La RcAuto familiare prevista dal decreto Fisco promette tagli netti ai prezzi delle polizze. Ma le compagnie, dopo un primo scossone, recupereranno i premi mancanti con un probabile aumento delle tariffe
di Anna Messia

Una boccata d’ossigeno per le famiglie, con risparmi che andranno dal 30 al 40%, come dice il governo? Oppure una batosta che interromperà in un solo colpo il calo dei prezzi che le polizze stanno registrando ininterrottamente dal 2012, come sostiene Ania, l’associazione delle compagnie di assicurazione? La norma sulle polizze RcAuto, contenuta nel decreto Fiscale, che consente a tutti i componenti di una famiglia di beneficiare della classe di merito più vantaggiosa, motorini e moto compresi, ampliando il raggio d’azione della legge Bersani del 2007, ha sollevato molte polemiche.
Probabilmente la verità, come spesso accade, sta in mezzo alle due letture più estreme. Da una parte le compagnie assicurative saranno costrette a rifare di corsa tutti i calcoli per rivedere le tariffe (con non pochi costi e fastidi) ma nel giro di qualche mese faranno in modo di far quadrare comunque i conti e alla fine per le famiglie lo sconto non sarà certo quello promesso. Il rischio maggiore è che emerga una redistribuzione degli aumenti tariffari che penalizzerà proprio chi è più virtuoso alla guida e magari chi in famiglia ha una sola auto (presumibilmente le famiglie meno abbienti). Ma c’è pure il pericolo che in questi primi mesi di passaggio qualche impresa assicurativa faccia fatica a reggere il colpo. Anche perché la novità normativa contenuta nel decreto fiscale giunge in un momento in cui le compagnie, che arrivano da oltre sette anni di cali delle tariffe RcAuto, hanno difficoltà a chiudere in utile il bilancio del ramo. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’associazione presieduta da Maria Bianca Farina, infatti, le prime cinque compagnie di assicurazione che operano nell’RcAuto rappresentano complessivamente il 56% del mercato e la più coinvolta è sicuramente Unipol Assicurazioni, che è leader in Italia con una quota di oltre il 23%. Seguono Allianz con il 12%, Generali Italia con il 10%, Cattolica (5,7%) e Vittoria Assicurazioni (5,1%). Nel 2018 i premi contabilizzati nel ramo sono rimasti sostanzialmente stabili (+0,1%) dopo che nei precedenti sei anni si era assistito a una riduzione di oltre il 25%. Ma a preoccupare è soprattutto il combined ratio, ossia il rapporto che misura i costi e i sinistri pagati dalle compagnie rispetto ai premi incassati: il settore è già a ridosso della pericolosa quota del 100%, oltre la quale le uscite superano gli incassi e si realizza una perdita tecnica.
È indubbio che le nuove regole scombussolano i principi tecnici in base ai quali vengono definite le tariffe RcAuto perché non consentono di tenere conto a sufficienza dell’effettivo rischio del guidatore, aggravando lo squilibrio che era già stato creato dalla legge Bersani nel 2007. Un giovane 18enne, ancora inesperto alla guida e che magari usa l’automobile per uscire la sera tardi, può chiaramente essere un soggetto più rischioso di chi in famiglia utilizza l’auto soltanto per brevi spostamenti di lavoro o nei fine settimana. E la contraddizione è ancora più evidente quando in ballo ci sono i motorini, spesso causa di incidenti. L’unica condizione prevista dalla nuova norma per applicare lo sconto, che richiede di non aver provocato sinistri negli ultimi cinque anni, sembra attutire solo in parte la portata dell’intervento. Mentre il ritocco dell’emendamento approvato mercoledì scorso durante l’iter parlamentare, che ha limitato l’intervento dello «sconto famiglia» ai nuovi contratti, è suonato per le compagnie come una beffa che si è aggiunta al danno, visto che le polizze RcAuto hanno già durata annuale.
«Le nuove norme azzerano in fase di rinnovo il dato sugli incidenti causati da ciascun assicurato, impedendo di valorizzare le condotte di guida virtuose a scapito di quelle meno prudenti o addirittura troppo disinvolte», spiega Umberto Guidoni, direttore business dell’Ania. A rincarare la dose sono stati gli attuari, ovvero i professionisti che verificano i calcoli delle compagnie su tariffe e riserve. «C’è da attendersi che le assicurazioni faranno in modo di recuperare i mancati premi per riequilibrare il loro conto economico o addebitandoli agli assicurati che non beneficiano di questa norma o spalmandoli su tutti i contratti in maniera indifferenziate, quindi anche su quelli che hanno già raggiunto la migliore classe di bonus-malus», spiega Giampaolo Crenca, presidente dell’Ordine degli attuari. In pratica, si rischia un aumento dei prezzi generalizzato fino a colmare gli sconti introdotti dal decreto con una manovra che, in un mercato perfetto, dovrebbe essere a somma zero. Ma nel mercato reale questo processo sarà tutto da verificare.
C’è poi un altro effetto distorsivo introdotto da queste nuove norme. Già oggi, a causa della legge Bersani, oltre l’80% degli italiani è nelle prime due classi di bonus-malus (le migliori, ovvero quelle che pagano tariffe più basse). In pratica il bonus-malus non misura più l’effettivo rischio che un assicurato provochi un incidente e le nuove norme del decreto fiscale faranno crescere ulteriormente questa percentuale. Da tempo Ivass e Ania sono al lavoro per rivedere queste regole e introdurre nuovi parametri che possano individuare con maggior accuratezza il profilo di rischio dell’automobilista. Ora sarà il caso di accelerare i lavori. (riproduzione riservata)
Fonte: