di Roberta Castellarin
Piazza Affari è stata una delle borse migliori dell’anno con l’indice Ftse Mib che in euro ha messo a segno un +15,6%, gli indici Ftse Mib cap e Star rispettivamente un +33 e 35% in euro. Merito dell’effetto congiunto di un contesto macroeconomico favorevole con un pil che ha battuto le attese e un maggiore interesse dei big money per le piazze europee, con un occhio di riguardo a Milano che partiva con multipli più bassi rispetto agli altri listini dell’area euro. Ma ad accendere i riflettori sulle piccole e medie imprese quotate sono stati anche i Pir, i piani di risparmio agevolati fiscalmente, che nei nove mesi 2017 hanno registrato una raccolta netta positiva per 7,5 miliardi di euro con l’attesa che si arrivi a 10 miliardi a fine dicembre. Per i prossimi anni l’attesa è di una raccolta di 50-70 miliardi in cinque anni. Come ha confermato il capo della segreteria tecnica del ministero dell’Economia e delle finanze, Fabrizio Pagani, in occasione del convegno sulle Pmi organizzato da Borsa italiana, le stime di raccolta sui Pir «parlano di 50-70 miliardi di euro e io penso che saremo in quel range».

Certo solo una parte di quanto raccolto è andata in azioni tricolore perché di circa una novantina di fondi lanciati o trasformati in Pir compliant solo un terzo è rappresentato da puri azionari. Si può stimare quindi che in azioni siano stati investiti circa 2,5 miliardi, di cui 750 milioni in aziende di piccola e media capitalizzazione. Un flusso importante, ma non sufficiente a giustificare i rialzi dei titoli dell’indice Star, che capitalizza circa 40 miliardi o dell’Aim che ne capitalizza 5,5. Quindi i Pir sembrano più aver avuto un ruolo di catalizzatore di interesse verso il settore che un ruolo esclusivo di motore del rialzo. Certo, se continuerà il trend di raccolta nei prossimi anni, è auspicabile che il listino si arricchisca di nuove azioni.

Ma ecco nel dettaglio come si sono mossi i Pir quest’anno e come affronteranno i prossimi mesi. Ma anche chi ha saputo cavalcare meglio il fenomeno e chi meno dal punto di vista delle performance. Con tutte le avvertenze del caso, visto che i fondi sono partiti in date diverse nel corso dell’anno e quindi non è possibile una classifica assoluta di migliori e peggiori sullo stesso arco temporale anche all’interno di categorie omogenee.

Dal punto di vista dell’attesa di raccolta dei Pir nei prossimi anni, le stime parlano come detto di 50-70 miliardi in cinque anni. Tra i campioni di raccolta nel mondo dei Pir, assieme al gruppo Intesa Sanpaolo , c’è Mediolanum che da subito ha puntato su questi prodotti. Sottolinea Edoardo Fontana Rava, direttore sviluppo e gestione prodotti di Banca Mediolanum : «Crediamo che il fenomeno proseguirà ancora, ma è importante fare chiarezza su come vanno valutati questi piani, che non devono essere considerati strumenti di investimento speculativi, ma proprio piani di risparmio con un orizzonte temporale di almeno dieci anni». Fontana Rava ricorda infatti che se i versamenti si susseguono per cinque anni, l’orizzonte temporale per l’investimento deve essere di almeno una decina d’anni. Da questo punto di vista non va valutata la performance di breve periodo, ma è importante considerare la politica di investimento seguita dal gestore. E le commissioni. E da questo punto di vista Mediolanum è pronta a rilanciare. «Dopo questo primo periodo dal lancio dei prodotti e dopo una valutazione del mercato stiamo pensando a una riduzione delle commissioni dell’ordine dello 0,3-0,5%, proprio in un’ottica di un piano di risparmio volto al lungo periodo».

Intanto una prima analisi dei prodotti lanciati finora vede il prevalere di prodotti flessibili e bilanciati, disegnati per i risparmiatori italiani da sempre poco propensi a esporsi troppo sui listini azionari. Una parte dei prodotti era già esistente, altri invece sono stati lanciati ad hoc. Negli azionari tra i preesistenti ci sono i tre fondi targati Zenit che spiccano anche ai vertici per performance. Il fondo Zenit Multistrategy stock picking Pir ha messo a segno da inizio anno una performance del 28%, mentre i due comparti Zenit Pianeta Italia segnano un +26% dal momento che sono diventati Pir compliant il 20 febbraio. Mentre AcomeA azioni Italia, anche in questo caso un fondo preesistente, ha messo a segno da inizio anno una performance del 26%. Sempre tra i preesistenti c’è Fidelity Italy che segna una performance dall’inizio dell’anno del 14%. Lo storico comparto di Fidelity gestito da Alberto Chiandetti è diventato Pir compliant dal 17 aprile di quest’anno.

