di Andrea Pira
Appena tre aziende italiane su 100 prendono in considerazione l’idea di riportare la produzione nella penisola come prima scelta nella loro strategia per rivedere le catene di forniture nell’epoca post-Covid. E la percentuale sale di poco, al 6%, se non si parla di prima scelta ma delle prime tre opzioni a disposizione dei manager. Un dato distante dal seppur basso 10-15% di aziende che puntano al reshoring, tra le quasi 1.200 intervistate da Euler Hermes negli Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Italia per capire come affrontare l’interruzione della supply chain a causa della pandemia di Covid-19.

Le ragioni della poca attrattività della Penisola per le stesse aziende italiane vanno ricercate nella tassazione, nello stato delle infrastrutture, nell’istruzioni e nel sistema bancario. Dall’analisi fatta dalla società di assicurazione crediti del gruppo Allianz emerge inoltre che per il 40% delle imprese italiane l’aumento dei costi di produzione è stato percepito come il rischio maggiore. Un dato molto più elevato rispetto al 34% rilevato tra le imprese statunitensi, al 31% delle tedesche e al 27% rilevato in Francia. Un timore, scrivono gli analisti di Euler Hermes, dovuto all’impressione che i salari crescano più velocemente della produttività, danneggiando quindi la competitività. (riproduzione riservata)

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