di Luca Gualtieri

Un documento di una decina di pagina tratteggia il nuovo assetto di controllo di Mediobanca . Il presidente del patto Angelo Casò avrebbe ormai definito la bozza che mercoledì 5 dicembre sarà presentata ai soci storici. Sono trascorsi 63 anni dal primo patto di sindacato che Enrico Cuccia scrisse per stabilizzare la governance nella neonata merchant di via Filodrammatici. Se all’epoca l’accordo bilanciava il peso delle tre banche di interesse nazionale con quello della Lazard di André Meyer e della Lehman Brothers, negli anni gli assetti proprietari sono cambiati e la presa dei soci storici si è progressivamente allentata. Un’evoluzione fisiologica che va nella direzione di una sempre maggiore apertura agli investitori internazionali e di una maggiore indipendenza del management.

Evidentemente però i tempi non sono ancora maturi per il grande passo verso la public company, che pure l’amministratore delegato Alberto Nagel ritiene auspicabile nel medio termine. Ecco perché dopo un paio di mesi di riflessioni i pattisti avrebbero deciso di dare vita a un accordo di consultazione biennale dopo la scadenza dell’attuale sindacato. Alla fine di settembre infatti con una mossa a sorpresa Vincent Bolloré ha accelerato i tempi di una riforma della governance, dando una disdetta anticipata al patto e determinandone così la decadenza per fine anno.
La bozza di Casò apporta alcune modifiche sostanziali al vecchio sindacato, allentandone i vincoli per lasciare le mani libere ai sottoscrittori. Non si tratterà infatti di un patto di un sindacato di blocco o di voto, ma di un accordo di consultazione. I soci quindi potranno gestire liberamente la propria quota, limitandosi a informare il presidente di eventuali movimentazioni. In questo modo chi vorrà uscire potrà farlo senza aspettare specifiche finestre temporali come previsto dal patto in scadenza. Altro elemento su cui insiste la bozza è l’indipendenza del consiglio di amministrazione della banca: gli aderenti all’accordo non potranno infatti sostituirsi al board e neppure potranno disporre di informazioni diverse da quelle a conoscenza del mercato.

Non si tratterà insomma di un centro decisionale esterno ma di un organo per condividere e commentare le strategie della banca. Anche per questa ragione i soci che aderiranno all’accordo non potranno presentare la lista per il rinnovo del board di Piazzetta Cuccia se non in via subordinata, cioè nel caso in cui il cda uscente non lo faccia. L’accordo prevederebbe la presentazione di una lista per il rinnovo del collegio sindacale. In questo modo ancora una volta sarebbe garantita la separazione dei ruoli tra azionisti, amministratori e management nell’ottica di quanto auspicato dai vertici della banca. L’accordo sarà incardinato su alcuni meccanismi già previsti dal vecchio patto.
Ci saranno un paio di assemblee all’anno, una dopo la presentazione del bilancio e una dopo la semestrale, e il presidente (affiancato da un comitato di tre-quattro membri) potrà convocare eventuali assise straordinarie per discutere di materie specifiche. L’arco temporale previsto dalla bozza andrà invece dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2020, ferma restando una clausola di rinnovo tacito con preavviso che potrebbe estendere l’accordo per un periodo più ampio. In ogni caso il sindacato accompagnerebbe Mediobanca fino al rinnovo del cda previsto per ottobre 2020. Quale sarà la risposta dei soci all’assemblea di mercoledì 5? Salvo colpi di scena, sembra che tutti gli azionisti rimasti nel patto dopo l’uscita di Bolloré siano orientati ad aderire all’accordo.
La soluzione del resto è sostenuta con forza dalla famiglia Doris (azionista al 3,28% attraverso Mediolanum ), ma condivisa nella sostanza sia dai privati che da Unicredit . «Finora la mia idea di questo patto di consultazione sembra che sia piaciuta a molti», ha spiegato recentemente Ennio Doris. Se insomma i soci storici sono orientati ad aderire all’accordo di consultazione, non è escluso che in un secondo tempo il sindacato sia allargato ad altri azionisti, estranei al vecchio patto. L’assemblea avrà infatti facoltà di inserire nuovi soggetti nel nocciolo, soprattutto nel caso di defezioni. Al momento non c’è ancora nulla di concreto, ma l’ipotesi non viene giudicata del tutto improbabile. (riproduzione riservata)

Fonte: