PREVIDENZA

Autori: Silvin Pashaj e Maria Elisa Scipioni
ASSINEWS 292 – dicembre 2017

Il primo elemento della posizione di un lavoratore nei confronti dell’ente previdenziale, e quindi uno degli elementi più importanti che contribuiscono al calcolo dell’entità e dei requisiti per la prestazione attesa, è la contribuzione accreditata, sia in termini di tempi che di importi delle somme versate. I periodi coperti da contribuzione di qualsiasi tipo sono calcolati in mesi, oppure in settimane, o in giornate a seconda dell’ente previdenziale. In funzione della posizione del soggetto si possono distinguere diverse tipologie di contribuzione: la contribuzione obbligatoria o effettiva, figurativa, volontaria e da riscatto. Vediamole ora in dettaglio, definendo gli aspetti tecnici e la loro validità ai fini pensionistici.

Contribuzione obbligatoria o effettiva

È la contribuzione versata dall’assicurato e/o dal datore di lavoro in costanza di rapporto di lavoro. Il contributo dovuto è calcolato in proporzione al reddito percepito. Ai fini della contribuzione l’elemento di primaria importanza è la base imponibile su cui si applica l’aliquota contributiva, di cui si possono distinguere sostanzialmente 4 tipologie diverse: Retribuzioni derivanti da lavoro dipendente – si considera di natura retributiva tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro, in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta. Sono esclusi soltanto i rimborsi spese e gli assegni per carichi di famiglia. Per particolari categorie, come i lavoratori di cooperative di lavoro, i lavoratori domestici, i lavoratori agricoli il reddito di riferimento è convenzionalmente determinato annualmente per tutte le categorie. Il contributo dovuto è suddiviso in due quote: la prima a carico del lavoratore, la seconda totalmente a carico del datore di lavoro. Quest’ultima non fa parte della retribuzione percepita dal lavoratore. A secondo dell’ente previdenziale vigono minimali e massimali di retribuzione per il calcolo dei contributi. Una forte limitazione per i redditi alti è stata introdotta dalla riforma del 1995 che stabilisce per il sistema contributivo il reddito massimo imponibile del 1996 in 68.172 E., successivamente rivalutato annualmente al tasso d’inflazione (ad oggi, 2017, pari a 100.324 E.). Se i contributi effettivamente versati sono inferiori a quanto dovuto per il reddito minimo, il lavoratore subisce una riduzione proporzionale del numero di settimane accreditate nell’anno.

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