di Dario Ferrara

Il commercialista non risarcisce perché è il cliente a dover provare l’omessa registrazione dei ricavi. Il contabile è tenuto a svolgere la prestazione entro il mandato ricevuto e senza l’onere di reperire informazioni ulteriori a quelle fornite dall’assistito, tenuto a dimostrare la consegna dei documenti. Il professionista, dal canto suo, svolge la sua prestazione entro i limiti del mandato ricevuto e non ha alcun onere di reperire informazioni ulteriori rispetto a quelle fornite dai clienti. È quanto emerge dall’ordinanza 32495/19, pubblicata il 12 dicembre dalla terza sezione civile della Cassazione. Devono rassegnarsi, i legali rappresentanti della società che gestisce l’autosalone: non sarà la loro (ex) commercialista a pagare gli oltre 474 mila euro portati dalle cartelle esattoriali notificate alla sas. La vendita di macchine nuove e usate impone ai soci di collaborare in modo fattivo con la professionista attivandosi ogni mese per consegnarle i documenti ma anche per verificare le schede sulle auto ancora aperte segnalando le modalità di chiusura. Non giova ai contribuenti dedurre che il commercialista non potrebbe essere considerato un mero «registratore» di dati forniti dal cliente ma sarebbe tenuto alla verifica e al controllo: sono infatti i legali rappresentanti sas a dover individuare e depositare i documenti che sarebbero stati consegnati alla commercialista e che la professionista non avrebbe registrato in modo corretto, determinando la mancata dichiarazione dei ricavi che ha scatenato il fisco contro l’azienda. Inutile poi per i contribuenti tentare di virare l’addebito alla controparte dall’erronea registrazione dei documenti contabili alla mancata informazione dei clienti sull’incongruenza dei dati di cassa. Secondo i legali rappresentanti sas i ripetuti saldi in rosso che mettono in allarme il fisco sono di per sé prova della mancata diligenza della professionista.
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