Mentre nel caso dei fondi di Zenit, «si trattava di fatto di prodotti Pir ante litteram che avevano una forte esposizione alle piccole e medie capitalizzazioni», spiega Michele Guerrieri, responsabile commerciale di Zenit sgr. Che esclude che ci si trovi di fronte a una bolla per le pmi quotate: «Finora i flussi confluiti su queste azioni non sono tali da generare una bolla e bisogna considerare che assieme alla raccolta dei Pir e dei flussi verso le pmi quotate c’è stato anche un aumento delle ipo arrivate in borsa. Anzi speriamo che questo fenomeno porti a un aumento delle dimensioni di Piazza Affari che continua a essere sotto dimensionata rispetto al pil. Il legislatore già da alcuni anni lavora per aiutare le pmi a trovare forme di finanziamento alternative al settore bancario e mi sembra che mercato e risparmiatori stiano rispondendo favorevolmente». Tra i puri azionari i fondi con dimensioni da boutique hanno il vantaggio di poter investire anche in società con più bassa capitalizzazione, su titoli meno coperti dalla ricerca, ma che possono offrire importanti opportunità di investimento.

Va detto che i Pir sono arrivati in un momento favorevole per i mercati e per Piazza Affari in particolare. Come ricorda Davide Albani, responsabile team azionario di Sella Gestioni, «il lancio dei piani di risparmio agevolati fiscalmente è arrivato in un anno fortunato in termini di contesto macroeconomico e all’interno di un recupero delle borse».

Stefano Andreani, gestore azionario di Lemanik, sottolinea che l’economia italiana sta vivendo una fase di accelerazione che ha permesso di registrare una crescita anno su anno dell’1,8% nel terzo trimestre. Diversamente da altri Paesi esiste ancora un rilevante gap da colmare per i ritardi accumulati in passato. Gli indicatori di fiducia migliorano di mese in mese e lo spread tra Btp e Bund è sui livelli ragionevoli: passi avanti certificati anche dal recente innalzamento del rating a BBB del merito di credito italiano da parte di S&P. «Sul fronte valutativo la fase di re-rating da un lato ha tolto l’Italia da un’evidente situazione di sottovalutazione cronica rispetto a molti mercati, dall’altro non incorpora un particolare ottimismo rispetto alla possibile traiettoria futura degli utili, lasciando quindi spazio affinché il trend in corso possa continuare nel corso del 2018», sottolinea Andreani. Albani aggiunge: «I flussi di raccolta per questi prodotti hanno superato le attese e parte di questi si è riversato sulle mid e small cap quotate a Piazza Affari». Anche se, come si vede dalla tabella elaborata per MF-Milano Finanza da Fida e pubblicata in pagina, molti fondi lanciati sono flessibili o bilanciati e solo un terzo è rappresentato da puri azionari, quindi solo una parte dei 7,5 miliardi raccolti nei nove mesi (destinati a diventare 10 entro fine anno) è confluita nelle azioni delle pmi italiane.

