Pagina a cura di Franco Ricca
Da venerdì 1° gennaio 2021 l’Unione europea, per la prima volta nella sua storia, sperimenta gli effetti di una riduzione del proprio territorio. L’accordo di recesso del Regno Unito del 31 gennaio 2020 aveva previsto una fase transitoria che termina, appunto, alla mezzanotte di San Silvestro. Un minuto dopo, la Gran Bretagna diventa un paese extracomunitario anche ai fini dell’Iva, mentre l’Irlanda del Nord continua ad applicare le regole Ue, ma soltanto per gli scambi di beni; pertanto, come anticipato da ItaliaOggi il 13 agosto scorso, all’Irlanda del Nord è stato attribuito, ai fini dell’applicazione dell’Iva comunitaria, il codice identificativo XI (direttiva 2020/1756 del 20 novembre 2020). Dal punto di vista dei principi sostanziali, nei rapporti tra imprese non cambia molto: le vendite di merci dall’Ue a Uk (eccettuata l’Irlanda del Nord) diventano esportazioni e non più cessioni intracomunitarie, ma rimangono esentate dall’Iva, mentre le vendite nella direzione opposta configurano importazioni e non più acquisti intracomunitari, pur sempre imponibili. Sul piano degli adempimenti, invece, è tutta un’altra musica, a cominciare dalle formalità doganali al passaggio di frontiera, per proseguire con la modalità di assolvimento dell’Iva all’importazione (pagamento in dogana anziché registrazione del debito in contabilità). Senza dire delle procedure di identificazione delle imprese Ue che effettuano operazioni in territorio Uk e viceversa, che in mancanza di un accordo dovranno essere riviste alla luce dell’inapplicabilità delle semplificazioni previste per le imprese Ue. Sotto questo profilo, anche le imprese extracomunitarie subiranno le conseguenze della Brexit: quelle che hanno scelto di identificarsi nel Regno Unito ai fini del regime semplificato «mini one stop shop», infatti, dovranno rinnovare l’identificazione in uno dei 27 paesi membri. Ma vediamo più in dettaglio cosa cambia dal 1° gennaio 2021 nei rapporti tra imprese.

Scambi di merci. Gli scambi di beni tra l’Ue e la Gran Bretagna, come accennato, non costituiscono più cessioni intracomunitarie esenti nel paese di origine e acquisti intracomunitari imponibili in quello di destinazione. Questo non modifica il regime fiscale: in base alla direttiva Iva, infatti, le cessioni di beni verso Uk diventano esportazioni non imponibili, mentre gli acquisti da Uk diventano importazioni imponibili. La riqualificazione delle operazioni comporta il venir meno di tutti gli adempimenti connessi agli scambi intracomunitari, mentre scattano (salvo future intese) quelli collegati agli scambi con i paesi terzi. Ciò significa, in primo luogo, che si dovrà presentare all’autorità doganale la prescritta dichiarazione (di esportazione e di importazione) per le movimentazioni di beni a qualsiasi titolo (es. vendita, perfezionamento ecc.).

In secondo luogo, l’Iva dovuta sui beni provenienti dalla Gran Bretagna e introdotti nell’Ue deve essere assolta non più con il meccanismo dell’acquisto intracomunitario, ossia mediante l’iscrizione del debito d’imposta nella contabilità Iva dell’acquirente soggetto passivo (c.d. inversione contabile, o reverse charge), ma mediante pagamento cash all’ufficio doganale, fatta salva la possibilità di attivare regimi sospensivi, quali quelli di deposito. Inoltre, la base imponibile per il calcolo dell’Iva dovrà essere determinata secondo le disposizioni della legge doganale e dovrà comprendere anche gli eventuali dazi.

Regole transitorie. Come spesso accade quando cambiano le regole, sorgono questioni di diritto intertemporale. Secondo l’accordo di recesso, «ai beni spediti o trasportati dal territorio del Regno Unito al territorio di uno stato membro e viceversa si applica la direttiva 2006/112/Ce del Consiglio, purché la spedizione o il trasporto abbiano avuto inizio prima della fine del periodo di transizione e si siano conclusi dopo la fine del periodo di transizione». In forza di questa disposizione, la disciplina intracomunitaria dovrebbe applicarsi anche alle operazioni «a cavallo», ossia alle cessioni di beni con inizio del trasporto o della spedizione entro il 31 dicembre 2020, anche se con arrivo a destinazione dopo. Può inoltre verificarsi che, in relazione ad esportazioni/importazioni effettuate dal 1° gennaio 2021, siano stati pagati e fatturati acconti precedentemente. In proposito, è logico ritenere che l’Iva assolta dall’impresa italiana sugli acconti fatturati dal fornitore Uk nel 2020, in relazione a beni inviati e importati in Italia nel 2021, debba essere scomputata da quella dovuta all’atto dell’importazione all’ufficio doganale. Il problema non sorge, ovviamente, qualora per il pagamento in acconto non sia stata emessa fattura e non sia stata, quindi, assolta l’imposta anticipatamente; va infatti ricordato che, nell’ambito delle cessioni intracomunitarie, il pagamento di acconti prima della movimentazione dei beni non anticipa l’effettuazione dell’operazione, salvo che sia emessa fattura.

