Nell’assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore, la garanzia assicurativa copre anche il danno dolosamente provocato dal conducente nei confronti del terzo danneggiato, il quale, pertanto, ha diritto di ottenere dall’assicuratore del responsabile il risarcimento del danno, non trovando applicazione la norma di cui all’art. 1917 c.c. – che non costituisce il paradigma tipico della responsabilità civile da circolazione stradale, rinvenibile, invece, nelle leggi della RCA e nelle direttive Europee che affermano il principio di solidarietà verso il danneggiato – salva la facoltà della compagnia assicuratrice di rivalersi nei confronti dell’assicurato – danneggiante, ove la copertura contrattuale non operi.

La questione posta all’attenzione ha per oggetto la compatibilità della tutela assicurativa del danneggiato con l’uso improprio del mezzo di circolazione e, conseguentemente, la persistenza della copertura assicurativa anche nei casi in cui il sinistro, configurando una fattispecie penalmente rilevante, si sia verificato con dolo ed attraverso l’utilizzo dell’autovettura come intenzionale strumento di offesa.

La giurisprudenza che più volte affermato il principio di assoluta specificità del sistema della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale rispetto alla generale disciplina prevista dagli artt. 2043 e segg. c.c., e ha dato risposta positiva al quesito concernente l’operatività del contratto di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile degli autoveicoli nelle ipotesi in cui la circolazione del mezzo è avvenuta con modalità che lo hanno reso piuttosto simile ad un’arma che non, appunto, a un mezzo di trasporto.

La giurisprudenza interna e comunitaria ebbe, in più occasioni, modo di chiarire che il Fondo di garanzia per le vittime della strada doveva rispondere nei confronti del danneggiato anche nel caso di danno derivante da fatto doloso, fornendo una prima apertura verso la preminente tutela del danneggiato – la Corte ha rimarcato il particolare interesse pubblico della tutela sociale dei danni derivati dalla circolazione stradale e della linea di tendenza del diritto Europeo nel senso del riconoscimento del prevalente interesse del danneggiato ad essere ristorato nel danno subito, nonché, in particolare, la compatibilità dell’obbligo assicurativo a tutela del terzo danneggiato con la disposizione dell’art. 1917 cod. civ. che stabilisce, invece, l’esclusione dalla garanzia per i danni derivanti da fatti dolosi.

In particolare, è stato dato risalto alla distinzione tra il rapporto tra assicuratore ed assicurato, soggetto, sia pure con qualche riserva, alla disciplina privatistica del contratto, ed il rapporto tra assicuratore e danneggiato, che ha invece connotazioni pubblicistiche.

Per cui, nel sottolineare l’allarme sociale suscitato dalla gravità e frequenza degli incidenti connessi con la circolazione dei veicoli, venne rilevato che la legge tutela il danneggiato anche nell’ipotesi in cui un contratto di assicurazione non sia stato neppure stipulato (art. 19, primo comma, lettera b) della legge n. 990 del 1969).

Le successive pronunce hanno confermato quest’orientamento, ribadendo che l’art. 1917 cod. civ. non costituisce il paradigma tipico della responsabilità civile da circolazione e che per l’operatività della garanzia per la R.C.A. è necessario il mantenimento da parte del veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, delle caratteristiche che lo rendono tale sotto il profilo concettuale e, quindi, in relazione alle sue funzionalità, sia sotto il profilo logico che sotto quello di eventuali previsioni normative, risultando, invece, indifferente l’uso che in concreto si faccia del veicolo, sempreché che esso rientri in quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo stesso può avere (cfr., per una più compiuta disamina, Cass. 10301/2009; Cass. SU 8620/2015; CGCE, C-162/2013, n 162/2014 che ha precisato che la normativa Europea deve essere interpretata nel senso che rientra nella nozione di circolazione dei veicoli qualunque uso che sia conforme alla funzione abituale dello stesso e che nell’ampio concetto di circolazione stradale indicato nell’art. 2054 cod. civ. è compresa anche la posizione di arresto del veicolo, sia in relazione all’ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia in relazione alle operazioni eseguite in funzione della partenza o connesse alla fermata, sia ancora con riguardo a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale esso può circolare nelle strade).

È, infatti, incontestato che la vicenda della quale si discute – in cui la vettura fu utilizzata come una vera e propria arma, investendo più volte attraverso reiterate manovre di retromarcia, nell’intento deliberato di ferirlo o di ucciderlo – non pone dubbio sulla circostanza che si trattava comunque di circolazione del veicolo, posto che l’incidente fu determinato, anche sulla base della ricostruzione dei fatti statuita in sede penale, dal movimento violento consumato consapevolmente dal conducente del mezzo in danno della vittima.

Al riguardo, risulta altresì superabile anche la circostanza che il conducente dell’autovettura fosse persona diversa dal proprietario di essa il quale, in sede penale, venne assolto dal reato a lui ascritto in ragione dell’affermata inapplicabilità dell’art. 2054 comma 2 cc. sulla scorta della statuizione che non si trattava di circolazione stradale: chiarito, infatti, che nonostante l’uso improprio del mezzo, la dinamica offensiva è comunque qualificabile come tale, sarà necessario rivalutare anche la ricorrenza dei presupposti dell’art. 2054 co 3 c.c. in ragione della diversa qualificazione dell’evento.

Infine la ricostruzione dello speciale sistema risarcitorio nel settore della circolazione dei veicoli fa comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti anche processuali, la facoltà della compagnia assicuratrice di rivalersi nei confronti dell’assicurato – danneggiante, per il quale la copertura contrattuale non opera, tenuto conto che la norma applicabile all’epoca dei fatti (e cioè l’art. 18 L 990/69) prevedeva l’azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione, senza differenziazione fra le posizioni del responsabile civile e del responsabile del danno, la quale venne introdotta solo successivamente, con l’entrata in vigore dell’art. 144 Dlgs 209/2005.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, 20 agosto 2018, n. 20786