L’uso della bicicletta privata per il tragitto luogo di lavoro -abitazione può essere consentito secondo un canone di necessità relativa, ragionevolmente valutato in relazione al costume sociale, anche per assicurare un più intenso rapporto con la comunità familiare, e per tutelare l’esigenza di raggiungere in modo riposato e disteso i luoghi di lavoro in funzione di una maggiore gratificazione dell’attività ivi svolta, restando invece escluso il cd. rischio elettivo, inteso come quello che, estraneo e non attinente all’attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del dipendente, che crei e affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella ad essa inerente.

Secondo l’art. 210, ultimo comma del TU. 1124/1965, integrato dal d.lgs. n. 38 del 2000, art. 12, rispetto al c.d. infortunio in itinere l’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato.

Per utilizzo necessitato di cui all’art. 210 T.U. cit., si intende l’uso che sia determinato da ragioni di impedimento per la percorrenza a piedi del tragitto da casa al lavoro, per tali non intendendosi soltanto le situazioni in cui l’impossibilità sia assoluta, ma, evidentemente, alla luce dei principi di tutela della dignità della persona (art. 2 Cost.) e della salute (art. 32), anche quelle in cui la deambulazione sia motivo di pena ed eccesso di fatica, oltre che di rischio per l’integrità psicofisica.

D’altra parte e più in generale si è recentemente ritenuto che l’uso della bicicletta privata per il tragitto luogo di lavoro-abitazione può essere consentito secondo un canone di necessità relativa, ragionevolmente valutato in relazione al costume sociale, anche per assicurare un più intenso rapporto con la comunità familiare, e per tutelare l’esigenza di raggiungere in modo riposato e disteso i luoghi di lavoro in funzione di una maggiore gratificazione dell’attività ivi svolta, restando invece escluso il cd. rischio elettivo, inteso come quello che, estraneo e non attinente all’attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del dipendente, che crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella ad essa inerente (Cass. 13 aprile 2016, n. 7313), interpretazione che poi coincide con quanto stabilito dalla normativa integrativa dell’art. 210, u.c., cit., entrata in vigore successivamente alle vicende oggetto di causa, secondo cui l’uso del velocipede, come definito ai sensi del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, art. 50, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato (L. n. 221 del 2015, art. 5, comma 5).

Cassazione civile sez. lav., 31/08/2018 n. 21516