Scambi di servizi. Secondo la regola base prevista dalla direttiva Iva, le prestazioni di servizi scambiate tra imprese si considerano localizzate nel paese in cui è stabilito il committente, a prescindere da ogni altra variabile (residenza del prestatore, luogo di esecuzione del servizio ecc.). Come per i beni, quindi, l’imposta è riscossa «a destinazione», nel paese membro del committente, sicché nessuna imposizione avviene nel paese del fornitore. Se il committente è stabilito fuori dell’Ue, la prestazione non è soggetta all’imposta. Sono però previsti criteri speciali per le seguenti tipologie di prestazioni:

– i servizi immobiliari, che sono tassati nel paese in cui si trova l’immobile al quale si riferiscono

– i servizi di trasporto di passeggeri, che sono tassati nel luogo di esecuzione in proporzione alla distanza percorsa;

– i servizi di ristorazione e catering, che sono tassati nel paese in cui sono materialmente eseguiti;

– i servizi di ristorazione e catering prestati a bordo di navi, treni o aerei nel corso di un trasporto intracomunitario, che sono tassati nel luogo di inizio del viaggio;

– i servizi di noleggio breve di mezzi di trasporto, tassati nel luogo di esecuzione;

– i servizi di accesso alle manifestazioni sportive, scientifiche, ricreative, culturali, educative, artistiche e simili, che sono tassati nel luogo della manifestazione.

Sia ai fini della regola generale che dei criteri speciali non assume rilevanza il fatto che fornitore e/o cliente siano stabiliti in un paese Ue oppure al di fuori dell’area unionale. Sotto tale profilo, l’uscita del Regno Unito non comporta alcuna modifica (salve le eccezioni di cui appresso): la prestazione generica resa da un operatore It a un operatore Uk rimane non soggetta all’imposta, in quanto resa ad un soggetto passivo non stabilito nel territorio italiano, mentre la prestazione resa da un operatore Uk a un operatore italiano rimane imponibile in Italia. Dal punto di vista procedurale, per i fornitori si porrà invece il problema di accertare lo status del soggetto passivo Uk, che attualmente avviene attraverso la verifica del numero di partita Iva nel registro Vies, al quale il Regno Unito non avrà più accesso dopo il 31 dicembre 2024.

Effetti sostanziali per talune prestazioni. Vi sono però effetti sostanziali in relazione alla determinazione del luogo di talune prestazioni di servizi sottoposte a criteri speciali, nei casi in cui la natura intracomunitaria sia una variabile rilevante. È il caso, anzitutto, dei servizi di ristorazione a bordo di navi, treni o aerei. Ma anche delle prestazioni di locazione finanziaria, noleggio e simili, a breve termine, di mezzi di trasporto, per la cui localizzazione l’Italia si è avvalsa della facoltà di accompagnare, al criterio speciale del luogo di consegna del mezzo, quello ausiliario del luogo di utilizzazione. In base all’art. 7-quater, lett. e), dpr n. 633/72, infatti, le prestazioni in esame si considerano effettuate nel territorio dello stato:

– quando il mezzo di trasporto è messo a disposizione del destinatario nel territorio stesso e sempreché siano utilizzate nel territorio dell’Ue;

– quando il mezzo di trasporto è messo a disposizione del destinatario al di fuori del territorio dell’Ue, se l’utilizzazione avviene nel territorio dello stato.

Di conseguenza, le prestazioni in esame non saranno tassate in Italia quando il mezzo di trasporto, pur essendo consegnato nel territorio dello stato, sarà utilizzato nel Regno Unito (Irlanda del Nord compresa, giacché la sua inclusione nel sistema Iva dell’Ue, come si è detto, vale solo per gli scambi di beni); specularmente, quando il mezzo è consegnato al destinatario nel Regno Unito ma è utilizzato in Italia, la prestazione sarà tassata nel nostro paese. Nel caso di utilizzazione promiscua, occorrerà determinare (e provare) in che misura la prestazione è tassabile.

Fatturazione delle prestazioni generiche. Vi sono conseguenze sugli adempimenti che i soggetti passivi italiani devono osservare, quando acquisiscono servizi dall’estero, ai fini dell’assolvimento dell’imposta in Italia. Gli adempimenti sono differenziati a seconda del luogo in cui è stabilito il fornitore:

– per i servizi ricevuti da fornitori Ue, il committente italiano deve integrare la fattura del fornitore con l’indicazione dell’imposta e registrarla nei modi e termini previsti per gli acquisti intracomunitari dagli artt. 46 e 47 del dpr n. 633/72; pertanto l’imposta deve essere contabilizzata con riferimento al mese di ricevimento della fattura

– per i servizi ricevuti da fornitori extraUe, invece, il committente italiano deve provvedere all’emissione di autofattura con riferimento al momento di effettuazione dell’operazione.

© Riproduzione riservata

Fonte:
logoitalia oggi7