Gli italiani hanno poca educazione finanziaria e quindi continuano a preferire la liquidità, segnala Linciano (Consob)Il cambiamento passa attraverso consulenti, prodotti Esg e fintech
di Marco Capponi
I materassi degli italiani sono sempre più gonfi di liquidità e la grande sfida di autorità politiche, economiche e consulenti, soprattutto nell’anno della pandemia di Covid-19, è quanto mai impellente: qual è la ricetta per incanalare questo immenso tesoro verso l’universo degli investimenti? Secondo i dati del nuovo rapporto sugli investimenti finanziari delle famiglie italiane della Consob, le strade da seguire sono molteplici: incentivare la domanda tramite un sistema di benefici fiscali, scommettere su Esg e sostenibilità, rafforzare la digitalizzazione. Ma la stella polare in cima a tutto deve essere un’altra: aumentare il livello di alfabetizzazione finanziaria degli italiani. MF-Milano Finanza ne ha parlato con Nadia Linciano, capo dell’ufficio studi economici dell’Authority e curatrice del rapporto.

Domanda. Dottoressa Linciano, perché gli italiani non investono?

Risposta. Le famiglie italiane sono avverse al rischio e quindi preferiscono un tipo di risparmio che rende poco ma che è anche molto sicuro. Sono inoltre preoccupate dalle perdite: non tutti gli investimenti danno un rendimento certo e gli italiani non vogliono correre neanche la più remota possibilità che ciò accada. Senza considerare la spiccata tendenza al fai-da-te, preferendo affidarsi al consiglio di amici e parenti piuttosto che ai professionisti.

D. Come se ne esce da questo circolo vizioso?

R. Una formula magica ovviamente non esiste, ma ci sono alcuni accorgimenti importanti. Si dovrebbe lavorare innanzitutto sulle conoscenze finanziarie, che sono ancora molto basse. Gli investitori, ad esempio, devono essere resi consapevoli sulla loro situazione post-lavorativa: stando ai nostri studi, spesso non sanno neanche quanti anni mancano loro per andare in pensione, o il totale delle risorse di cui disporranno alla fine del lavoro.

D. Abbassare la tassazione sul risparmio: può essere una strada percorribile?

R. Potrebbe essere un elemento importante, perché c’è attenzione sul tema. Ad esempio, se chiediamo agli italiani quali incentivi potrebbero avere per investire in equity crowdfounding (si veda la tabella in pagina, ndr), quella dei benefici fiscali è la prima voce in assoluto.
D. C’è un motivo specifico per cui in Italia può funzionare un sistema di benefici?

R. Qui il mercato degli investimenti è guidato dall’offerta, perché la domanda dei risparmiatori è ancora acerba e incerta. In questo senso, un sistema di benefici può incentivare l’investimento, purché sia ovviamente sostenibile per il bilancio pubblico.

D. Che ruolo deve essere giocato dai consulenti nel contesto attuale?

R. Il consulente dovrebbe anzitutto avere un ruolo educativo, perché il risparmiatore gli affida un compito sempre più importante per effettuare le sue scelte. Secondo i nostri studi, se deve prendere una decisione finanziaria importante quasi un italiano su tre si fida del proprio intermediario, più che di qualsiasi altra fonte informativa. Addirittura, i consulenti godono di un livello di fiducia maggiore delle istituzioni pubbliche, che non hanno conflitti di interesse.

D. A tal proposito, il livello di educazione finanziaria degli italiani è ancora basso. Cosa deve essere fatto?

R. Ancora una volta stiamo lavorando principalmente sul lato dell’offerta, e non solo tramite strumenti di divulgazione. Il prossimo obiettivo, più complesso, sarà quello di stimolare la domanda: l’argomento finanziario viene percepito come troppo complesso, e le persone tendono a non cogliere le ripercussioni concrete che possono avere nella vita di tutti i giorni.

D. Quali sono gli ostacoli maggiori che state incontrando?

R. Gli intervistati hanno paura di non avere né il tempo né la capacità di imparare, e per questo spesso sono scoraggiati. In questo contesto proponiamo percorsi di edutainment già dalla più tenera infanzia, con progetti dedicati nelle scuole di ogni ordine e grado.

D. L’investimento si incentiva però anche cavalcando i trend del futuro. Uno su tutti, quello della sostenibilità e dei prodotti Esg.

R. Esattamente, anche se purtroppo tante persone non sanno ancora di cosa si tratta. La maggior parte delle persone ha sentito parlare almeno una volta di investimenti socialmente responsabili, ma la quota di italiani informati bene o parzialmente a riguardo è ancora inferiore al 30%. Non mi stancherò di dire che il cambiamento deve essere stimolato anzitutto sul lato dell’offerta: i consulenti devono proporre sempre più queste soluzioni ai loro clienti, e invece quello che notiamo è ancora una certa timidezza. Tanto più che le persone appaiono ben inclini a investire se riescono a essere coerenti coi loro principi etici.

D. Infine, la digitalizzazione. Il fintech è la strada da percorrere nei prossimi anni?

R. Gli italiani investono poco per via di una bassa ricchezza finanziaria, e in questo i prodotti fintech possono aiutare: strumenti come robo-advice e crowdfounding infatti permettono di entrare nei mercati anche con piccole somme investite. Il percorso è chiaro: le nuove tecnologie devono essere un mezzo per creare una finanza sempre più inclusiva.

D. Un’eccessiva digitalizzazione potrebbe svantaggiare le fasce di popolazione più anziane?

R. Senza dubbio. Infatti dobbiamo procedere su livelli paralleli: molti cittadini, soprattutto quelli di maggiore età, non usano internet, e questo è un grande handicap. Tra le ragioni che scoraggiano l’investimento una di quelle che incontriamo più di frequente è proprio una bassa attitudine alle nuove tecnologie. Per questa fascia della popolazione la digitalizzazione è difficile, e quindi bisogna pensare ancora all’erogazione tradizionale. Il rischio sarebbe altrimenti l’esclusione finanziaria. (riproduzione riservata)

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