Ad arricchire il panorama del risparmio gestito stanno per arrivare gli Eltif, sorta di fondo chiuso destinato anche a investitori privati, con elevate potenzialità ma anche rischi
di Paola Valentini

I lavori sono in corso non soltanto in casa dei big del calibro di Eurizon e Amundi, ma anche nella boutique Kairos. I fondi Eltif, ovvero i Pir che arrivano dall’Europa, sono pronti a debuttare in Italia nelle prossime settimane e saranno offerti anche al retail. Sono comparti chiusi, e quindi sono assimilabili per impostazione al mondo del private equity, dove la soglia minima di investimento parte da qualche centinaio di milioni di euro. Invece qui il ticket d’accesso è decisamente più popolare, da 10 mila euro, ma i rendimenti promessi sono di pari livello: si parte dal 5% annuo per arrivare anche al 10-15%.

«L’Eltif è un fondo chiuso ma accessibile al mercato retail. Si tratta di un’assoluta novità per la tipologia di clientela a cui questa soluzione si rivolge. Un ulteriore elemento di interesse è probabilmente costituito dal fatto che gli Eltif rappresenteranno un ulteriore sostegno all’economia reale del Paese, dal momento che le risorse raccolte da questi fondi verranno investiti in aziende che non sono quotate ma che costituiscono parte fondamentale del tessuto economico italiano», spiega Cinzia Tagliabue, ad di Amundi sgr.

Il sostegno alle pmi è quindi l’obiettivo che li accomuna ai fondi Pir, ma a differenza di questi ultimi – che sono di tipo aperto e quindi i sottoscrittori sono liberi di entrare e uscire – gli Eltif sono chiusi, con una scadenza definita a priori: disinvestire prima non è facile, ma in cambio promettono rendimenti annui ben superiori. «Il limite dei fondi Pir è legato al fatto che l’investitore, pur sposando un progetto a cinque anni (questa è la durata minima dell’investimento per avere l’esenzione fiscale dei rendimenti, ndr), dall’altra parte non ha vincoli per uscire», commenta Rocco Bove, responsabile dell’obbligazionario di Kairos, «invece negli Eltif, a fronte di un impegno all’immobilizzo c’è un rischio diverso rispetto ai fondi aperti e di conseguenza le potenzialità di rendimento cui ha accesso un investitore in questi strumenti sono più elevate rispetto a quanto può offrire un investimento tradizionale. Un prodotto del genere dovrebbe ragionare in funzione di un rendimento che può andare da un 6-8% fino ad arrivare in area 12-15%. Avrebbe poco senso con un Eltif andare a cercare rendimenti più bassi».
Il loro obiettivo è quindi quello di raccogliere il risparmio degli italiani, come i Pir, con la sfida di riuscire a far arrivare capitali là dove questi ultimi non sono ancora arrivati in modo incisivo. «La loro natura di fondi chiusi dà maggiore stabilità nel veicolare risorse alle pmi. I fondi Pir, si è visto, hanno avuto più difficoltà nel dirottare capitali alle aziende di piccole dimensioni, che presentano spesso vincoli di liquidità che si scontrano con le loro necessità di avere una quotazione giornaliera in quanto sono comparti aperti», fa eco Massimo Mazzini, responsabile commerciale di Eurizon Capital, la sgr del gruppo Intesa Sanpaolo guidata dall’ad Tommaso Corcos che ha allo studio un fondo Eltif con partenza prevista a inizio 2019.

Gli Eltif si candidano a diventare la novità più importante del 2019 nell’industria italiana del risparmio gestito, dopo il boom dei Pir che sono stati invece subito i grandi protagonisti del 2017, anno in cui sono nati. E potrebbero risollevare le sorti della raccolta dei fondi che quest’anno è in forte frenata, compresi i Pir, i cui flussi negli ultimi mesi si sono indeboliti, complice anche l’andamento negativo di Piazza Affari. Non a caso è allo studio del governo l’obbligo di un investimento minimo del 3% da parte dei Pir sui mercati non regolamentati, come l’Aim, provvedimento che rilancerebbe i Pir e il mercato delle pmi sul quale puntano anche gli Eltif. «Gli Eltif sono un interessante strumento che aiuta lo sviluppo dell’economia reale, un canale alternativo di finanziamento al capitale di rischio di pmi quotate», prosegue Mazzini.

Ma il target degli Eltif sono anche le aziende fuori dalla borsa. Se per i fondi Pir non sono previste soglie di accesso particolari, gli Eltif, pur essendo dedicati al retail, prevedono come si accennava una soglia minima a partire da 10 mila euro. Ciò alza l’asticella ma neppure troppo, visto che per altri strumenti meno liquidi come gli hedge fund il gettone minimo per accedere è 500 mila euro. Saranno comunque i patrimoni più elevati il bacino cui le sgr dedicheranno i maggiori sforzi commerciali. Anche perché qui le potenzialità sono ampie dato che, come emerge dalle analisi dell’Aipb (Associazione italiane del private banking), soltanto lo 0,3% dei patrimoni sopra i 500 mila euro è esposto ad asset alternativi . L’Eltif è uno dei veicoli per alimentare il peso di questi strumenti.

