di Anna Messia
Lo studio di Carlo Pavesi da una parte, quello del professor Mario Cera dall’altra, con Gianni Origoni Grippo in campo per Generali. Si è aperta la guerra dei super legali nella partita che vede contrapposti Banco Bpm a Cattolica dopo che l’istituto guidato da Giuseppe Castagna ha deciso di esercitato l’opzione d’acquisto (call) sul 65% delle due joint venture assicurative (Vera Vita e Vera Assicurazioni) chiamando in campo la clausola del change of control (del cambio di controllo) per via dell’ingresso del Leone nel capitale con il 24,4%. Con la compagnia veronese che sarebbe pronta chiedere danni per 500 milioni, 400 per la differenza di prezzo delle joint venture rispetto a 3 anni fa e 100 di risarcimento. La ricostruzione dei fatti da parte di Banco Bpm, come si legge nella lettera inviata da Castagna a Verona, anticipata da www.milanofinanza.it, sostiene che a seguito degli accordi industriali firmati tra Generali e Cattolica l’assicurazione guidata da Carlo Ferraresi sarebbe di fatto controllata da Trieste perché «non ha sostanzialmente più la gestione di una parte rilevante degli investimenti, attività ora delegata a Generali, ha perso il controllo sulla gestione e la liquidazione dei sinistri dei rami infortuni e malattia, ha conferito a Generali l’appalto sui servizi relativi alla mobilità delle vetture assicurate da Cattolica e ha affidato a Generali la riassicurazione dei propri rischi». Non solo. Significativo, secondo il Banco, è che Generali abbia imposto come condizione per il proprio investimento la trasformazione di Cattolica da cooperativa a spa (effettiva da aprile prossimo) e che abbia posto «sia un veto assembleare su un ampio spettro di materie sia a livello consiliare su materie che per loro natura o soglia di materialità afferiscono alla gestione ordinaria della società», con il consigliere di amministrazione designato da Trieste lo scorso 23 ottobre (Stefano Gentili, ndr), attuale senior manager del ceo di Generali Italia, che ha assunto anche la presidenza del Comitato per il governo societario di Cattolica. Una ricostruzione bollata tuttavia come infondata da Cattolica, pronta a smontare pezzo per pezzo la tesi del Banco ma soprattutto a chiedere alla banca una somma vicina a 500 milioni. Il valore dell’opzione, come noto, è fissato dagli stessi accordi in funzione degli own funds delle due compagnie ed è stato calcolato da Banco Bpm in 335,7 milioni, con una minusvalenza rispetto al prezzo di 853,4 milioni a cui le società erano state cedute tre anni fa. L’effetto negativo sarebbe di -377 milioni su Cattolica, hanno fatto sapere da Verona (aggiungendo che ci sarebbe un impatto positivo sul Solvency II di circa 15 punti, con l’aumento da 161% al 176%). Per questo motivo da Verona sono pronti a richiedere indietro al Banco circa 400 milioni di differenza di valutazione rispetto a tre anni fa, più altri 100 milioni di danni. Una battaglia che fin dalle battute iniziali si preannuncia piena di colpi di scena e mentre si attende di capire come finirà vede gli analisti premiare il Banco (-0,88% ieri in Borsa), che sciogliendo l’alleanza potrà avere le mani libere per nuove operazioni (guardando il particolare a Bper e a un accordo con Unipol) e penalizzano Cattolica (-1,48%). Se la banca riuscirà a spuntarla nonostante gli impatti positivi sul Solvency II – questo il ragionamento – gli utili di Verona sarebbero destinati a calare visto che le due compagnie bancassicurative pesano per circa il 30% del totale. (riproduzione riservata)

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