di Marco Capponi e Paola Valentini
La vita resta ben protetta. Nel 2020 le gestioni separate delle polizze vita di ramo I hanno confermano di essere immuni dalla volatilità che quest’anno, nel bene e nel male, ha colpito i mercati finanziari per via della pandemia, e hanno attraversato l’anno con il solito passo tranquillo che le caratterizza grazie alle regole che le governano, anche se fanno un po’ più fatica a difendere i rendimenti per via dei tassi ai minimi. Dalle analisi Ania emerge che nell’ultimo quinquennio (dal 2015 al 2019) il rendimento medio delle gestioni separate è stato pari al 3,2%, a fronte dell’1,3% registrato dai Btp con vita residua superiore a un anno, dell’1,9% della rivalutazione del tfr e dello 0,5% dell’inflazione (grafico in pagina). E, come risulta dai dati raccolti da MF-Milano Finanza di oltre cento gestioni che chiudono l’esercizio al 30 settembre o al 31 ottobre, il rendimento lordo di quest’anno è al 3,1% (dal 3,3% dell’analisi dello scorso anno). Si tratta di un’anticipazione, perché la maggior parte delle linee chiude il bilancio al 31 dicembre. Tuttavia la media definitiva non dovrebbe discostarsi troppo da questa tendenza.

Non è poco, considerando che il risultato non ha tradito le promesse di sicurezza che queste polizze fanno ai risparmiatori. Le assicurazioni, non a caso, costituiscono oltre il 50% della raccolta delle reti in prodotti del risparmio gestito nei dieci mesi del 2020, come che emerge dall’ultimo rapporto di Assoreti, ovvero 7,8 miliardi di euro, di cui 1,37 miliardi delle sole gestioni separate. E di fronte alla pandemia di Covid-19, che ha rallentato per diversi mesi le attività assicurative, i contratti di ramo I continuano a rappresentare di gran lunga il segmento maggioritario all’interno della produzione Vita. Stando ai dati Ania che fotografano la nuova produzione del comparto, il ramo I ha rappresentato a ottobre i due terzi del totale premi del mese, pari a 5,3 miliardi. Un valore che ha messo a segno una flessione su base annua del -8,2%, anche se, una volta scorporato, rivela alcune dinamiche interne distinte: infatti, il 46% dei premi mensili deriva da importi investiti in gestioni separate di prodotti multiramo, vale a dire combinazioni di ramo I e III (unit linked legate ai fondi comuni), che sono in crescita del 15,9% rispetto a ottobre 2019, ed è proprio la componente garantita delle gestioni separate ad avere avuto in un anno particolare come il 2020, un forte appeal sui risparmiatori (le unit linked non hanno la garanzia del capitale), accanto alla stabilità del rendimento.

In effetti, nei periodi come l’attuale in cui sono bassi i rendimenti dei Btp (i quali restano prevalenti nei loro portafogli) i risultati delle gestioni assicurative separate sono particolarmente competitivi, come ricorda Ania. Questo perché i loro portafogli, che investono principalmente in titoli a reddito fisso, valorizzano gli attivi al prezzo di acquisto, mentre vengono contabilizzati al prezzo effettivo solo quando sono venduti. Per questo motivo non risentono delle fluttuazioni dei mercati al contrario degli altri strumenti finanziari, ad esempio i fondi, che invece devono adeguare nel tempo i propri titoli in base alle variazioni dei prezzi. Il rendimento lordo delle gestioni separate, in un dato periodo di osservazione, generalmente annuale, è determinato dal rapporto tra la somma di cedole, dividendi e realizzi di plus o minusvalenze e la giacenza media delle attività. Ed è attribuito alle prestazioni in una determinata percentuale o al netto di una misura trattenuta dalla compagnia come commissione di gestione, tenuto comunque conto delle garanzie di rendimento minimo previste dal contratto, che però stanno via via venendo meno.