«Essendo un fondo chiuso ci aspettiamo un maggiore interesse da parte dei portafogli di maggiore dimensione tipici della clientela private e istituzionale», aggiunge Mazzini. Il comparto cui sta lavorando Eurizon si concentrerà in particolare sulle azioni dell’Aim e sulle capitalizzazioni più piccole dello Star. «Sul tema abbiamo una grande esperienza perché da sempre abbiamo un team dedicato all’investimento nell’equity italiano che venta un lungo track record nell’analisi delle pmi. Nel rispetto anche di una adeguata corporate governance, puntiamo costruire un portafoglio che sia stabile, anche in logica di partnership, entrando nel capitale di aziende che possono generare redditività nel medio lungo termine. Spesso si tratta di piccole multinazionali con business esteri e quindi molto resilienti al contesto specifico, ma con un enorme bisogno di finanziamento in una fase complicata come l’attuale per trovare risorse a supporto dei progetti di sviluppo», prosegue Mazzini. E il bacino è ampio. «Abbiamo fatto un’analisi dell’universo investibile arrivando alla conclusione che la capitalizzazione di mercato delle pmi, inclusi Mta e Aim, possibili target degli Eltif ha un valore di oltre 20 miliardi», osserva Mazzini, «la nostra idea è investire in aziende italiane perché crediamo che ci siano potenzialità molto interessanti».

Non solo. «Gli asset presenti nel portafoglio degli Eltif saranno quelli previsti dal regolamento europeo, perciò azioni quotate e non, obbligazioni emesse da aziende non quotate, prestiti e anche, in misura minore, liquidità. Ci saranno alcuni operatori che punteranno su Eltif esclusivamente obbligazionari, altri che proporranno strategie totalmente equity. Altri ancora, invece, potrebbero puntare su fondi bilanciati», aggiunge Tagliabue.
Anche Amundi sta lavorando da tempo per l’Italia al progetto Eltif retail forte della sua esperienza in Francia dove propone questi strumenti, ma soltanto agli investitori professionali e non al retail. La normativa europea sugli Eltif è del 2015, poi i singoli Paesi l’hanno recepita e i primi fondi Eltif sono stati lanciati in Lussemburgo che insieme alla Francia resta l’unico a offrire tali prodotti. E l’Italia si candida a diventare il primo mercato retail d’Europa. «Eltif è, per propria natura, un fondo chiuso: questo significa che obbliga l’investitore a restare per il tempo di vita dello strumento, nel nostro caso ragioniamo su una durata tra i cinque e i sette anni e, grazie alla propria durata, dovrebbe permettere al cliente di catturare un premio di liquidità legato all’investimento in strumenti meno liquidi rispetto ai fondi comuni tradizionali.
Attraverso questa strategia, il fondo dovrebbe essere in grado di generare rendimenti interessanti. Non solo: gli Eltif presentano una significativa decorrelazione rispetto alla volatilità dei mercati e sono quindi utili per aumentare la diversificazione, sempre nell’ambito di una corretta profilazione del cliente. Il portafoglio degli Eltif sarà costruito selezionando opportunità di investimento in pmi italiane, che sono il motore della crescita economica: Amundi, nel nostro Paese, ha costruito un team, tutto italiano, che si occuperà di questa attività, strategica per il fondo», osserva Tagliabue.

Amundi, in particolare, è impegnata su prodotto bilanciato. «Speriamo di poterlo portare sul mercato nel giro di poco: non vogliamo anticipare troppi elementi, però vogliamo puntare su una strategia bilanciata, con una parte preponderante obbligazionaria e una quota significativa ma inferiore di azionario. Crediamo che questo possa essere il giusto mix per il target di clientela per la quale abbiamo disegnato questa soluzione», dice Tagliabue.
Quanto alle possibilità di uscire prima dal fondo Eltif, «la normativa prevede alcune ipotesi di svincolo anticipato, inoltre potrebbe anche generarsi un mercato secondario delle quote, ma resta prioritario sempre tutelare chi resta nel fondo», commenta Bove. In casa Kairos, «il fondo Eltif che abbiamo pensato si dedicherà soprattutto alle società non quotate in Italia e nasce con la finalità di dare a queste società capitale di credito o equity per accompagnarle nel percorso di crescita o alla quotazione. Quindi potrà investire, a seconda del caso, in svariati asset, dai bond prodromici alla quotazione ai bond convertibili in caso di quotazione, ai project bond fino alle partecipazioni azionarie dirette anche in questo caso declinate in diverse modalità. Gli Eltif sono fondi che investono con logiche e modalità non troppo lontane da quelle del private debt o private equity, declinate però in funzione di prodotti ad ampia commercializzazione», prosegue Bove.

Kairos ha una tradizione importante sulle pmi europee, e ancora più importante in Italia, ed è anche una boutique da sempre molto attenta all’innovazione di prodotto. «La nostra intenzione è partire nel 2019. I tempi sono maturi e ho la sensazione che anche il mercato sia pronto per questi prodotti che completano il mercato del risparmio gestito», aggiunge Bove.
In ogni caso il successo dei Pir dimostra che è possibile mobilitare ingenti capitali per le aziende medio piccole italiane. «Ma ora è importante ampliare ulteriormente l’offerta di prodotti per sostenere le pmi, in particolare di quelle quotate sull’Aim. Anche se agevolazioni fiscali, per ora non ne sono previste, come invece sono state introdotte fin dall’inizio per i Pir, noi le sollecitiamo», conclude Mazzini. Con un’avvertenza finale. «Gli Eltif sono aperti al retail, ma non necessariamente sono adatti a tutti, per questo sarà importante rivolgerli a chi sposa un orizzonte di lungo termine», conclude Bove, «spero che le logiche degli Eltif non siano stravolte da spinte commerciali che in passato hanno creato errori distributivi. Una situazione di equilibrio potrà innescare un circolo virtuoso a vantaggio dell’economia reale». (riproduzione riservata)

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