Contributi integrativi distribuiti sui montanti degli iscritti
L’ufficialità è arrivata con lettera del Ministero del Lavoro. Una conferma attesa da tempo dall’Ente di previdenza dei periti industriali e dei periti industriali laureati per distribuire sui montanti previdenziali degli iscritti quota parte dei contributi integrativi versati negli anni 2014 e 2015.

La notizia ha già avuto richiamo sulle pagine di questo giornale (si veda ItaliaOggi del 2/12/2017, a cura di S. D’Alessio). Il presidente dell’Eppi Valerio Bignami contorna in questa breve intervista gli effetti del provvedimento e di ciò che in generale rappresenta per coloro che stanno costruendo la propria pensione attraverso il sistema contributivo dell’Eppi.

Domanda. Presidente Bignami, l’Eppi ha incassato l’approvazione di un provvedimento da molto tempo atteso. Stiamo parlando di circa 43 milioni di euro che si sommano ai 45 già distribuiti per il 2012 e 2013. Siete soddisfatti?

Risposta. Di primo acchito non posso che risponderle sì. È il riconoscimento per aver attuato una responsabile gestione delle risorse che amministriamo in nome e per conto dei nostri iscritti. Come è stato ricordato, nel corso di questi anni abbiamo complessivamente distribuito sui montanti dei nostri iscritti 88 mln di euro, oltre ad aver garantito tempo per tempo la rivalutazione di legge, per complessivi 140 mln di euro. Contributi che – a loro volta – genereranno un maggior importo a titolo di rivalutazione.

D. Quali sono, allora, le ombre che non le consentono di essere del tutto soddisfatto?

R. Vede, c’è un punto della nota ministeriale dove si afferma che questo provvedimento non impatterà in maniera sostanziale sul problema dell’adeguatezza dei trattamenti pensionistici. Nonostante questo ingente impegno economico, infatti, i ministeri hanno voluto sottolineare che il provvedimento non produce impatti rilevanti sull’equilibrio di gestione e che risulta sostenibile nel medio e lungo periodo, non determinando un sensibile miglioramento dell’assegno pensionistico.

D. Non è forse vero?

R. Non posso essere d’accordo, perché il provvedimento deve necessariamente essere valutato come una tappa del lungo percorso per l’adeguatezza pensionistica, già tracciato dal nostro Ente. La riproposizione di tale provvedimento nel corso del tempo, in maniera quindi strutturale, consentirà di raggiungere l’obiettivo di un tasso di sostituzione intorno al 40%. Poi mi permetta di dire che dobbiamo avere il coraggio di spogliarci dei nostri ruoli e vedere il sistema nel suo complesso, perché altrimenti continueremo a parlare di massimi sistemi perdendo il contatto con la realtà. Vorrei ricordare che il protocollo sul welfare (legge 247/2007) all’articolo 12, parlando di modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione, immaginava – tra i meccanismi utili per raggiungere l’adeguatezza delle pensioni – una soglia di contribuzione «pari a quella dei lavoratori dipendenti», che avrebbe permesso un tasso di sostituzione, al netto della fiscalità, «non inferiore al 60%». Ora, l’aliquota dei lavoratori dipendenti è circa del 33%, noi arriveremo nel 2019 al 18%, e grazie alla distribuzione dell’integrativo l’aliquota di calcolo della pensione Eppi sarà di circa il 22-23% (18% + quota integrativa) con un tasso di sostituzione del 40%. Non possiamo immaginare che il libero professionista si costruisca una pensione adeguata con le sue sole forze, per questo ritengo che ogni intervento che vada nella direzione di migliorare i trattamenti pensionistici debba essere applaudito senza se e senza ma. Non per altro abbiamo pubblicizzato l’approvazione come «un passo in più». È un passo di un percorso lungo che avvicina ulteriormente l’Ente agli iscritti, poiché nel trasferirgli parte della ricchezza prodotta con il contributo della committenza, consente tangibilmente di apprezzare il ruolo di ciascuno: l’iscritto che versa la contribuzione e l’Ente che versa i risparmi ottenuti grazie ad una sana e prudente gestione. Certo in questo percorso manca lo Stato che, con un trattamento fiscale più equo, potrebbe liberare ulteriori risorse utili all’obiettivo costituzionale di una pensione dignitosa.

D. Quali interventi immagina?

R. La nostra intenzione è quella di proseguire su questa strada, perché riteniamo sia l’unica praticabile. È verosimile pensare che, a regime, la percentuale del contributo integrativo da destinare ai montanti contributivi si assesti in media intorno al 50%. Questo perché è inevitabile che l’economia nazionale torni ad avere tassi di crescita, e pertanto i montanti beneficeranno di maggiori tassi di rivalutazione di legge con la variazione positiva del pil. In questi anni di decrescita o di crescita zero, abbiamo attivato le leve a nostra disposizione: la contribuzione integrativa riversata sui montanti e la maggiore aliquota di rivalutazione. A breve, riproporremo la distribuzione di quota parte dell’integrativo 2016 e la maggiore rivalutazione per gli anni dal 2014 al 2016.
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