Gli analisti sono preoccupati per le dimissioni a sorpresa del ceo perché arrivano in un momento difficile per tutta l’industria del risparmio gestito. Mediobanca non esclude visioni divergenti nella gestione della rete e incalza: c’è bisogno di un profondo ripensamento della strategia o arriverà l’m&a. Titolo sotto 10 euro
di Paola Valentini

Titolo Azimut molto volatile stamattina a Piazza Affari, dopo il -5% di ieri sulla scia della notizia delle dimissioni dell’ad, Sergio Albarelli, comunicata a mercati aperti a fine mattinata. Un crollo che ha portato il gruppo a perdere oltre un terzo del suo valore di borsa: da inizio anno il titolo è giù di oltre il 36%. Il titolo ha aperto in rialzo ma dopo le prime battute di scambi ha invertito la tendenza fino a cedere più del 2,25% a 9,85 euro, scendendo sotto quota 10 euro. Ora arretra dell’1,58% a 9,926 euro.
D’altra parte l’uscita di Albarelli arriva in un momento non facile per tutta l’industria del risparmio gestito alle prese con una forte contrazione della raccolta rispetto ai massimi degli ultimi anni per via di un mercato che quest’anno è stato complicato da affrontare. Pochissimi asset si sono salvati, tra questi il dollaro, ma per il resto azioni e bond si apprestano a chiudere un anno anche peggiore del 2008 nel culmine della crisi finanziaria globale. Senza dimenticare che queste difficoltà giungono proprio alla vigilia dell’operazione trasparenza voluta dalla direttiva Mifid II che da inizio 2019 imporrà nei rendiconti inviati ai clienti dalle società di gestione una maggiore trasparenza sui costi addebitati.
Il declino dei flussi non ha risparmiato i quattro operatori quotati a Piazza Affari attivi nell’asset management con una propria rete di consulenti, a eccezione di FinecoBank il cui modello di business diversificato anche sul fronte bancario ha permesso di difendersi meglio (la raccolta negli 11 mesi è salita del 9% a 5,42 miliardi). Mentre proprio Azimut è il gruppo che ha perso di più rispetto al confronto con lo stesso periodo del 2017: nel periodo gennaio-novembre ha raccolto 4,23 miliardi di euro, -28% a fronte dei 4,55 miliardi di Banca Generali (-27%) e dei 3,21 miliardi di Banca Mediolanum (-24%).

Logico, quindi, che il mercato si interroghi sul perché l’ad di Azimut si sia dimesso proprio in questa fase molto delicata per il settore. La società ha spiegato che l’uscita è avvenuta per scelta personale e in pieno accordo con gli organi sociali. Fino alla nomina del nuovo ad prevista con l’assemblea degli azionisti di aprile, Azimut conferma e ulteriormente rafforza le deleghe già attribuite ai componenti del consiglio per consentire la gestione ordinaria e straordinaria. A seguito delle dimissioni, il cda ha nominato per cooptazione Gabriele Blei, conferendogli la carica di amministratore.

Banca Imi (hold e target price a 12,2 euro confermati sull’azione) stamani afferma che resterà molto cauta sul titolo dal momento che il gruppo resterà senza ceo per quattro mesi (Albarelli lascerà formalmente a fine gennaio). Secondo indiscrezioni il presidente, Pietro Giuliani, potrebbe tornare ad aumentare il suo potere, con un annuncio che potrebbe avvenire già nella convention della rete di Azimut di inizio anno prevista per il 15 gennaio.
Proprio i consulenti finanziari rappresentano l’asset più importante del gruppo e i rapporti con la rete in generale da sempre un capitolo molto delicato da gestire perché necessita di figure molto carismatiche come, ad esempio, lo sono i Doris per Banca Mediolanum . Albarelli, figura di spicco nell’asset management tricolore, era diventato ceo di Azimut il 3 ottobre di due anni fa dopo aver lasciato la guida di Franklin Templeton che aveva contribuito a fare diventare la prima società estera di risparmio gestito in Italia senza una rete propria di distribuzione, ma quando il manager era uscito i deflussi avevano già cominciato a colpire l’asset manager Usa.
Con la nomina di Albarelli a ceo di Azimut , Giuliani, che fino ad allora era sia presidente sia ad, aveva mantenuto soltanto la presidenza senza deleghe operative. Era stata Banca d’Italia a richiedere lo sdoppiamento della carica di ad e presidente. Nel frattempo Mediobanca Securities conferma uno scenario di m&a: “come abbiamo scritto nella nostra nota dal titolo “From strategic concerns to M&A target” del 26 luglio 2018, siamo preoccupati sulla strategia di Azimut “. Tra i maggiori motivi di preoccupazione c’è “la decisione di espandere il business fuori dall’Italia nel momento in cui in Italia le sue attività erano in difficoltà”.
Un altro nodo che impensierisce gli analisti di Piazzetta Cuccia è il tasso di rotazione dei banker. “Abbiamo calcolato che in media per Azimut è del 6% nel periodo 2012-2017, rispetto al 2% di Fineco, al 3% di Banca Generali e al 5% di Mediolanum . In altre parole più persone escono da Azimut rispetto a quanto accade nelle altre realtà e ciò obbliga il gruppo a una maggior attività di reclutamento”, sostiene Mediobanca che si sofferma anche sulla modalità di calcolo delle commissioni di performance: “la decisione di non assumere un approccio attivo al calcolo mensile di queste commissioni lascia il gruppo esposto alle critiche da parte degli investitori e una una modesta valutazione di questa componente che nel 2017 rappresentava il 75% degli utili”.

Inoltre “crediamo che il modello integrato di Azimut , che combina produzione distribuzione, non sia adeguato alle attuali sfide di mercato. Non sappiamo se dietro l’uscita di Albarelli ci siano state visioni diverse sulla strategia del gruppo, ma constatiamo che queste dimissioni arrivano dopo meno di tre anni alla guida come ceo e dopo la dipartita di tre gestori storici del gruppo avvenuta lo scorso anno”, continua Mediobanca . I tre money manager Fausto Artoni, Gherardo Spinola e Stefano Mach hanno lasciato Azimut nel 2017 per creare una propria sim di gestione (Impact).
“Restiamo convinti che il gruppo abbia bisogno di un profondo ripensamento della sua strategia o arriverà l’m&a. Il nostro giudizio outperform”, con target price a 15,2 euro, conclude Mediobanca , “è proprio legato al maggior valore che emergerebbe con un break-up in caso di un’operazione straordinaria di m&a”.
Anche Banca Akros vede probabile nel futuro di Azimut l’m&a, ma stamani ha tagliato il prezzo obiettivo da 14 a 12 euro (rating neutral) dopo aver ridotto i margini di utile netto sugli asset medi. “Quest’uscita apre una fase imprevedibile per lo sviluppo del gruppo alla luce delle attuali difficili condizioni dei mercati. Quindi crediamo che Azimut continuerà a essere penalizzata da prospettive più incerte e da una bassa visibilità rispetto a quella dei suoi concorrenti”.

Fonte: logo_mf