Ci si può ritirare prima dei 65 anni ma con ritenute del 2% per ogni anno di anticipo
Le riduzioni sono inimmaginabili: la pensione è un contratto
di da Berlino Roberto Giardina

Angela Merkel ha deciso di aumentare le pensioni del 38% entro il 2032, scaglionato anno per anno. Si comincia con un +3,18% a luglio per l’Ovest e un +3,91% per le regioni della ex Ddr
I tedeschi dovranno lavorare più a lungo, ma le pensioni aumenteranno di anno in anno. Il governo ha finalmente deciso di intervenire sul problema più grave che, per gli elettori, è più preoccupante dell’immigrazione incontrollata: a causa dei tassi d’interesse quasi pari a zero, i fondi pensione non rendono, e molti di quanti oggi hanno tra i 40 e i 50 anni temono che al momento del ritiro si dovranno accontentare di una pensione pari all’attuale soglia di povertà. Pagato l’affitto, resterà poco per vivere. Perché invece di pensare a chi riceve l’assegno sociale, e magari non ha mai lavorato, come fa la sinistra del Partito socialdemocratico, non preoccuparsi di chi ha faticato tutta la vita?

I pensionati sono circa 21 milioni, e la pensione ammonta in media al 48% dell’ultimo stipendio lordo. Poco. Non solo: fino a qualche anno fa, i pensionati pagavano le tasse sulla metà dell’importo, ma questo privilegio diminuisce del 2% l’anno, fino a sparire tra un decennio. La Große Koalition per rimediare ha deciso di aumentare le pensioni del 38% entro il 2032. Una buona notizia per i cinquantenni. L’aumento sarà scaglionato anno per anno: si sale del 3,18% dal prossimo 1° luglio, per l’Ovest, e del 3,91% per le regioni della ex Ddr, la Germania dell’Est, ex comunista. Entro il 2025 il livello medio delle pensioni non dovrà scendere sotto l’attuale 48%. E non aumenteranno le trattenute pensionistiche oltre il 20% (oggi sono al 18,6). Nel 2032 si arriverà al 22,5%.Ma salirà l’età pensionabile.

È possibile ritirarsi prima dei 65 anni, perdendo il 2% per ogni anno. Ed è permesso svolgere un’attività senza essere penalizzati. Oggi, aumentano quelli che lavorano più a lungo, sia per necessità sia per il desiderio di avere un’occupazione. Non per tutti il tempo libero è un’opportunità. Nel 2000, quanti avevano tra i 60 e i 64 anni e continuavano a lavorare erano un milione e mezzo. L’anno scorso erano 2 milioni e 100 mila. Gli uomini oltre i 60 ancora al lavoro sono aumentati del 63%, le donne solo il 53% in più. In totale sono il 40% degli occupati, il doppio rispetto al Duemila.

L’ età pensionabile è stata portata nel 2007 da 65 a 67 anni, ma l’aumento è stato scaglionato su vent’anni, si sale di due mesi ogni anno. In Germania si rispetta il patto sociale, i diritti acquisiti non si toccano e una riforma alla Fornero non è neanche pensabile. Se hai il diritto di andare in pensione domani, ci andrai. Oggi il limite è posto a 65 anni e sette mesi, solo chi è nato nel 1964 andrà in pensione a 67 anni. Di recente, qualcuno ha proposto di abolire la riforma, e tornare indietro: si va in pensione prima e si aumentano i posti di lavoro. Ma questo non avviene: solo in parte i posti lasciati vacanti da chi va in pensione vengono occupati da giovani. Molti vengono eliminati grazie all’impiego di computer o da nuove macchine utensili. Inoltre, i disoccupati sono oggi poco più di due milioni, il livello più basso dalla riunificazione, e nell’industria e nell’artigianato i posti vacanti sono oltre un milione. Mancano i lavoratori specializzati. Al contrario, le imprese tentano di invogliare i dipendenti a non andare in pensione, con aumenti, o meno ore settimanali, e altri benefits, per non perdere lavoratori qualificati. Si lavora più a lungo ma si è premiati, e lo Stato ha stanziato un miliardo di euro per l’aggiornamento di quanti decidano di ritardare la pensione.
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