D’altronde Luigi Degrada, responsabile gestione fondi di Fideuram Investimenti am, sottolinea: «Ci stiamo per lasciare alle spalle un anno positivo per tutti i mercati, grazie a un andamento della crescita economica globale superiore alle aspettative, la riforma fiscale approvata negli Stati Uniti, politiche monetarie ancora accomodanti e un’abbondanza di liquidità», continua Degrada, «molte valutazioni azionarie sono salite e ora è probabile che ci possa essere una maggiore volatilità e quindi sarà necessaria una maggiore selettività. Bisognerà cercare nei settori le singole storie su cui puntare». E questo vale a maggior ragione per le piccole e medie imprese che da sempre sono soggette a una volatilità superiore. «Le piccole capitalizzazioni sono più sensibili alle variazioni dei mercati perché sono sufficienti pochi scambi per muovere il loro prezzo; quindi anche in questo caso sarà necessaria un’analisi approfondita volta a trovare storie azionarie di valore», afferma Degrada. Interviene su questo punto anche Albani: «In generale per il mercato azionario Italia ci sono ancora spazi di rivalutazione anche nel 2018 perché il contesto macro resta favorevole e la crescita in tutta Europa appare sostenuta dalla domanda interna con l’export che dà una mano. Dal punto di vista degli utili potranno ancora esserci tassi di crescita a doppia cifra e le banche centrali, nonostante abbiano iniziato a ritirare la liquidità, restano accomodanti». In particolare Albani ricorda che riguardo ai multipli il mercato azionario italiano tratta in media intorno a 14 volte gli utili attesi 2018, ossia con uno sconto del 5-10% rispetto alle azioni europee, che a loro volta sono a sconto rispetto a quelle Usa». Il listino milanese presenta poi settori ancora sacrificati, come quello bancario. Diverso il discorso quando si vanno ad analizzare le piccole e medie capitalizzazioni. Come conferma Albani: «Qui si è registrato un forte apprezzamento e i multipli non sono più a buon mercato. È quindi necessario essere selettivi su titoli e settori». Concorda Stéphanie Bobtcheff, gestore del fondo di tipo Pir, Echiquier Rinascimento: «Il mercato delle small cap italiane è cresciuto moltissimo dall’inizio dell’anno anche grazie agli importanti flussi generati dai Pir. I flussi dovrebbero continuare a essere sostenuti su questo segmento del listino nel 2018, anche se le valorizzazioni sono oggi più elevate e richiedono maggior selettività». Si sofferma sulla specificità dei Pir Emilio Franco, amministratore delegato di Mediobanca sgr: «Nonostante la forte performance da inizio anno 2017 superiore al 30% e il conseguente rerating della valutazione delle mid e small cap italiane riteniamo che, in considerazione delle specificità dei Pir, ci siano ancora buone opportunità per gli investitori a Piazza Affari». Franco ricorda infatti che i piani di individuali di risparmio hanno le caratteristiche proprie dei piani di accumulo (pac), ossia acquisti che vengo effettuati ogni anno fiscale per 5 anni successivi permettendo un prezzo di carico mediato (indipendentemente della fase di rialzo o ribasso dei mercati).

Sul tema delle potenzialità del listino interviene anche Francesco Conte, portfolio manager del JPMorgan fund Multi-Asset Italy Pir di JP Morgan am: «Ci sono sempre opportunità. La maggior parte dei nostri investimenti in Italia sono società leader a livello globale su settori specifici. Queste tendono a esportare la maggior parte dei loro prodotti e stanno beneficiando di questa prima ripresa globale sincronizzata in dieci anni». Conte aggiunge: «Un altro fattore importante è la tecnologia, che sta cambiando il modo in cui le società operano creando nuove opportunità non solo per le imprese già quotate ma anche per quelle che guardano alla Borsa per raccogliere fondi e finanziare il loro sviluppo».

Non solo. Se si allarga lo sguardo sugli altri listini del Vecchio Continente si scopre che il rally delle pmi quotate non ha riguardato solo il listino milanese. Gilles Guibout, gestore del fondo di tipo Pir Axa WF Framlington Italy sottolinea che nonostante il rally il mercato italiano non ha valutazioni a premio rispetto alle altre borse europee. «Per esempio, se si guarda al confinante mercato svizzero si trova un apprezzamento significativo delle piccole capitalizzazioni, quindi il movimento che si è registrato in Italia non è stato in controtendenza con quanto visto nel resto d’Europa», spiega Guibout. Il gestore ricorda che oggi il livello di valutazione dei mercati azionari a livello globale è elevato e a spiegare la performance azionaria sono un effetto combinato tra l’evoluzione dei multipli e la crescita degli utili. «Oggi è difficile pensare che ci sia spazio per un aumento dei multipli per cui bisogna focalizzarsi sulle società capaci di generare una buona crescita degli utili nei prossimi tre anni, questo sarà il vero motore di apprezzamento dei titoli», avverte Guibout. Che ricorda come nell’ultima tornata di trimestrali siano state particolarmente penalizzate in borsa le società che hanno rivisto gli obiettivi, segno di un mercato più sensibile. «Per scegliere le società in cui investire siamo attenti al track record della azienda, al suo posizionamento competitivo, ma anche alla liquidità del titolo», ricorda Guibout. E proprio la bassa liquidità dei titoli trattati all’Aim fa sì che possano essere poco presenti nei portafogli di grossa taglia.

