di Angelo De Mattia

Evocare oggi la necessità di una riforma delle Authority, in particolare di quelle operanti in materia di credito e risparmio, potrebbe essere sconsigliabile, considerata la netta propensione del governo per un pervasivo spoils system, che ricorda, con accenti addirittura peggiori, quella dei partiti della Prima Repubblica. Tuttavia, a oltre dieci anni da quando si era iniziato ad affrontare questo tema a livello parlamentare con una formale proposta poi subito accantonata varrebbe la pena di riprendere al riguardo una documentata riflessione.
Nei fatti un sollecito viene anche dall’essere trascorsi ieri precisamente tre mesi dalle gravemente forzate dimissioni di Mario Nava (dotato di grande competenza ed esperienza) dalla presidenza della Consob, senza che sia stato ancora nominato il successore, nonostante gli impegni assunti dall’esecutivo per un avvicendamento celere e qualificato. Evidentemente, le candidature sinora emerse sono giudicate, come è giusto, palesemente inadeguate.

Si tratta, allora, di valutare se meccanismi istituzionali e procedurali si inceppino per motivi contingenti o se, invece, non debba piuttosto essere percorsa la strada di una rivisitazione dell’architettura che, accanto a tutte le altre prioritarie esigenze da soddisfare, consenta pure il superamento pro futuro di casi come quello al quale stiamo assistendo riguardante la formazione del vertice dell’Autorità in questione.
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L’argomento delle Authority fa parte anche dei capitoli sui quali dovrebbe intervenire la istituenda Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche; tuttavia, una trattazione anche avulsa dal contesto di questa indagine potrebbe avere il vantaggio di sottrarre l’argomento alle prevedibili vicende della Commissione parlamentare che potrebbero risultare più focalizzate sulla mera inchiesta (con finalità che si incrociano e configgono a seconda dei portatori) come la passata Commissione insegna, e meno sulla costruzione di eventuali nuovi assetti. Potrebbe anche sostenersi che un’ipotesi aggregativa, nel campo bancario e finanziario, delle funzioni di controllo della tutela della stabilità e della sana e prudente gestione con la supervisione della correttezza e trasparenza, nonché della diligenza, costituisca una sorta di extrema ratio, rispetto a una scelta che suddivida le competenze e i soggetti titolari (Banca d’Italia, Consob e Antitrust) per le finalità anzidette, concentrando in ciascuno di essi, ratione materiae, l’Ivass e la Covip.

Ma il passo ulteriore rispetto a quest’ultima articolazione sarebbe una riflessione sul modello irlandese e inglese che potrebbe comportare, in Italia, una riconduzione delle funzioni (o delle principali funzioni) della Consob nella Banca d’Italia, così strettamente coordinando le diverse forme di supervisione. Nel dibattito che su questo tema si era aperto negli anni scorsi anche chi scrive aveva espresso un’opinione scettica al riguardo, cominciando con il ricordare il rifiuto negli iniziali anni 70 del secolo scorso opposto dall’allora governatore Guido Carli al conferimento delle funzioni che, nel 1974, furono poi, constatato il diniego, attribuite a un ente di nuova istituzione, appunto la Consob.
Per la verità, ulteriori rifiuti della specie furono opposti da Via Nazionale anche al conferimento di competenze poi organizzate con l’Isvap, oggi trasformata in Ivass e ricondotta, però, con un rapporto interorganico, nell’Istituto centrale. Guidava una tale linea oppositiva l’avvertita esigenza di netta distinzione delle attribuzioni e della proficuità di un rapporto istituzionale dialettico tra Autorità preposte a differenti tipi di supervisione. Qui, comunque, occorre precisare che la Banca d’Italia non è un’Authority; è bensì una Banca centrale, facente parte del Sistema europeo di banche centrali, la quale ha anche funzioni di Authority.

In ogni caso, l’evoluzione intervenuta in oltre quarant’anni dalla linea Carli, che dimostra come dialettica operativa e collaborazione non esigono necessariamente una pluralità di istituzioni (si veda, appunto, il caso Ivass) e gli spunti offerti da una indagine comparata, unitamente al frequente ricorrere di situazioni nelle quali la formazione del vertice in particolare della Consob diventa un’operazione sovrumana per il ruolo che i partiti vogliono giocarvi, dovrebbero orientare una riconsiderazione istituzionale che potrebbe sfociare nell’assunzione di concrete proposte normative. Vantaggi sul piano di una visione unitarie, dell’efficienza e della tempestività decisionale e operativa sarebbero conseguiti.
Ma il rischio paventato all’inizio di questo articolo? Certo è immanente e suggerisce grande cautela. Soprattutto non si può prescindere dal rilievo costituzionale della Banca d’Italia quale componente dell’Eurosistema che trova nel Trattato Ue, avente rango costituzionale per il nostro ordinamento, una delle principali fonti di legittimazione. Ma promuovere una riflessione, per esempio a opera di esperti, accademici e istituzioni, non sarebbe ancora un decidere, ma, con l’auspicata cautela, essa potrebbe approdare a indicare una soluzione in grado di ricevere estesi consensi. (riproduzione riservata)

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