I costi vanno tenuti in considerazione dato che la commissione di gestione è in media attorno a un terzo del valore del rendimento lordo (circa l’1% in una forchetta che può andare dallo 0,5% all’1,5%), quindi il dato netto del 3% scende attorno al 2%, senza dimenticare le commissioni di ingresso (queste però si possono trattare) e quelle di performance. Per avere un’idea di tutti i costi l’Ivass ha analizzato l’indicatore presente nei prospetti informativi che segnala quanto il rendimento atteso scende a causa delle varie commissioni applicate al prodotto. Tanto maggiore è il valore, quanto più elevato è il livello degli oneri complessivi che abbatte la performance dell’investimento. L’Ivass ha calcolato, sulla base dei prodotti lanciati nel primo semestre 2020, che polizze di ramo I sono meno costose delle polizze unit linked e delle multiramo perché circa il 60% delle nuove offerte evidenzia un indicatore medio inferiore all’1,8% (grafico in pagina). Ma il vero punto di forza delle gestioni separate è la garanzia del capitale investito (al netto dei costi di entrata e di uscita), oltre alla tassazione dato che non prevedono l’imposta di bollo dello 0,2% annuo che grava su quasi tutti gli strumenti finanziari (esenti anche i fondi pensione e le polizze sanitarie). Inoltre i rendimenti maturati anno per anno sono tassati quando sono pagati effettivamente, quindi in caso di scadenza o riscatto. Non solo. I capital gain che derivano dai titoli di Stato sono tassati al 12,5%, anziché all’aliquota standard del 26% (tranne i fondi pensione al 20%). Una condizione che alleggerisce il prelievo fiscale delle gestioni separate perché, come si diceva, hanno in portafoglio prevalentemente titoli di Stato. Infine il capitale pagato dalla compagnia non è soggetto a imposta di successione ed è possibile indicare un beneficiario al di fuori dell’asse ereditario (sempre a patto di non ledere la quota riservata agli eredi legittimari). Da considerare però la presenza di eventuali clausole relative al disinvestimento anticipato, che spesso penalizzano l’investitore.

Nella gestione dei portafogli la sfida per tutte le compagnie è di trovare asset con i quali sostituire gradualmente gli investimenti in Btp che per via delle politiche monetarie ultra espansive hanno rendimenti ben più bassi rispetto a quelli in pancia alle vecchie polizze, anche se l’aumento degli spread Btp-Bund a inizio anno, in concomitanza con la prima ondata della pandemia ha offerto una finestra utile per comprare titoli con rendimenti più alti e quindi prezzi più bassi (si veda intervista). Nel frattempo si fa spazio anche una quota di asset non quotati, i cosiddetti private asset. Ad esempio in Sara Vita «un tassello fondamentale della strategia è il programma di investimenti sui mercati privati che è nato dal processo di compressione dei tassi che si è osservato sui mercati dopo la crisi del 2009 e che, anche oggi con il Covid-19, non sembra attenuarsi. Le operazioni poste in essere quest’anno, che ci hanno permesso di cogliere le opportunità nei mercati, assieme alla diversificazione e alla redditività dei mercati privati, ci hanno consentito di costruire un portafoglio con un adeguato livello di rischio e diversificato, ma soprattutto con una stabile base di rendimenti, che permetterà alle nostre gestioni separate di ottenere risultati prospetticamente crescenti», conclude Sara Vita.

Da segnalare anche le nuove regole sui fondi utili varate dall’Ivass nel 2018, che concedono alle compagnie la possibilità di realizzare le plusvalenze sugli attivi e accantonare gli utili in un apposito fondo, anziché procedere alla loro immediata distribuzione. L’impresa alimenta il fondo utili negli anni in cui realizza significative plusvalenze dalla vendita dei titoli e utilizza il fondo negli anni in cui i risultati della gestione separata devono essere integrati per assicurare stabilità ai rendimenti degli assicurati. Sono otto al momento le gestioni con fondi utili. (riproduzione riservata)

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