Dal punto di vista, invece, di un track record solido, i casi tra le medie capitalizzazioni di Piazza Affari non mancano. «Le società che sono riuscite a superare la grave crisi attraversata dall’economia italiana negli anni scorsi oggi sono ancora più forti dei competitor. Nomi come Brembo , Ima , Datalogic , Recordati , Diasorin , o Interpump , per esempio, sono delle vere eccellenze», aggiunge Guibout. Mentre Bobtcheff afferma: «Le nostre principali convinzioni sul mercato italiano sono Moncler , Technogym , Diasorin , Yoox o Panaria ». E nella scelta dei titoli la scarsa disponibilità di ricerca sulle società più piccole può essere una medaglia due facce. Sottolinea Franco: «Sicuramente la copertura ridotta da parte degli analisti sell-side determina rischi e opportunità. Da un lato, questo fattore può costituire un elemento negativo in quanto la minore copertura rende le informazioni e le previsioni future meno attendibili; ma dall’altro, può rappresentare una opportunità per gli analisti/gestori buyside che possono individuare storie di investimento in aziende poco conosciute e, come tali, sottovalutate dal mercato». A questo proposito Bobtcheff ricorda: «Una minor copertura da parte dei broker è fonte di grandissime opportunità per gli stock-picker in quanto spesso va di pari passo con una maggior inefficienza dei mercati e maggiori possibilità quindi di individuare delle belle aziende con valorizzazioni che rimangono ragionevoli».

Per quanto riguarda i settori ci vorrà prudenza verso «quei comparti che si sono già apprezzati molto, come i titoli più sensibili al ciclo economico e quelli legati alla tecnologia», ricorda Degrada. Mentre in un contesto più complesso potrebbero essere premiati i titoli finora più trascurati dai mercati: «I settori regolamentati come quelli delle utility potranno offrire spunti interessanti, ma anche tra i finanziari le assicurazioni che potrebbero beneficiare della tendenza al rialzo dei tassi. Mentre i bancari potranno offrire spunti di trading», aggiunge Degrada. Che ricorda anche il tema dei titoli che offrono una buona redditività di dividendo. «Chi ha una buona cassa e una storia di crescita del dividendo può oggi apparire più interessante», dice il responsabile gestione fondi di Fideuram Investimenti am. Infine potrebbe essere il momento della riscoperta dei petroliferi: «Se il prezzo del petrolio si conferma a questi livelli o si apprezza i titoli del settore petrolifero, che vengono da un periodo di consolidamento e ristrutturazione, possono dare una buona redditività», conclude Degrada.

D’altronde dal punto vista delle società ad alto dividendo Goldman Sachs ricorda che l’Europa ha una grossa percentuale di azioni ad alto dividendo, soprattutto in settori quali le utility, i finanziari, i petroliferi e l’auto e questi titoli ora potrebbero passare da una fase in cui erano penalizzati in quanto value trap in value opportunity.

In Piazza Affari resta quindi sempre interessante il tema del dividendo, con titoli come Enel , Iren , Era e A2A che continuano a offrire un dividend yield interessante. «Le utility hanno avuto una buona performance quest’anno, ma con una redditività da dividendo del 4-5% continuano a essere interessanti perché hanno una buona generazione di cassa e un profilo di rischio medio-basso», aggiunge Albani.

Mentre Guibout aggiunge: «In generale credo che sul mercato italiano il comparto bancario sia quello che offre il più alto potenziale di rialzo. Si tratta di un settore su cui non c’è un consensus condiviso, sta proseguendo un processo di ristrutturazione e se continua il buon contesto macroeconomico questo è un comparto in cui si potrà vedere un aumento degli utili nei prossimi cinque anni. Con la fine del Quantitative easing e un progressivo aumento dei tassi gli istituti di credito potranno contare su margini di interesse più alti, continuerà poi il focus sul wealth management che contribuisce ai ricavi da commissioni, potranno poi beneficiare di una riduzione dei rischi». Il gestore ricorda poi che in Italia dovrà conseguire il consolidamento del settore con la riduzione del numero di banche e il raggruppamento degli istituti di credito cooperativo. «In Europa laddove c’è una maggiore concentrazione, come in Belgio o nei Paesi Scandinavi la profittabilità è maggiore», sottolinea Guibout. Con l’unica avvertenza che un rallentamento brusco dell’economia (uno scenario, però, poco probabile) penalizzerebbe per primo proprio questo settore. Dal punto di vista delle elezioni politiche in arrivo ci si può aspettare un aumento della volatilità, ma soprattutto il focus sarà puntato sulla capacità del nuovo governo di portare avanti le riforme necessarie al rafforzamento dell’economia. Andreani ricorda che «il nuovo sistema di voto rende molto complicato prevedere chi andrà al governo, ma rende anche altamente improbabile lo scenario di forte discontinuità tanto temuto dai mercati». (riproduzione riservata)
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