I fondi specializzati stanno chiudendo un buon anno. I primi 20 rendono dal 28 al 52%. E grazie alla nuova norma, attesa entro Natale, si attendono 3,5 miliardi di raccolta
di Elena Dal Maso

I fondi di tipo Pir (Piani individuali di risparmio) stanno chiudendo l’anno in bellezza, con rendimenti che nei casi migliori superano il 50% (dati elaborati da Fida per MF-Milano Finanza). I migliori 20 della categoria (72 prodotti), nata nel 2017 con la prima legge dedicata agli investimenti nelle pmi italiane quotate, agevolati sotto il profilo fiscale per chi investe, vedono ritorni sul capitale compresi fra il 52% di Anthilia e il 28% di Anima , passando per Credit Suisse, Allianz , Arca, AcomeA. Sono positivi tutti i fondi, pure gli ultimi in classifica, che hanno comunque conseguito un aumento di almeno il 5%. I Pir sono appunto piani di investimento con bonus fiscale che nella versione 1.0 avevano raccolto 11 miliardi nel 2017, 3,49 miliardi di afflussi netti nel 2018, mentre quest’anno sono in rosso per 546 milioni (al 30 settembre).
Nel frattempo l’indice Ftse Mib di Piazza Affari è passato da 18.330 punti di inizio anno a 23.155 del 6 dicembre, con un rimbalzo del 26,3% dopo aver trascorso un periodo nero nel 2018. E nello stesso arco temporale l’indice Ftse Mid Cap è salito del 18,8%, da 34.451 punti di inizio anno a 40.957. In tal senso i migliori fondi Pir hanno saputo battere Piazza Affari. La normativa prevede che gli investitori privati che detengono quote di questi fondi per almeno cinque anni non paghino l’imposta sull’eventuale plusvalenza (che in via ordinaria altrimenti è prevista nella misura del 26%), né quella sullo stacco cedola (sempre 26%). Se vendono prima, perdono il bonus fiscale. Tanto che c’è da chiedersi se con risultati di questo tipo non valga la pena vendere e portare a casa il risultato, anche senza sconti sulle imposte. È anche vero che a gennaio 2018 il Ftse Mid era ben sopra 45.000 punti e che se il presidente americano Donald Trump deciderà di sottoscrivere una bozza di accordo con la Cina entro il 15 dicembre, data in cui sono previsti nuovi dazi, diversi economisti si attendono un 2020 di rallentamento, ma non di recessione. D’altro canto, l’economia mondiale corre dal 2008, è un periodo molto lungo, a eccezione però dell’Italia. Da tenere sott’occhio anche la situazione a Roma, perché una crisi di governo potrebbe avere un effetto destabilizzante su Piazza Affari.
Nel frattempo una buona notizia: maggioranza e opposizione hanno raggiunto un accordo per aggiornare la legge sui Pir. L’emendamento è stato approvato in Commissione Bilancio della Camera e ora il testo, inserito nel dl fiscale, dovrebbe ricevere il via libera prima di Natale, in modo che da gennaio le sgr potranno aggiornare gli attuali fondi Pir. Le società di gestione potranno avviare la raccolta veicolandola anche su nuovi fondi. L’emendamento prevede che il 30% del capitale del fondo sia libero di essere investito in base alle decisioni del gestore, mentre almeno il 70% dell’attivo deve andare in strumenti finanziari emessi da imprese italiane oppure europee (purché abbiano una stabile organizzazione in Italia) e qui non emergono limiti nella grandezza della società.

Tenuto poi fermo il 70%, almeno il 25% va investito in strumenti finanziari (equity o debito) di imprese diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib o in indici equivalenti. E questo andrà a favore dello Star. La novità è che almeno il 5% del valore (sempre riferito al 70%) deve essere investito in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nel Ftse Mib e Ftse Mid (le mid cap) e quindi potrà essere veicolato almeno in parte sull’Aim, il segmento delle più piccole. La quota del 5% è un’idea sostenuta in particolare dalla Lega, che già nella scorsa legislatura insisteva nel far crescere le pmi quotate. A seguire il fascicolo, Giulio Centemero, capogruppo della Commissione finanze. Intermonte ha calcolato che con il nuovo testo, in relazione alla quota minima da destinare alle small cap, saranno 267 le società investibili dai fondi Pir di ultima generazione. Nel complesso gli afflussi netti stimati da Intermonte per il 2020 ammontano al 3,52 miliardi, di cui 3,2 miliardi di nuova raccolta e 989 milioni derivanti dai piani di accumulo dei Pir nati nel 2017. Anna Lambiase, ceo di Ir Top Consulting, si aspetta che «le nuove regole diano un forte contributo alla quotazione delle pmi». L’afflusso di nuovi capitali, assieme all’incentivo alla quotazione «nella forma del credito d’imposta sul 50% dei costi di ipo, rappresentano per il 2020 le basi di un ulteriore sviluppo per l’Aim, che ha registrato negli ultimi anni il maggior numero di collocamenti e nel 2019, con 33 ipo e 197,2 milioni di raccolta, rappresenta il primo hub finanziario europeo per nuove quotazioni tra i mercati non regolamentati». (riproduzione riservata)

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