensazione.

Il principio di diritto delle Sezioni riunite

I giudici della nomofilachia contabile sgombrano il campo da possibili interferenza tra amministrazione danneggiata e vantaggi ricevuti da altra amministrazione della Stato che ha fruito delle maggiori somme a titolo Irpef versate dall’indebito percettore. Il concetto di finanza pubblica allargata è una nozione non giuridica che mal si concilia con il concetto di danno erariale. Non vi sarebbe, infatti, alcuna correlazione con il concetto di vantaggio che potrebbe giustificare l’irrilevanza del danno dell’uno con riferimento all’arricchimento dell’altro, essendo le due componenti non solo distinte ma assolutamente non collegate tra loro. Secondo la Consulta (sent. 6/2019) il superiore interesse alla realizzazione dell’equilibrio della finanza pubblica allargata trova il suo limite nella correlata esigenza di sana gestione finanziaria dell’ente che vi è soggetto e nell’esigenza di garantire adeguatamente il finanziamento delle funzioni assegnate. In altri termini, il vantaggio che il giudice contabile deve trovare non può che risolversi nei soli confronti dell’amministrazione di appartenenza. Pertanto, ai fini della validità della compensazione, è necessario che la stessa si ricolleghi ad un unico fatto genetico, produttivo sia del danno che dei presunti vantaggi, i quali non potranno che riferirsi alla stessa amministrazione. In conclusione, il danno dovrà essere restituito dal percettore di emolumenti indebiti al lordo, essendo il pagamento dei tributi effettuato dall’ente quale adempimento di un’obbligazione che nasce ed esaurisce i suoi effetti nell’ambito del rapporto. Ultima precisazione riguarda il diverso caso del pagamento indebiti disposti dall’ente, non per fatto illecito ma per mero errore. In questo caso l’ente dovrà procedere al recupero dell’indebito nei confronti del lavoratore solo nei limiti di quanto percepito effettivamente da quest’ultimo, restando esclusa la possibilità di ripetere importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente.

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