Intervenuto al convegno A ciascuno il suo welfare. Bisogni mutevoli, scelte individuali, risposte integrate, organizzato a Roma da Unipol-Unisalute, il presidente dell’Inps Tito Boeri ha sottolineato quanta strada ci sia ancora da fare in termini di welfare: “Il sistema di protezione sociale presenta infatti lacune vistose, a cominciare dalla non autosufficienza, che nel 2060 stimiamo inciderà sul Pil per il 3,2-3,3%”.

Numeri importanti che fanno dire al presidente dell’Inps che il sistema pubblico dovrà continuare a ricoprire un ruolo centrale, sebbene sia chiamato a ripensare i suoi strumenti: “Deve essere più selettivo, evitare abusi, essere capace di concepire un programma di Legislatura. Poi è chiaro che il sistema deve includere le assicurazioni private, ma anche le imprese, considerando che sono alle prese con una forza lavoro che invecchia. E’ già evidente, ad esempio che le imprese che presentano lavoratori più anziani, stanno investendo maggiormente in welfare aziendale”.

Argomento estremamente delicato per una popolazione dalle aspettative di vita sempre più lunghe, di non autosufficienza si è parlato troppo poco e il tema non è mai arrivato sul tavolo delle priorità della politica. “Non a caso – ha aggiunto Boeri – abbiamo voluto porre particolare attenzione a questo tema fin dal Rapporto 2015 dell’Inps, dove evidenziamo come l’Italia tenda a gravare eccessivamente sulla famiglia, quanto alla cura delle persone non più autosufficienti, e si sia molto poco selettivi. Strumenti come le indennità di accompagnamento prevedono una somma fissa indipendentemente dalla gravità del bisogno di assistenza, e senza guardare alle condizioni economiche delle famiglie. Poi ci sono tanti altri strumenti, che sono utilizzati con controlli non sempre adeguati: nell’utilizzo della legge 104/1992 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili riscontriamo differenze tra pubblico e privato e tra Regioni, che non sono spiegabili con una difforme composizione della popolazione nè con dati epidemiologici, ma che probabilmente hanno a che vedere con rischi di abuso”.